Il giorno del ricatto

Pomigliano ha votato in un clima surreale. Tra la paura per la perdita del posto e le minacce dell’azienda. Brancato, segretario Fiom di Napoli: «C’è chi ha dovuto fotografare il sì sulla scheda»

Tristezza e rassegnazione e non più rabbia. Neanche fra i “puri e duri” della Fiom. Questa è la cifra che si respira fuori alla rande fabbrica di Pomigliano, paradossale monumento al fordismo in un territorio che è passato dalla pastorizia alla deindustrializzazione, senza mai conoscere, veramente, l’opulenza dell’industria. Sotto un sole africano che illumina fate morgane sugli asfalti cocenti, senza un filo di vento, sventolano placide le bandiere delle varie sigle che, pur stese, sembrano già ammainate. «Siamo per il sì perché abbiamo la speranza di lavorare. Abbiamo figli e famiglie da portare avanti. Amma lavurà», tuona Franco, dei precari a favore dell’accordo. è la stessa tristezza che si respira fra i Cobas, Cgil, Fiom. Anche la lotta sindacale sembra ridotta a mera testimonianza cristiana, sacrificale, slegata dalle logiche strumentali della contrattazione e delle politiche industriali.
«L’unica arma per combattere queste ingiustizie è la lotta», dice Mimmo Mignano dei Cobas. «Oggi non possiamo non difendere la nostra dignità e il nostro lavoro. non si può mettere un operaio di fronte ad un ricatto: o prendere o lasciare. noi non ci stiamo». è il ricatto, in fin dei conti, che ferisce la dignità di uesti lavoratori e che li accomuna tutti nel dolore e nella rassegnazione. «se non fossimo messi di fronte al prendere o lasciare, anche noi vorremmo un accordo diverso», osserva un sostenitore del sì: «La speranza nostra è rientrare di nuovo n fabbrica ». Anche in paese, una donna, amara, commenta: «se chiude la fabbrica che ne sarà di noi? La fabbrica la priorità. non deve chiudere. Costi quel che costi». Anche a costo di firmare un accordo che limiti il diritto di sciopero. A chi obietta che il no all’accordo, da parte della Cgil, sia equivalente ad una mossa suicida, di principio, Massimo Brancato, segretario della Fiom di napoli, ribatte che il convitato di pietra, in questa faccenda, è il governo e la sua mancanza di volontà di mediare realmente fra gli interessi. «Anche Cesare Damiano contrattava con noi, perché il governo Berlusconi no?». Brancato suggerisce che Pomigliano sia un laboratorio politico: i giochi già sono stati fatti, e la Fiom vuole che la Fiat si assuma, da sola, la responsabilità di quello che accadrà. «siamo all’assurdo – insiste Brancato -; i sono giunte voci di operai che devono fotografare la schede per dimostrare di aver votato sì. La Fiat è andata a bussare domenica a casa delle persone per convincerle a votare sì. Mi assumo la responsabilità di queste cose. Perché si vuo-le il plebiscito bulgaro, quando in democrazia basta il 50 per cento più uno? Quando il referendum, in realtà, non è vincolante? Perché questo? Perché deve passare una nuova politica industriale che si basi sulla completa subordinazione dei lavoratori agli imperativi dell’azienda. se non passa il referendum, infatti, la Fiat si riserva il diritto di fare una newCo. Dove riassumerà i dipendenti comunque alle sue condizioni. Ma se ci sono profili di legittimità nell’accordo, questi vizi restano sia nel piano “b” che nel piano “c”. solo la posizione di chiudere sarebbe propriamente legittima. Ma noi non vogliamo prenderci questa responsabilità. Lo dica chiaramente la Fiat e non ci addossi questa responsabilità che è un ricatto ». Quando si fa notare che la Fiat vuole una garanzia sul fronte degli investimenti, che c’è chi ha abusato dei diritti, troppe assenze e scioperi, il fronte operaio si spacca. «nel 2008, quando si lavorava, l’assenteismo era pari al 3,7%, in perfetta media», sostiene Brancato.I precari per il sì, invece, ritengono che ci siano stati abusi – come permessi per vedere le partite di calcio – ma che non siano addossabili solo ai napoletani, secondo una vulgata razzista sempre in auge. L’assenteismo è una piaga presente in tutta Italia e che non si dovrebbe combattere con la compressione dei diritti, concludono i precari. Cosa farà, allora, la Fiom di fronte alla probabile schiacciante vittoria dei sì? Brancato insiste che «l’accordo manca dei requisiti di legittimità e legalità – per questo non lo firmiamo -, e il referendum dei requisiti di libertà – e per questo non lo riconosciamo ». Per il Popolo Viola, presente ai cancelli, l’accordo per Pomigliano è compressivo dei diritti costituzionali e si inserisce, non a caso, in una strategia più vasta di messa in discussione della Costituzione. è grazie a questo governo che la Fiat può imporre un aut aut ai lavoratori. Lasciando tutti nella rassegnazione.

Alessio Postiglione
TERRA

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