LE RAGIONI DELL’INCERTEZZA. PRODURRE CULTURA, DIFFONDERE CULTURA

LE RAGIONI DELL'INCERTEZZA

È bene, però, osservare più da vicino il concetto di “morte cerebrale”, che costituisce il fondamento dell'incertezza di cui abbiamo appena parlato.

Gli organi vengono espiantati (a cuore battente, corpo caldo, circolazione sanguigna in atto, vari riflessi funzionanti ecc.) nel momento in cui, secondo parametri scientifici fissati nel 1968 (Harvard Medical Report), il cervello, e di conseguenza il corpo, passano dalla situazione di “coma irreversibile” a quella di “morte cerebrale” che permette appunto legalmente il prelievo di organi.

Inoltre, grazie all'evoluzione delle tecniche di rilievo diagnostico, si è osservato che alcune parti del cervello apparentemente prive di qualsiasi funzionalità in situazioni di morte cerebrale, mantengono in realtà tracce di evidente attività; cosa di cui, attualmente, non si tiene conto. Che la definizione di morte su cui si basa la legge che regolamenta i trapianti sia ad ogni modo convenzionale è dimostrata dal fatto che, a seconda della normativa in vigore, può accadere che una persona venga dichiarata “morta” in uno Stato e quindi preparata per l'espianto, e “viva” in un altro e quindi sottoposta a terapia intensiva per salvarle la vita.

Quello che però vorrei sottolineare come unica cosa certa che accomuna la Chiesa delle Religioni e quella della Scienza medica è, invece, la convinzione che alcuni siano depositari del diritto di disporre della morte altrui, che sembra in molti casi diventare merce all'interno di un ben ordinato grande magazzino dei corpi e delle anime; sostenuto da un intenso e coinvolgente marketing che cancella la volontà individuale in nome di una molteplicità di ben orchestrate “esigenze “: “cristiane”, “sociali”, “scientifiche” ecc.

PRODURRE CULTURA, DIFFONDERE CULTURA

Quella che stiamo cercando è indubbiamente una risposta complessa, in cui convergono fattori a loro volta assai critici che devono essere trattati con particolare attenzione; soprattutto allo scopo di evitare soluzioni semplicistiche oltre che completamente inutili nella loro totale banalità. Proverò intanto ad elencare le cause che, in buona fede o pretestuosamente, rallentano il processo di riconoscimento formale del living will. Lo farò collocando tali cause in due categorie, da intendersi come sintetiche ipotesi di lavoro suscettibili, naturalmente, di critiche quanto di ulteriori sviluppi ed approfondimenti. Ecco dunque il mio elenco, in cui le categorie sono disposte secondo quello che considero, in ordine decrescente, il loro potere d'influenza sui processi decisori da cui dipende il riconoscimento istituzionale del testamento biologico.

1°) cause dovute a considerazioni di ordine religioso/antropologico;

2°) cause dovute ad una vistosa carenza d'informazione ed all'assenza di una “cultura critica della morte” sufficientemente diffusa.

Descrizione ed analisi della prima categoria

Raccolgo in questa categoria ragioni, convinzioni, pre-giudizi e giudizi di natura religiosa che incidono profondamente, ed in maniera generalizzata, sulla visione dell'uomo propria dei nostri tempi, così come sui comportamenti che da essa provengono. In primo luogo, mi sembra si debba porre la concezione della vita come proprietà che non compete all'uomo, ma ad un'entità terza identificata con il dio creatore ed onnipotente. Un dio geloso della vita che ha, solo temporaneamente ed a ben precise condizioni, affidato ai singoli individui. Ma questo non spiegherebbe ancora il consenso alla donazione degli organi, che come già abbiamo visto, esclude radicalmente ogni possibilità di ripensamento. Da cosa deriva questa diversità di trattamento dei due casi, perchè si dà per scontata, da parte di troppi, l'impossibilità di trovare una soluzione per consentire – per chi lo voglia fare in maniera informata e consapevole – di decidere quale debba essere la forma più dignitosa per concludere la propria vita? La donazione dei propri organi è fuor di ogni dubbio una scelta nobile e generosa, ma non si vede perché debba necessariamente escludere altre soluzioni. Personalmente, credo che la ragione fondamentale sia, in senso lato, di natura teologica. In sintesi, cioè, sono propenso a ritenere che il diritto a disporre dei propri organi venga universalmente riconosciuto ed apprezzato per il fatto di ricadere nella dimensione del sacrificio e del dono. Non a caso, anche sotto il profilo linguistico il termine donazione si è progressivamente imposto fino a sostituire quello di espianto, considerato evidentemente troppo crudamente tecnico e tale da non porre in sufficiente evidenza il sacrificio di sé, nè la generosità che ha l'ha reso possibile. In altre parole, si considera sotto ogni profilo accettabile la donazione per il fatto che essa rende possibile il prolungamento di un'altra vita ed in qualche modo si inserisce nell'azione generativa e di conservazione della vita che è propria di dio. Al contrario, chi decide diversamente e pensa di poter disporre della propria esistenza utilizzando parametri soggettivi che di fatto interrompono una vita senza creare un beneficio di uguale valore per qualcun'altro, si vede relegato, anche da parte di soggetti insospettabilmente laici, nell'area di tutto ciò che definirei come teologicamente scorretto e tale da dover essere a priori escluso da qualunque confronto critico. Siamo probabilmente di fronte a qualche cosa che potremmo definire come residuo storico, cioè a qualche cosa che permane in forma di “credenza” diffusa per grandi e grandissimi numeri di persone anche se profondamente diverse per cultura e posizione politica fra di loro. È esattamente sulla base di queste differenze che ciascuno singolarmente, o ciascun gruppo, razionalizza con nomi e concettualizzazioni diverse, scelte che nei fatti finiscono per sovrapporsi e identificarsi, nonostante l'apparente diversità delle singole posizioni di partenza. Esemplificando in forma estremizzata, intendo dire che a fronte del “residuo” che sostiene l'intoccabilità della Vita, avremo di volta in volta scelte razionalizzate di tipo religioso, sociale, scientifico ed altre ancora che convergeranno, ad ogni modo, sulla necessità di impedire o quantomeno rallentare il riconoscimento di qualunque procedura che sembri contrastare quella credenza.

A conclusione di queste considerazioni e senza voler aprire qui un'ulteriore spinosissima questione di tipo etico e giuridico, oltre che densa di inquietanti implicazioni economiche,
penso sia utile ricordare anche quanto affermato in una nota della Lega Antipredazione fondata nel 1985 a Bergamo da Nerina Negrello e che oggi conta circa cinquecentomila sottoscrittori.

“Il termine “coma irreversibile” scatta subito per la povera gente, ma non é mai pronunciato per i politici e per le persone importanti. Per loro vige la speranza a oltranza, con ricoveri protratti a lungo, senza fretta. Tutto questo é indicativo di una crudele funzione dei proletari, destinati al ricambio di organi all'interno di questa società di predatori”. ( Http://www.antipredazione.org/ )

PER CONCLUDERE

Nel linguaggio quotidiano, quello comunemente usato negli scambi interpersonali a tutti i livelli, ricorre un'equazione che collega la scarsità di informazioni alla presenza di paura. In altre parole, la paura o la semplice preoccupazione generata da un fatto noto, ben conosciuto, descrivibile e paragonabile risulterà sempre inferiore a quella che potrebbe manifestarsi in condizioni di minore conoscenza e di un numero inferiore di informazioni ad esso relative. Al contrario, un sottocarico di informazioni, cioè una disponibilità di notizie percepita come inadeguata rispetto al proprio bisogno, genera malessere di gravità progressivamente crescente, che non di rado attinge al territorio della patologia, ed è questo, con buona probabilità, il fattore che più di ogni altro ha contribuito a complicare il nostro rapporto con la Morte. Il modello interpretativo religioso, come sappiamo, ha puntato a risolvere la difficoltà di questo rapporto grazie ad un processo in cui l'emozione e la speranza diventano fondamento di verità. “Beati coloro che crederanno senza vedere” afferma il Vangelo di Giovanni, ed in questa frase è racchiuso il balsamo benefico e miracoloso per tutti coloro che credono. Ma accostando a questa citazione un'altra, tratta da un autore profondamente attirato dal Sacro ed attento lettore dei Vangeli, voglio ricordare lo straordinario Totò de Curtis, protagonista insieme a Ninetto Davoli di “Uccellacci e uccellini” di Pierpaolo Pasolini. Nelle vesti di frate Ciccillo, Totò viene incaricato da S. Francesco di tenere prediche agli uccelli allo scopo di convertirli alla vera fede. Il processo però è lento, soprattutto quando, dopo aver ottenuto successo con i falchi di cui ha imparato il linguaggio fatto di fischi variamente modulati, il fraticello pensa di poter applicare lo stesso sistema ai passeri. Inutilmente, fino a quando non si rende conto del fatto che questi ultimi comunicano non con messaggi sonori ma con movimenti, con i passi e con variazioni di percorso e di velocità. Interrogato da Ninetto sul come mai abbia avuto bisogno di tanto tempo, frate Ciccillo risponde che soltanto la fede dei Santi è in grado di compiere miracoli fulminanti. Gli uomini comuni hanno bisogno dell'intelligenza, devono capire ed imparare, adeguandosi ai tempi che questo processo richiede: “Con la fede ci si crede, con la scienza ci si vede” afferma Totò, prima di mutare vesti e riprendere nella campagna romana una sorta di viaggio iniziatico cosparso di misteri e di rivelazioni. Queste note sono state scritte soprattutto per coloro che hanno bisogno di vedere e vorremmo aggiungere qualcosa in merito all'identificazione della scienza con il vedere. Non sono personalmente legato ad un modello positivistico della conoscenza, di cui non posso far a meno di cogliere la netta e intrinseca componente fideistica, mentre condivido una visione del sapere come qualche cosa di mobile, che continuamente e con velocità variabili, sposta e ridefinisce i propri confini e le proprie asserzioni; ivi compreso il concetto di morte. Il modello scientifico occidentale, di tipo eminentemente sperimentale è, proprio per questa ragione, più orientato a valorizzare il percorso che non l'acquisizione di verità definitive destinate in tempi più o meno brevi a trasformarsi quando non, più semplicemente, a scomparire, soppiantate da altre più credibili, più aggiornate e più convincenti, come la Storia della scienza dovrebbe aver ampiamente dimostrato. In questo senso, parlare di un modo ideale di morire a completamento della nostra Vita richiede che un numero sempre maggiore di persone abbia di questo evento una visione ragionevolmente chiara, depurata per quanto possibile da ogni componente superstiziosa, sproporzionatamente ottimistica o pessimistica che essa sia. È un traguardo, me ne rendo conto, non facilmente raggiungibile in particolar modo per ciò che riguarda la possibilità d'innescare un significativo mutamento del modello culturale di riferimento. Credo però, contemporaneamente, che una strada sia stata tracciata grazie alla normativa che regolamenta il trapianto di organi, per quanto basata, ricordiamolo, su dati non certi ma convenzionali e convenzionalmente accettati, destinati con ogni probabilità ad essere soppiantati da altri che potrebbero derivare, credibilmente, dalle ricerche sulle cellule staminali. Così, se i parametri su cui si fonda la normativa che regolamenta i trapianti d'organo non sembrano essere immediatamente esportabili nel dibattito che riguarda il living will, penso che possano ad ogni modo favorire un confronto libero e liberante intorno alla possibilità di sceglier di morire bene, inteso come atto conclusivo di un progetto finalizzato, secondo la visione che è propria di ogni individuo, a vivere bene il tempo disponibile per ciascuno di noi.

NOTA TECNICA.

LA LEGGE E LE PROCEDURE PER L'ACCERTAMENTO DELLA MORTE CEREBRALE

Ai sensi della legge n. 578 del 29 Dicembre 1993, per certificare la morte di un soggetto un collegio medico composto da un medico legale, un medico anestesista-rianimatore e un neurologo esperto in elettroencefalografia, dovrà accertare la presenza delle seguenti condizioni:

* stato di coma profondo, accompagnato da atonia muscolare, areflessia tendinea dei muscoli scheletrici innervati dai nervi cranici, indifferenza dei riflessi plantari, midriasi paralitica con assenza del riflesso corneale e del riflesso pupillare alla luce.

* assenza di respirazione spontanea dopo sospensione per due minuti di quella artificiale

* assenza di attività elettrica cerebrale, spontanea o provocata.

Nell'accertamento della condizione di cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell'encefalo deve essere evidenziata la presenza di silenzio elettrico cerebrale con la registrazione dell'EEG che va:

-dalle sei ore per gli adulti ed i bambini di età superiore ai 5 anni;
-alle dodici ore per i bambini di età compresa tra uno e cinque anni;
-alle ventiquattro ore per i bambini di età inferiore ad un anno.

In caso di danno cerebrale anossico il periodo di osservazione deve iniziare ventiquattro ore dopo il momento dell'arresto cardiaco. La valutazione delle condizioni necessarie per l'accertamento della morte deve essere rilevata almeno tre volte: all'inizio a metà e alla fine del periodo di osservazione. E' opportuno sottolineare che il momento della morte coincide con l'inizio delle condizioni che hanno indotto a mettere in pratica il suo accertamento e, intuitivamente, non la sua conclusione.È in questa fase che viene predisposto tutto il materiale necessario, che consiste in:

– Apparecchio per EEG con la registrazione dell'attività cerebrale della durata di trenta minuti da eseguire all'inizio, a metà ed alla fine dell'osservazione, per stabilire il silenzio elettrico cerebrale. L'infermiere professionale applicherà un cuscinetto di appoggio per sollevare la testa del donatore e rendere possibile l'applicazione degli elettrodi previo lavaggio del capo ed eventuale rasatura;

– Un bastoncino di cotone per verificare l'assenza di riflesso corneale in seguito alla sua stimolazione;

– Una piccola fonte luminosa per verificare l'assenza di reattività pupillare alla luce, tale verifica deve essere effettuata a luci spente;

– Un sondino di aspirazione per verificare l'assenza del riflesso di tosse;

– Una siringa da cinquanta ml con acqua ghiacciata da iniettare in ciascun meato uditivo per verificare l'assenza di riflesso oculo-vestibolare;

– Siringhe per emogasanalisi per eseguire il test di apnea(Pa CO2 >60 mmHg -pH < 7,40) staccando il paziente dal ventilatore automatico per verificare l'assenza di attività respiratoria spontanea.

Alla fine del periodo di osservazione, persistendo le condizioni previste dalla legge, si dichiara la morte della persona considerando l'ora del decesso quella in cui è iniziato il periodo di osservazione medico – legale. Inoltre i sanitari predetti devono avvertire la Direzione Sanitaria della presenza di un probabile donatore d'organi.

Giuseppe Pasero
Libertà ed Eguaglianza

Lascia un commento

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.
Attenzione: alcune funzionalità di questa pagina potrebbero essere bloccate a seguito delle tue scelte privacy