LA RIFORMA DEL SERVIZIO SANITARIO PUGLIESE:“RIQUALIFICARE LE PRESTAZIONI AI CITTADINI ABITUARSI A CONVIVERE CON VINCOLI DI BILANCIO VERI”

La Commissione Sanità di Confindustria Puglia apprezza il realismo con cui, nelle dichiarazioni programmatiche per la legislatura 2010-2015, il Presidente della regione Puglia, Nichi Vendola, ha ammesso l’esigenza di “forti interventi correttivi” nella organizzazione e gestione del servizio sanitario regionale. La Corte dei Conti, ha recentemente rilevato che nelle regioni con “crescenti squilibri finanziari sono spesso associate una maggiore inappropriatezza delle prestazioni e una minor qualità dei servizi resi”, confermando l’analisi del rapporto CERM 9 novembre 2009. Il rapporto afferma che la Puglia presenta una elevata sovraspesa, rispetto al finanziamento disponibile, e una bassa qualità del servizio, che continua ad alimentare cospicui flussi di migrazione dei pazienti verso i centri sanitari delle regioni del centro e nord Italia.
Gli interventi che la Giunta regionale si accinge ad attuare costituiranno, dunque, un organico piano di riqualificazione dell’offerta di prestazioni e dell’organizzazione del sistema delle aziende sanitarie per evitare i reiterati disavanzi correnti e per ripianare il debito di enormi dimensioni accumulatosi per la mancanza di interventi correttivi. Nessuna organizzazione può infatti realizzare in maniera duratura ed efficace i suoi fini istituzionali se non convive con i vincoli di bilancio; a maggior ragione se si tratta del servizio sanitario che – come ricorda lo studio di Confindustria del 2006 – con la sua filiera produttiva rappresenta la terza azienda d’Italia con l’11% del PIL e il 6% di occupati.
La riforma del servizio sanitario della Puglia deve salvaguardare la sua funzione di caposaldo della coesione sociale, creando valore in termini di mantenimento, miglioramento e recupero dello stato di salute delle persone, ma anche contribuire allo sviluppo dell’economia territoriale attraverso gli investimenti in ricerca e innovazione e la domanda di lavoro di alta qualificazione professionale. Per farlo non può, anno dopo anno, distruggere ricchezza finanziando le inefficienze organizzative e gestionali delle aziende sanitarie, sottraendo quelle risorse agli impieghi in infrastrutture e servizi, necessari alla crescita economica della regione e alla conseguente riduzione della pressione fiscale.
La persistente gestione deficitaria per alcune centinaia di milioni di euro all’anno e la conseguente crisi di liquidità delle aziende sanitarie pesa, in piena crisi economica internazionale, sui bilanci delle imprese fornitrici di beni e servizi, che sono – di fatto – diventate finanziatrici delle aziende sanitarie pubbliche. L’Antitrust, al riguardo, ha ammonito che i ritardi delle amministrazioni nei pagamenti “minacciano il buon funzionamento delle società fornitrici e rischiano di riflettersi in negativo sulla tutela della salute”; gli assetti regolatori dei servizi sanitari regionali devono far quadrare “la corrispondenza tra i valori sociali e umani che i sistemi sanitari si propongono di tutelare, le condizioni di efficienza nell’uso delle risorse economiche impiegate e la libertà di iniziativa economica dei privati”.

L’Antitrust ha anche ribadito che in un sistema in cui aziende pubbliche e private operano in un contesto di competizione regolata, le esigenze di trasparenza e di informazione per le decisioni di erogazione materiale dei servizi e di allocazione e gestione delle risorse, impongono che pubblico e privato abbiano le medesime regole imposte dal codice civile in materia di bilancio, come d’altronde già prescrive il decreto legislativo n. 502 del 1992.
L’esame compiuto da Confindustria Puglia sui bilanci di tutte le aziende sanitarie regionali, peraltro non certificate, ha messo in luce, invece, che i bilanci non sono completamente attendibili, perché la loro redazione elude princìpi contabili fondamentali [per esempio, non registra i debiti per ferie o per indennità di equo indennizzo verso il personale, interessi moratori per ritardati pagamenti ai fornitori, non svaluta crediti verosimilmente inesigibili, non stima o sottostima i rischi di vertenze giudiziarie in corso e così via]. Ciò falsa i risultati di esercizio [come dimostrano le rilevanti sopravvenienze passive], rende impraticabile il confronto dei costi tra gli ospedali pubblici e i centri privati ospedalieri accreditati ugualmente pagati per le singole prestazioni fornite, ma soprattutto, mancando un conto consolidato regionale, priva di basi informative solide le decisioni inerenti il Piano di rientro.
Questa criticità deve essere risolta attraverso la revisione contabile cui le aziende sono tenute in base a norme regionali e nazionali.
Pertanto, non sarà possibile un Piano di rientro finché non si disporrà di informazioni corrette per partecipare autorevolmente alla determinazione dei costi standard dei servizi pubblici, secondo quanto previsto dalle norme sul federalismo fiscale.
Dal suddetto esame si evince che la carenza delle informazioni contabili si somma alla “carenza di basi informative sulla domanda e sull’offerta dei servizi sociali e sociosanitari”, già rilevata e tuttora non colmata dalla Giunta regionale, nel suo documento strategico 2007-2013, sui fattori che generano la spesa eccedente i finanziamenti. In tali condizioni è altamente probabile che il Piano di rientro manchi gli obiettivi cui è effettivamente diretto e adotti tagli lineari sia nei confronti delle strutture pubbliche che di quelle private accreditate, senza un reale confronto di qualità e costi e, quindi, limitando da un lato la libertà di scelta dei cittadini e, dall’altro, le regole di concorrenza tra “soggetti del settore privato e del privato sociale, in un percorso di promozione delle politiche e degli interventi”. Il Piano di rientro dovrà dunque salvaguardare lo spazio degli operatori privati accreditati anche attraverso l’aggiornamento delle regole contrattuali a norma del decreto legislativo n. 502 del 1992.
Confindustria Puglia ritiene positive per la riforma del sistema sanitario regionale le recenti aperture della Giunta regionale verso la finanza di progetto, che accelererebbe, integrando i finanziamenti pubblici disponibili, ma non ancora utilizzati, e valorizzando il patrimonio disponibile, il rinnovamento strutturale e tecnologico delle aziende sanitarie pubbliche, dando slancio a tutti i settori economici.
Come implicitamente affermano le dichiarazioni programmatiche del Presidente Vendola, questo è il tempo della responsabilità per gli amministratori, gli operatori, i cittadini. Il percorso riformatore che la Regione si accinge ad intraprendere deve, per recuperare i ritardi rispetto alle regioni con migliore performance, fondarsi sull’attivazione di strumenti di analisi e controllo della domanda. Il coinvolgimento dei medici di famiglia, la programmazione efficiente dell’offerta sanitaria territoriale ed ospedaliera, la competizione qualitativa tra strutture pubbliche e private, la gestione aziendale che persegua l’economicità nella erogazione delle prestazioni: sono questi gli obiettivi per una visione di stabilità e di evoluzione che consenta al mondo imprenditoriale di prospettare il quadro di sviluppo del settore nel medio e lungo termine verso un sistema di prevenzione piuttosto che di cura.

Commissione Sanità
Confindustria Puglia

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