di Gianmario Mariniello
Paolo Borsellino diceva “Parlate della mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene”. Perché le mafie, sia chiaro, non si combattono e non sconfiggeranno solo con gli arresti eccellenti. Su questo punto, però, bisogna essere chiari, per evitare fraintendimenti: tutti noi dobbiamo avere il piacere di riconoscere che questo Governo, grazie alle forze dell’ordine e alla Magistratura, sta raccogliendo risultati esaltanti e storici nel contrasto alle mafie.
Sono successi non “di” Maroni o “di” Berlusconi, ma della Repubblica Italiana. Lo spirito partigiano deve cessare, dinanzi ad arresti di massa e confische milionarie che passeranno alla storia. Ma serve anche una grande opera culturale, per sconfiggere la mafia, ecco perché bisogna parlarne. Quello che serve è creare un humus, una coscienza sociale, un clima diffuso di legalità che sappia creare quel vaccino contro le mafie che purtroppo in Italia ancora non è stato scoperto.
Per questo ben venga l’antimafia dei fatti, ma diamo il benvenuto anche all’antimafia delle parole, a patto ovviamente che esse non siano strumentali.
È un lungo lavoro, che bisogna iniziare a fare. L’Italia necessita di un’etica della Legalità, da Milano a Palermo. Il vertice, le Istituzioni, devono dare il buon esempio, ma la vera sfida si gioca in basso, specie tra le giovani generazioni, perché “Se la gioventù le negherà il consenso, anche l’onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo”, insegnava Paolo Borsellino.