In un messaggio di Benedetto XVI ha espresso solidarietà ai vescovi belgi dopo le perquisizioni della scorsa settimana nell'inchiesta sulla pedofilia. Il Pontefice: “La giustizia faccia il suo corso” ma “nel rispetto della reciproca specificità e autonomia” della Chiesa
Città del Vaticano – Il Papa ha espresso solidarietà ai vescovi belgi definendo “deplorevole e sorprendenti” le perquisizioni compiute dalla magistratura in Belgio. Benedetto XVI auspica che anche sui casi di pedofilia in Belgio “la giustizia faccia il suo corso”, ma “nel rispetto della reciproca specificità e autonomia” della Chiesa. Lo ha detto in un messaggio al presidente dei vescovi belgi, monsignor André-Joseph Léonard, dopo la perquisizione della polizia nell'arcivescovado di Mechelen-Bruxelles.
“In questo triste momento – scrive Benedetto XVI – desidero esprimere la mia particolare vicinanza e solidarietà a Lei, caro Fratello nell'Episcopato, e a tutti i Vescovi della Chiesa in Belgio, per le sorprendenti e deplorevoli modalità con cui sono state condotte le perquisizioni nella Cattedrale di Malines e nella Sede dove era riunito l'Episcopato belga”. I vescovi, sottolinea il papa, erano riuniti “in una Sessione plenaria che, tra l'altro, avrebbe dovuto trattare anche aspetti legati all'abuso di minori da parte di Membri del Clero”.
“Più volte – prosegue il papa nel messaggio – io stesso ho ribadito che tali gravi fatti vanno trattati dall'ordinamento civile e da quello canonico, nel rispetto della reciproca specificità e autonomia. In tal senso – aggiunge -, auspico che la giustizia faccia il suo corso, a garanzia dei diritti fondamentali delle persone e delle istituzioni, nel rispetto delle vittime, nel riconoscimento senza pregiudiziali di quanti si impegnano a collaborare con essa e nel rifiuto di tutto quanto oscura i nobili compiti ad essa assegnati”.
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Bertone: “Il Belgio peggio dei regimi comunisti”
di Andrea Tornielli
Lo sdegno del Segretario di Stato per la perquisizione della cattedrale da parte della polizia in cui sono stati profanati due sepolcri e sequestrati alcuni vescovi. “Trattati come delinquenti, per nove ore tenuti prigionieri senza poter bere o mangiare”
«Neanche i regimi comunisti ci hanno mai trattato così». È questo il senso del duro commento sul caso delle perquisizioni in Belgio rilasciato ieri mattina dal cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone a margine di un convegno dedicato ai temi economici che si è svolto all’università Lumsa di Roma. «Non ci sono precedenti, nemmeno nei regimi comunisti di antica esperienza», ha detto il cardinale, riferendosi al «sequestro» dei vescovi del Belgio, costretti a rimanere rinchiusi per nove ore nel palazzo arcivescovile di Malines-Bruxelles dopo l’arrivo della polizia e dei magistrati che hanno preso in consegna i loro telefonini e computer. E che hanno pure violato le tombe di due cardinali primati, nella cripta della cattedrale, alla ricerca di non si sa quali documenti. «È un fatto inaudito e grave – ha detto ancora Bertone –. Al di là della condanna della pedofilia l’irruzione e il sequestro dei vescovi per nove ore, senza bere né mangiare…». Ieri un portavoce dell’arcivescovado di Bruxelles ha reso noto che tutta l’attività amministrativa e informativa della curia «resta bloccata dopo le perquisizioni e il sequestro di materiali effettuato dalla polizia». Gli investigatori, oltre ai 475 fascicoli riguardanti testimonianze su casi di pedofilia, hanno anche sequestrato i server e i computer utilizzati per il sito internet dell’arcivescovado e la gestione degli affari correnti.
Venerdì il Vaticano aveva reagito in modo sdegnato per le modalità della perquisizione e per le indagini nell’oltretomba. In questione non è il diritto degli inquirenti di far luce sui vecchi casi di abusi, in seguito alle denunce di un anziano sacerdote, ma il modo con cui tutto è stato gestito: «I vescovi sono stati trattati alla stregua di un gruppo di criminali – spiegano Oltretevere – e sono stati violati i dossier confidenziali della Commissione per il trattamento degliabusi sessuali guidata dal professor Peter Adriaensses, senza rispettare la volontà di quelle vittime che avevano accettato di collaborare ma in modo confidenziale».
Il clamoroso blitz, e la prova di forza della violazione dei sepolcri, rappresenta un segnale preciso per la Chiesa: per la prima volta in modo così eclatante le autorità di un Paese europeo e democratico dimostrano di non avere alcuna fiducia nelle gerarchie ecclesiastiche che già stavano collaborandoe non si sono opposte in alcun modo alle indagini. La Santa Sede guarda con molta preoccupazione quanto sta accadendo. È infatti la seconda volta nel giro di poco più di un anno che i rapporti con il Belgio sono così tesi: il 2 aprile 2009 ilParlamento belga, con 95 voti a favore, 18 contrari e 7 astensioni, aveva approvato una mozione con la quale si sollecitava «l’esecutivo a condannare l’inaccettabile presa di posizione del Papa» relativa all’uso del preservativo nella lotta contro l’Aids, e a «presentare una protesta formale alla Santa Sede ». Le modalità scelte per la perquisizione e gli interrogatori, con il «sequestro» dei vescovi impossibilitati a comunicare con l’estero per tutta la giornata, è considerata nei sacri palazzi una preoccupante azione dal sapore «intimidatorio».
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L’orrore giustizialista: criminalizzare la Chiesa
di Luca Doninelli
Lo sconcerto (prima di qualsiasi giudizio) per quanto accaduto nella cattedrale di Mechelen trova una chiave di lettura adeguata nella decisione della polizia belga di perquisire l’Arcivescovado obbligando i membri della Conferenza episcopale a una prigionia coatta di nove ore. Quando si giunge a perquisire, ossia a profanare una tomba, possiamo ben dire che il principio stesso di legittimità e di giustizia che ha generato quell’atto soffre di una malattia. Un virus ha attaccato l’idea stessa di giustizia. La reclusione dei vescovi del Belgio ne è la dimostrazione. E questo virus attacca anche tutti noi.
Qui l’orrore della pedofilia cede il passo a un altro orrore, completamente diverso: l’orrore della ragione che viene meno. Dal fatto che nella Chiesa siano stati commessi dei crimini si passa alla criminalizzazione della Chiesa stessa, dopo di che si invoca la sua collaborazione, sapendo che il principio su cui si può fondare la collaborazione è venuto meno e non esiste più, è morto.
Il nome di questo principio è: fiducia. Se muore la fiducia nessun principio di legalità potrà impedire alla nostra civiltà di essere distrutta, soffocata, annullata.
Nell’Amleto di Shakespeare il marcio della Danimarca si documenta attraverso segni strani, per esempio il fatto che la gente lavori durante la notte, incapace di abbandonarsi al sonno. «Il mondo è uscito dai cardini» dice il Principe Nero, e aggiunge amaramente: «E tocca a me rimetterlo a posto»: nessuno infatti sembra più voler guardare la realtà delle cose, ciascuno insegue il proprio delirio, ma proprio perciò la lucidità di Amleto è quanto mai sospetta.
Andare a scavare nelle tombe è un segno analogo. In quale giustizia potremo sperare quando si va a scavare nelle tombe dei cardinali per trovare documenti che un caminetto avrebbe potuto far sparire in pochi secondi?
Dopo lo scandalo e la confessione del vescovo di Bruges, reo di pedofilia continuata, la Chiesa belga ha nominato una commissione con il proposito di fare chiaro. Ma ormai è tardi, quello che è fatto è fatto, della Chiesa e delle sue commissioni non ci si può più fidare, occorre procedere.
Questo è il passaggio letale.
Qualcuno ha demeritato la fiducia, è vero. Ma quando la fiducia nell’uomo viene meno e prevalgono la disistima e il sospetto c’è da dubitare che la giustizia riesca ancora a fare il suo corso.