Sfiducia a Caliendo

Riporto di seguito il testo del mio intervento di oggi durante la dichiarazione di voto dell'Italia dei Valori sulla mozione di sfiducia contro il sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo.

On. Antonio Di Pietro

Testo dell'intervento

Con l’odierna mozione di sfiducia, l’Italia dei Valori intende porre all’attenzione del Parlamento e dell’opinione pubblica due questioni fondamentali:

1. l’inopportunità, per la credibilità delle istituzioni, che Giacomo Caliendo continui a svolgere le funzioni di sottosegretario alla Giustizia;
2. la pericolosità, per il bene del Paese, che Silvio Berlusconi resti ancora un solo giorno al Governo;

Ma chi è Giacomo Caliendo? Molti italiani non lo sanno. Io lo so, perché lo conosco bene. E’ in apparenza un magistrato prestato alla politica. In realtà è, da sempre, un politico che ha usato e abusato dell’abito talare della magistratura per corrompere la politica.

Giacomo Caliendo è ora senatore della Repubblica, eletto nelle fila del Pdl, ed è anche sottosegretario alla Giustizia, ma non si è mai dimesso dalla magistratura come avrebbe dovuto fare, come dovrebbero fare tutti i magistrati che fanno politica e come abbiamo fatto io ed il collega De Magistris dell’Italia dei Valori.

Giacomo Caliendo è inquisito dalla Procura della Repubblica di Roma per violazione della legge Anselmi, ovvero è accusato di far parte di un’associazione segreta, intimamente criminale, avente lo scopo di piegare le istituzioni democratiche agli interessi privati di una occulta cricca di pericolosi personaggi, peraltro spesso già condannati dalla magistratura.

Caliendo, secondo la pubblica accusa, è in buona compagnia in questa associazione criminale: ne farebbero parte, infatti, anche altri parlamentari del Pdl. Mica nomi da poco: il sen. Marcello Dell’Utri, già condannato in appello a 7 anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa, l’on. Cosentino, già sottosegretario insieme a Caliendo dell’attuale Governo e per il quale il giudici hanno disposto la misura cautelare della detenzione in carcere per voto di scambio con la camorra e l’on. Denis Verdini, attuale coordinatore nazionale del Popolo della Libertà, plurindagato, pure lui, per storie di lottizzazioni e mazzette.

Soprattutto fanno parte di questa associazione di poco di buono Carboni, Martino e Lombardi, finiti in carcere di recente proprio per essere stati i principali artefici dell’inquinamento delle istituzioni, portato avanti da un sodalizio criminale, rinominato per l’occasione “Loggia P3”, a causa della continuità soggettiva e della contiguità finalistica con la precedente pericolosissima “ Loggia P2” di Licio Gelli.

L’elemento soggettivo di raccordo fra le due logge è niente meno che quel Flavio Carboni di cui si è a lungo occupata la Commissione Anselmi e i giudici sul crack del Banco Ambrosiano, che l’hanno pure condannato in via definitiva a molti di anni di carcere.

La Commissione Anselmi ha dedicato un intero capitolo della relazione finale al tema dei rapporti della massoneria deviata con la magistratura, capitolo che comincia così: «Sono presenti negli elenchi della Loggia P2 sedici magistrati in servizio e cinque membri del Csm”.

Ebbene, il Piano di rinascita democratica del venerabile maestro Licio Gelli prevedeva di stabilire un accordo programmatico anche con numerosi esponenti dell’Associazione nazionale Magistrati per avere – recita testualmente il Piano – “un prezioso strumento operativo all'interno della magistratura anche ai fini di rapidi aggiustamenti legislativi che riconducono la giustizia a elemento di equilibrio e non di eversione”.

Sappiamo quali erano, allora, questi aggiustamenti: gli stessi di cui parla oggi il presidente del Consiglio (che, per inciso, era titolare della tessera n° 1816 della P2) e cioè:

– separazione delle carriere tra giudici e Pm
– Pm e Csm sotto il potere Esecutivo
– discrezionalità dell’azione penale
– soprattutto interventi diretti per favorire la nomina negli incarichi direttivi dei Tribunali e delle Procure di persone disposte ad aiutare gli iscritti alla Loggia in caso di difficoltà giudiziarie.

Come può constatarsi, trattasi di vicende del tutto sovrapponibili a quanto oggi risulta nelle carte dell’inchiesta della Procura di Roma: le riunioni in casa Verdini per il lodo Alfano; le pressioni in Cassazione per togliere dai guai Casentino e quelle sul Csm per le nomine di procuratori e presidenti di Corti e Tribunali; le intercettazioni in cui Caliendo prende ordini da Lombardi; il capo degli 007 ministeriali Arcibaldo Miller che spiega come richiedere l’ispezione ministeriale contro i giudici che dovevano occuparsi della lista Formigoni.

Ma quello che colpisce di più è imbattersi, scorrendo le righe della relazione Anselmi, nell’allora giovane membro togato del Csm Giacomo Caliendo, che su mandato di un altro membro togato Domenico Pone (consigliere di Cassazione iscritto alla P2), e dell’allora vice Presidente del Consiglio Ugo Zilletti faceva «pressione» sul Procuratore di Milano Mauro Gresti per far riavere il passaporto a Roberto Calvi, il vice banchiere di Dio presidente dell'Ambrosiano, nei guai giudiziari fino al collo per una sfilza di reati valutari e societari.

Quel Caliendo di ieri è:

– lo stesso Caliendo che oggi fa il sottosegretario alla Giustizia;
– l’amico di Lombardi, Martino e Carbone, tanto da partecipare con loro alle cene in casa Verdini
– la personalità del Governo che in questi due anni ha mosso tutti i fili delle «riforme»: Lodo Alfano, processo breve, legittimo impedimento, intercettazioni
– soprattutto la persona che, insieme a Lombardi, ha fondato e promosso il “Centro Studi Diritti e Libertà”, tramite il quale – a dire della Pubblica Accusa – venivano contattati i giudici e numerose altre Autorità (fra cui anche il Vice Presidente del Csm) per indirizzarne e veicolarne le decisioni secondo i propri privati interessi.

La relazione della Commissione Anselmi si chiude affermando che i contatti operativi con la magistratura «prescindevano dall'iscrizione o meno alla Loggia» e si sofferma sulla requisitoria dell’allora Pm Gallucci che il 29 maggio 1982 «rappresentò la P2 come un fenomeno associativo di scarsa pericolosità».

Più o meno come «I quattro sfigati pensionati» di cui parla oggi il premier Berlusconi. Che, sempre dalle carte (anche se questa volta del processo Dell’Utri), risulta fin dal 1980 in affari in Sardegna proprio con Flavio Carboni, membro della originaria Loggia P2 e promotore dell’attuale Loggia P3.

Ebbene, al sottosegretario Caliendo oggi è contestato il reato di violazione della legge Anselmi sulle società segrete. Egli, in particolare, è al centro di cinque specifici episodi addebitati alla presunta loggia:

1. le pressioni sulla Corte Costituzionale, attraverso canali paralleli, per non far dichiarare incostituzionale il Lodo Alfano;
2. le pressioni per la nomina del giudice Alfonso Marra alla Presidenza della Corte D’Appello di Milano
3. le successive pressioni sullo stesso Marra affinché la Corte D’appello di Milano riammettesse la lista Formigoni alle ultime elezioni regionali;
4. le pressioni per mandare gli ispettori del Ministero della Giustizia in quella sezione di giudici dell’Appello di Milano ‘rei’ di aver bocciato la lista Formigoni
5. le pressioni per allungare l’età della pensione, da 75 a 78 anni, ai vertici della magistratura per permettere al Presidente della Corte di Cassazione Vincenzo Carbone (pure lui invischiato nelle vicende della P3) di rimanere in carica nonostante avesse raggiunto i limiti di età per la pensione.

Ecco, queste sono le ragioni di merito per cui noi dell’Italia dei Valori chiediamo che Caliendo non faccia più il sottosegretario alla Giustizia.

Ragioni di merito che prescindono dall’esito processuale che ne seguirà, ma che impongono un’energica e tempestiva azione di igiene politica, non essendo accettabile che ad occuparsi di Giustizia ci sia e rimanga una persona che così macroscopicamente ha cercato di interferire con le decisioni giudiziarie e con il corso della giustizia.

Ma con l’occasione chiediamo anche a Lei, sig. presidente del Consiglio, di fare al più presto le valigie e andarsene a casa.

Lo chiediamo, anzi lo pretendiamo in nome degli italiani onesti che non ne possono più delle sue prevaricazioni e del suo utilizzo spregiudicato delle istituzioni.

Lo pretendiamo perché siamo convinti che non basta tagliare qualche tentacolo (come pure abbiamo fatto con Cosentino, Scajola e Brancher) per fermare la piovra del malaffare. Bisogna isolare e rigettare la testa, la mente pensante, l’organizzatore, il beneficiario ultimo della vecchia P2 e della nuova P3 e cioè bisogna liberarsi di Lei sig. Presidente del Consiglio perché è lei e solo lei la causa dei mali dell’Italia, come lo fu Mussolini ai tempi del fascismo e come lo fu, ai tempi di Tangentopoli, Bettino Craxi, da Lei pure corrotto a suon di mazzette.

Lei, sig. Presidente del Consiglio, sta abusando della pazienza degli italiani: se ne sta lì, novello Nerone, nella sua terrazza dorata a suonare l’arpa, con le sue ancelle prezzolate, mentre il paese brucia.

Lei non vede, o meglio fa finta di non vedere che, mentre lei si diverte a fare il gradasso:

– la sua maggioranza si è frantumata,
– il suo governo è immobile,
– il Parlamento è bloccato,
– le istituzioni vengono quotidianamente umiliate,
– il sistema imprenditoriale sta collassando,
– i lavoratori non hanno più lavoro,
– le famiglie non arrivano a fine mese,
– i giovani non hanno futuro
– il Paese reale è allo sbando.

Lei, chiuso nel suo bunker dorato, è sordo e cieco come lo sono sempre stati i dittatori e i despoti di ogni tempo.

Per tutte queste ragioni, chiamiamo il Parlamento ad un gesto di responsabilità e di dignità: sfiduciare il sottosegretario Caliendo oggi per sfiduciare l’intero Governo Berlusconi domani.

Assumersi le proprie responsabilità, però, non vuol dire rifugiarsi nel voto di astensione.

Sulla questione morale non ci si può astenere: o si sta da una parte o si sta dall’altra.

E chi oggi, dopo aver tanto tuonato contro i soprusi e le illegalità del Governo Berlusconi e aver invocato un ritorno alla moralità in questo Parlamento, non si comporta di conseguenza, votando la sfiducia, mostra solo di essere un pavido e un “ominicchio” che non vuole ritornare alle urne, perché ha paura di non essere rieletto.

Ma anche questo modo di fare è immorale e noi dell’Italia dei Valori lo denunceremo in tutte le sedi, convinti come siamo che gli atteggiamenti da Ponzio Pilato facciano ancora più male di quelli di Erode.

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