UN ANNO DA SINDACO

Lettera aperta ai miei concittadini…

Da un anno sono sindaco della nostra città. È stato un lampo di tempo, eppure la mia vita è profondamente cambiata: passo in Municipio o a Verbania la gran parte del tempo, incontro tante persone, affronto problemi. Un impegno duro, ma non di più di quello che mi aspettavo, certo è coinvolgente.

Penso di aver sbagliato alcune volte (imparando dagli errori), ma di aver comunque sempre agito con correttezza, lealtà, onestà assoluta e buona volontà, come ho giurato di fare il giorno del mio insediamento.

Sono contento della mia scelta perché mentre il ruolo di parlamentare ha progressivamente perso spazio in una legislatura molto scialba, essere sindaco è stare invece in mezzo ai problemi veri della gente, ascoltarla, viverla. È quello che provo quando scrivo ai genitori di ogni nuovo nato annunciandogli il “bonus bebè” e congratulandomi con loro, oppure quando mando un biglietto di partecipazione alle famiglie in cui è mancato qualcuno. Ogni settimana noto come sia sottile la cartellina dei nuovi nati e pesante quell’altra… e in quelle due cartelline c’è in fondo la storia della nostra comunità, ma anche il momento particolare che vive tutta la nostra società.

Ma essere sindaco è soprattutto aver incontrato scolaresche e disoccupati, sposato tanti ragazzi, mangiato con gli “ultimi” alla mensa sociale, festeggiato centenari, salutato come neocittadini – raccogliendone il giuramento di fedeltà alla Repubblica – persone giunte da ogni parte del mondo e bene integratesi nella nostra città. Essere sindaco è avere la scrivania sempre piena di carte, ma trovare il tempo e saper ascoltare disperati, rispondere alle e-mail, sollecitare gli uffici, premiare benemeriti, stare con orgoglio sull’attenti con la fascia tricolore nei momenti importanti, quando vi rappresento tutti.

In questo anno ho poi cercato ogni giorno di obbligare me stesso a non vivere solo per il “quotidiano” ma sempre ad agire pensando anche alla Verbania che voglio e che ho promesso di contribuire a realizzare con il nostro programma elettorale: una comunità dove ci sia più forte spirito di appartenenza e solidarietà, dove si abbia il coraggio di crescere andando un po’ più in là dell’ordinario magari pensando sempre un po’ più in grande del passato per poter meglio uscire dalla crisi e aprire una mentalità spesso troppo chiusa su sé stessa. L’aver affrontato la problematica di un nuovo teatro – ricollocandolo vicino al lago per un suo multiuso turistico e di rilancio cittadino – credo sia stato l’atto più emblematico, così come dirigere ogni giorno una città dove spesso imporre una linea è difficile per pigrizia, contrapposizioni, preconcetti.

Non sta a me dire se ci sto riuscendo, le critiche non mancano, certo mi spiace pensare al tanto lavoro che si fa quotidianamente dietro le quinte rispetto alla percezione che a volte ne hanno i cittadini che magari con ragione si lamentano, ma non immaginano i veri motivi del loro scontento. Per questo sono sempre attento alle critiche che mi giungono, cercando di distinguere tra quelle fondate e costruttive da quelle un po’ preconcette. “Non è cambiato quasi niente” si lamenta qualcuno, ma invece molte cose sono davvero cambiate e altre cambieranno – forse anche più visibili – ricordando che il nostro primo bilancio è stato approvato dal consiglio comunale solo 40 giorni fa e già dovremo saper affrontare le conseguenze dei “tagli” dell’imminente Finanziaria.

Certo la realizzazione di qualsiasi opera pubblica ha tempi troppo lunghi e costa troppo rispetto al “privato”, ma le regole sono queste e non si possono cambiare, anche se credo che con i miei collaboratori – ad iniziare dagli assessori, che ringrazio uno ad uno – abbiamo cercato di lavorare con spirito pratico e di concretezza.

Mi piace ricordare che in un anno non c’è stata alcuna polemica o contrapposizione politica in giunta come in maggioranza: vuol dire che possiamo sempre migliorare, ma c’è comunque reciproca attenzione e rispetto. In questo anno mi sono venuti tanti capelli bianchi e spesso – quando magari a tarda notte chiudo dietro di me, stanco morto, il portone del Municipio – mi chiedo se ne valga la pena. Qualcosa dentro di me mi dice però sempre di “si” perché in questo anno la cosa più bella e che mi ha arricchito di più è di avere la certezza (o è solo illusione?) di riuscire così a restituire con gli interessi quei quattro “talenti” che il Grande Capo mi ha dato e la mia ormai lunga avventura politica mi ha permesso di vivere.

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