Un punto dell’economia: l’Ici

Autore Sandro Trento

Oggi parliamo dell'imposta sulla casa: l'Ici. Il Governo Berlusconi, poco dopo essersi insediato, ha abolito l'Ici con una mossa a dir poco populistica, perché da un lato si predicava il federalismo fiscale, e dall'altro veniva cancellata una delle poche imposte che hanno una natura locale e che servono per finanziare i Comuni.
In quasi tutti i Paesi esiste un principio di federalismo, appunto, basato sul principio del beneficio: ogni cittadino deve pagare sulla base dei beni e dei servizi prodotti dalla collettività in base ai benefici effettivamente ricevuti.
Questo principio, in alcuni Paesi si è cercato di declinarlo sotto forma di una tariffa, in altri, invece, viene applicato col principio di imposta sulla proprietà (in particolare quella sugli immobili). L'idea della tariffa sul beneficio dei servizi apparentemente sembra sensata. Nell'Inghilterra degli anni '80 si introdusse una tariffa onnicomprensiva che colpiva le persone indistintamente. Quella era una tariffa molto regressiva e iniqua e fu una causa della caduta del governo dell'epoca.
L'alternativa, come dicevo, è quella dell'imposta sugli immobili. Quella appunto che in Italia era l'Ici. Imposta che viene applicata anche negli Stati Uniti, dove la tassa sulla proprietà immobiliare fornisce un gettito molto importante.
Alcune considerazioni, per questo vanno fatte.
Secondo l'Istat, in Italia, sono proprietarie della casa in cui vivono il 68,5% delle famiglie. Mentre invece sono in affitto perché non possiedono una casa, circa il 19% delle famiglie. E c'è un restante 12% che utilizza la casa per usufrutto o a titolo gratuito. Dunque, è vero che sono tantissime le famiglie proprietarie. Però esiste un 20% di famiglie italiane che non può permettersi di comprare la casa in cui vive.
Se guardiamo la distribuzione della ricchezza (sia finanziaria che immobiliare), in Italia, scopriamo che è in aumento la concentrazione di questa ricchezza. Il 10% delle famiglie più ricche in Italia detiene circa il 47,5% della ricchezza.
Siamo un Paese in cui la ricchezza è distribuita in maniera molto asimmetrica. E abolendo la tassa sulla proprietà degli immobili, è stato introdotto un principio regressivo. Quel 20% di italiani che non ha i soldi per comprare la casa è costretto a finanziare il pagamento di tutti quanti i servizi pubblici che vengono forniti da Stato ed Enti locali allo stesso modo delle famiglie più ricche che hanno proprietà della casa in cui vivono.
Quindi, aver cancellato l'Ici è stato un grave errore. E non solo per aver eliminato una fonte importante di finanziamento per gli enti locali. Ma anche per una questione di equità, poiché è cresciuta (di fatto) la quota di imposte pagata dalle famiglie più povere. E questo è particolarmente grave in un Paese dove la distribuzione della ricchezza è ripartita in modo asimmetrico.
Per queste ragioni noi siamo per la reintroduzione di un'imposta sugli immobili, magari con delle soglie di esenzione per le categorie meno abbienti. Così da consentire agli enti locali di finanziarsi in modo adeguato, e di introdurre una forma di progressività ed equità nella ripartizione dei costi dei servizi pubblici.

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