di Antonella De Bonis
Corre all'anno 1971 il pensiero della signora Camilla Anesa, originaria di
un paesino Della Val Seriana (Bergamo), quando mi racconta che fu all'etá di
21 anni che partí per La Paz come volontaria per conto del Patronato San
Vincenzo di Bergamo, con la prospettiva di lavorare negli orfanatrofi
statali che il Patronato aveva a carico nella capitale boliviana dal '67.
Presso il patronato la signora Camilla svolse attività di volontariato
finalizzate ad un sostengo generale dei bambini e a stretto contatto con gli
stessi. Fu, in seguito, nello stesso orfanatrofio che incontró il suo futuro
marito, José, un giovane boliviano impegnato nella figura professionale di
assistente sociale della struttura di accoglienza – dipendente statale del
Governo di La Paz e al quale si legherá per il resto della sua vita.
Assieme, proseguono l'impegno presso l'orfanatrofio e nascono
rispettivamente il 13 dicembre 1975, i figli Sergio e, Andrès, il 25
novembre dell'anno sucessivo. La famiglia al completo decide di trasferirsi
in Italia, definitivamente, nel febbraio del 1980, motivati da una disagio
che si andava mano a mano presentando: i figli della coppia erano oramai
coetanei agli altri bambini e diventava sempre piú evidente quanto fosse
difficile nonché fondamentale evitare favoritismi o agevolazioni nel
trattamento per i propri figli, rispetto a quelli riservati agli altri
piccoli. Per non creare disuguaglianze verso gli altri bambini, quinde,
Camilla e José lasciarono l'orfanatrofio e si trasferirono a Bergamo, dove
abitano tutt'oggi. Qui, i figli si iniziano le scuole primarie e i genitori
proseguono nel loro impegno a sostengo degli orfanatrofi boliviani:
volontariato e collaborazioni varie a favore di progetti che tutelassero
bambini boliviani.
Oggi, a Potosí, a piú di 4000 metri di altitudine, il lavoro prosegue
attivamente attraverso adozioni a distanza, proposte e attivitá finalizzate
al sostegno scolastico e la gestione di un centro di micro impresa e
formazione professionale che sostiene le mamme verso l'avviamento di
un'attivitá produttiva autosostenibile e indipendente.
Fu con il contributo e l'appoggio dei figli, ormai cresciuti e in
particolare del maggiore – Sergio- che nel '99 la famiglia fondó
l'associazione Yanapakuna che, dal kichwa (lingua delle popolazioni andine),
significa “aiutiamoci a vicenda”: noi li aiutiamo economicamente, ma cio che
riceviamo in cambio da loro, non ha prezzo; ci arricchisce come nessuna
moneta puó fare.
D- Sig.ra Anesa, puó dirci come inizió la storia del suo coinvolgimento con
gli interventi missionary di volontariato in Bolivia?
R- Dal '69 cominciai ad offrire il mio impegno presso i centri missionary:
chi partiva per l'estero, chi organizzava le prime raccolte differenziate;
si recuperavano materiali e strumenti che potevano essere utili ai
missionari all'estero.
Fu cosi che decisini di partire anch'io: il Patronato aveva degli Istituti
con I quali collaborava strettamente e che seguvano i bambini di famiglie in
che versavano in condizioni di profonde difficoltá; in questo caso il
Patronato fungeva da scuola/accoglienza, presso le cittatine di Endine e di
Solesole. Svolsi un anno di prova prima della partenza, all' Istituto di
Endine. In Bolivia rimasi poi senza fare ritorno in Italia per 3 anni.
Negli anni successivi, tornavo ogni due: quello era l'impegno che ci
chiedevano; allora un biglietto aereo era molto caro, non come adesso che
andiamo avanti e indietro con maggiore facilitá. Durante quei 3 anni, non
sono mancati anche i momenti di scoraggiamento, per un motivo o l'altro, ma
poi li ho superati abbastanza bene; una volta eravamo piu abituati ai
sacrifici. Il momento che ricordo come uno dei piú delicate, è stato quando
mi sono findanzata con il mio attuale marito, l'assistente sociale
dell'orfanatrofio, dopo due anni che stavo ormai nella lontana America.
Alla fine, anche il nostro legame é stato accettato.
D- Che genere di alimentazione seguivate?
R- Noi cucinavamo con quello che avevamo: allora non era facile la
situazione, ma sí: cucinavamo all italiana: le ragazze si turnavano in
cucina; i ragazzi no: all'epoca ancora non entravano in cucina!!!
D- Il viaggio in se, cosa le ha dato?
R- Salute permettendo, tra un paio di anni dovremmo essere pensionati e
pensiamo di trornar giú e continuare il nostro impegno nel progetto che oggi
è finanziato dal gruppo di danza folklorica Yanapakuna, nel quale Sergio
balla da quando la nostra associazione (Yanapakuna) è nata.
D- Cosa sente che la abbia dato la Bolivia?
R- Tantissimo: a livello personale ha rappresentato un arricchimento enorme;
forse abbiamo ricevuto piú di quello che abbiamo dato, una ricchezza e una
comunicazione che noi non abbiamo piú perché credo che quei valori li
abbiamo avuti anche noi: con il benessere, li abbiamo perduti. Io ho ricordi
di bambina, in famiglia, che mi riempiono il cuore. Oggi ognuno pensa per
conto proprio. Lí, se hanno un piatto, lo dividono con te, anche se non ti
hanno mai visto prima.
Antonella De Bonis
Portale dei Lombardi nel Mondo
www.lombardinelmondo.org