I FIGLI DELLO SPRECO

Tra i vari compiti che mi sono imposto come sindaco di Verbania c’è anche quello di verificare con una certa periodicità l’andamento delle mense scolastiche e in questo senso qualche settimana fa, poco prima della fine dell’anno scolastico, ho assistito al pranzo di alcune classi di una scuola media della città.

Quando i ragazzi sono tornati in classe lo stato della sala non solo sembrava un campo di battaglia, ma si potevano notare una gran quantità di panini appena sbocconcellati come tante fette di torta (buonissime) avanzate dopo un rapido assaggio. Qualcuno si era perfino divertito con le punte della forchetta a forare il coperchio dei budini-monodose che quindi, pur non usati, andavano buttati.

Ragazzini che crescono così, senza rispetto per nessuno e veramente convinti che lo spreco sia cosa normale.

Ne ho parlato a lungo con la preside che è intervenuta con molto impegno, ma davvero – al di là del fatto in sé – resta la consapevolezza che per questi cittadini ormai prossimi a diventare adulti il senso del sacrificio non esiste.

Constato, non giudico: sarà colpa delle famiglie, della scuola, della società, delle istituzioni…fatto sta che i nostri figli (o nipoti) crescono troppe volte così, sedotti da ideali che non reggono, abituati allo spreco senza minimamente rendersi conto di come sia dura la vita per centinaia di milioni di loro coetanei in tante parti del mondo e quindi senza neppure provare la gioia e la felicità del godere quello che hanno.

Interroghiamoci sui cattivi esempi che diamo e se non sia il momento che tutti – ma proprio tutti – ci si imponga una seria riflessione su questi argomenti, perché la crisi la si combatte tagliando gli sprechi, ma anche insegnando uno stile di vita più sobrio, rispettoso, economico. Forse – quando si parla tanto di crisi e della necessità di fare “tagli” per contenere la crisi economica e finanziaria dovremmo anche ricordarci di queste cose.

Quando ero bambino mia nonna mi riprendeva se avanzavo un pezzo di pane “Dovresti vivere un po’ di tempo di guerra” mi diceva e noi – bambini degli anni cinquanta – siamo stati gli ultimi ad ascoltare queste cose ma a vivere lo sviluppo, dopo di noi la corsa si è fatta sempre più sfrenata, ma si sono completamente persi i riferimenti di partenza. Il risultato è sotto gli occhi di tutti.

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