Focus sui diritti umani in Iran un anno dopo le elezioni

Oggi nella Sala del Mappamondo della Camera dei Deputati si è svolto un interessante seminario dal titolo:”I diritti umani in Iran ad un anno dalle elezioni del giugno 2009”.

I lavori sono stati introdotti dal Vicepresidente della Commissione esteri, on. Franco Narducci e, moderati da Luciano Ghelfi del Tg2, sono intervenuti l’on. Enrico Pianetta, il capo dell’Unità di Analisi e Programmazione del Ministero degli Esteri, Pasquale Ferrara, il portavoce di “Amnesty International “ e di “Iran Human Rights”, rispettivamente Riccardo Noury e Zahra Toufigh, che nell’occasione hanno presentato il loro rapporto annuale.

L’on. Narducci, nel suo intervento, ha sottolineato l’importanza dell’educazione ai diritti umani come presupposto della pace. Inoltre Narducci ha ricordato che il rispetto che l’Iran chiede per se lo deve anche al suo popolo.

Di seguito il testo integrale dell’intervento dell’on. Franco Narducci:

“Sono convinto che sia fondamentale favorire l’educazione ai diritti umani anche come prerequisito per la pace, ponendo in particolare l’accento sulle pratiche di riconciliazione in un’ottica di tolleranza e rispetto reciproco poiché ognuno è nel futuro

Porto i saluti della Commissione affari esteri ai rappresentanti di Amnesty International, con i quali abbiamo un rapporto proficuo e costante nei nostri lavori di Commissione, e ai rappresentanti di Iran Human Rights. Desidero inoltre ringraziare entrambi per il rapporto annuale che redigono: è uno strumento importante per la politica, per le istituzioni, per la democrazia e per la società civile e dunque il ringraziamento non è retorico.

Vorrei esordire ricordando i terribili giorni di un anno fa e le proteste oceaniche che si scatenarono a Theran dopo la grande truffa elettorale, un imbroglio così lampante e tangibile da scatenare la protesta di quella parte del popolo iraniano che aveva creduto in una possibilità di mettere in moto un processo democratico di normalizzazione del Paese attraverso il voto.

Cosa accadde e le immagini di quelle proteste soffocate nel sangue è ancora impresso nella memoria di tutti noi: diecine di migliaia di dimostranti radunati di fronte alla piazza Baharestan per protestare contro il regime, gli scontri violenti tra i dimostranti e le forze repressive del regime dei mullah, le centinaia di morti e feriti sotto il fuoco aperto contro i dimostranti, sono gli aspetti più drammatici che ci ricordano la terribile repressione delle manifestazioni di un popolo in rivolta contro i brogli elettorali e deluso nelle sue speranze in un corso democratico.

Di tutto ciò abbiamo elevato a simbolo il sacrificio di una giovane donna, Neda Agha Soltan, stroncata nella sua giovane vita e nei suoi sogni. Un anno fa nella manifestazione a Roma in Piazza della Repubblica, organizzata dall'Associazione dei Giovani iraniani in Italia, il sacrificio di Neda aveva spinto tutti a chiedere la fine della dittatura teocratica di Khamenei e a proclamare Neda a simbolo della resistenza e della volontà ferrea delle donne iraniane di combattere contro il fanatismo e le imposizioni del potere, di sostenere con tutte le forze la grande rivolta nazionale del popolo iraniano per rovesciare il regime dei mullah e ripristinare la libertà in Iran.

Cosa è rimasto di quelle grandi proteste, cosa è accaduto sul piano dei diritti umani e civili? A queste domande vogliamo dare risposta avvalendoci soprattutto della presenza di Amnesty International e di Iran Human Rights.

Sul piano politico dobbiamo purtroppo constatare che le tensioni non sono diminuite, anzi risultano accresciute; siamo oltretutto confrontati con le pretese di un regime tanto oppressivo quanto spaventato sul suo futuro. Un Paese in bilico che continua a predicare la rivoluzione affermatasi in teocrazia, e che vive stretto nella morsa del regime di Ahmadinejad.

Cosa accadrà il 12 giugno, nel giorno dell’anniversario delle elezioni che avevano fatto assaporare agli iraniani la gioia della libertà e di un inizio di rinascente processo democratico? Probabilmente non avremo molte notizie: i siti internet e i blog così attivi un anno fa sono stati neutralizzati e la stampa estera relegata ai margini. Non sappiamo cosa conta ancora l’onda verde iraniana, ma sappiano che una delle spinte propulsive della resistenza, quella delle donne di Teheran, ha subito pesanti decapitazioni. Le donne che raccoglievano le firme per la parità dei diritti sono in carcere, sono state processate, minacciate, licenziate e sottoposte ad una sorveglianza oppressiva. La battaglia per la parità, iniziata con tanto slancio quattro anni fa da donne di ogni ceto, religiose e laiche, povere e ricche, si è arrestata.

La situazione economica del Paese è sempre più difficile, con la disoccupazione in aumento vertiginoso e la voglia di scappare all’estero di tantissimi giovani, a molti dei quali è stata tolta la possibilità di proseguire gli studi nelle loro università.

Una società disorientata e in crisi morale come racconta il bel film “A proposito di Elly” che l’anno scorso a Berlino ha vinto l’Orso d’Argento.

Nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948 si afferma, all’art. 19, che “Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione”. E all’art. 27 si afferma che “Ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico e ai suoi benefici”.

All’art. 19 del Patto internazionale sui diritti civili e politici, che fa seguito alla “ “Dichiarazione universale dei diritti umani” si afferma che: “1. Ogni individuo ha diritto a non essere molestato per le proprie opinioni. 2. Ogni individuo ha il diritto alla libertà di espressione; tale diritto comprende la libertà di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee di ogni genere, senza riguardo a frontiere, oralmente, per iscritto, attraverso la stampa, in forma artistica o attraverso qualsiasi altro mezzo di sua scelta”.

Tale Patto, elaborato dalla Commissione per i Diritti dell'Uomo ed adottato all'unanimità dall'ONU il 16 dicembre1966, è stato ratificato dal Parlamento iraniano nel 1975 ed entrato in vigore nel 1976.

Come si vede le notizie che allarmanti che arrivano a ritmo crescente dall’Iran, lasciano intuire una pesante discrepanza tra i patti firmati e i comportamenti posti in essere di fronte a una moltitudine di gente, per lo più giovani, che hanno manifestato per le strade della Repubblica islamica.

Qualcuno ha scritto che l’adesione al Patto sui diritti civili e politici modifica in senso nettamente positivo il comportamento dello Stato membro per quanto concerne la tutela dei diritti in oggetto al Patto e lo dimostra il test fatto tra il 1976 ed il 1993 su 178 Paesi membri.

Pare che questa tendenza non sia valida per alcuni Paesi come l’Iran che palesemente adottano comportamenti in contrasto con gli obblighi volontariamente assunti sul piano internazionale. Resta il fatto che purtroppo non esistono meccanismi giurisdizionali volti a rendere effettivi questi obblighi assunti visto che nell’ambito del Protocollo facoltativo al Patto sui diritti civili e politici si prevedono solo comunicazioni da parte di singoli o altri Stati che segnalano al Comitato per i diritti umani i casi di violazioni e la risposta si esaurisce in “considerazioni”, da parte del Comitato stesso, rivolte allo Stato accusato.

Ma sicuramente ciò assume un valore politico e può costituire premessa per la formazione di una coscienza internazionale sui diritti umani. Un compito che è egregiamente svolto dalle organizzazioni dei diritti umani anche mediante la redazione di appositi Rapporti annuali. Essi possono costituire una base anche educativa al valore dei diritti umani che sia realmente da stimolo per la costruzione di relazioni internazionali amichevoli e proficue anche sul piano della politica commerciale. Del resto è noto che da tempo l’Unione europea adotta una politica della condizionalità nei rapporti commerciali consistente nel subordinare la conclusione o la prosecuzione di accordi commerciali con i Paesi terzi al rispetto dei diritti umani fondamentali, in piena sintonia con i contenuti del trattato di Lisbona che dà rilievo al principio democratico dello Stato di diritto ed al rispetto dei diritti umani fondamentali quali valori unificanti degli Stati membri, tali da ispirare anche le relazioni internazionali ed in esse quelle commerciali.

Sono convinto che sia fondamentale favorire l’educazione ai diritti umani anche come prerequisito per la pace, ponendo in particolare l’accento sulle pratiche di riconciliazione in un’ottica di tolleranza e rispetto reciproco poiché ognuno è nel futuro dell’altro.

Devo sottolineare che nel corso degli anni il mondo ha imparato a riconoscere il significato profondo dei diritti umani attraverso gli occhi di Amnesty International e ritengo che dobbiamo essere tutti grati all’ottimo lavoro che questa organizzazione ha svolto nel contribuire a ridurre alcune evidenti violazioni perpetrate in varie parti del mondo, non da ultimo in Iran.

Penso, tuttavia, che occorra ancora fare molto affinché si arrivi ad una inculturazione dei diritti umani tale che essi possano costituire il quadro di riferimento nel quale costruire lo sviluppo e la giustizia.

L’Organizzazione Iran Human Rights, in quest’ottica, coinvolgendo gli iraniani sparsi nel mondo, potrà svolgere un ruolo determinante per il bene del loro Paese.

Pertanto, credo sia importante che la comunità internazionale manifesti solidarietà al popolo iraniano, prevenendo il suo isolamento e favorendo il flusso di informazioni chiedendo con forza alle autorità iraniane sia il rispetto della libertà di aggregazione che di stampa nelle sue varie forme. Nella Commissione esteri abbiamo molto a cuore la situazione dei Diritti umani in Iran come abbiamo dimostrato sia attraverso l’attività istituzionale svolta, sia nell’impegno politico di tutti i suoi membri.

Sono convinto che è nostro dovere lavorare sul piano legislativo ma anche per l’affermazione di una cultura dei diritti umani. Sul piano politico e diplomatico credo sia fondamentale chiedere, assieme all’Unione europea, che l’Iran sia coerente oltre che con i Trattati che ha firmato anche con la sua Carta costituzionale dove all’art. 24 si garantisce la libertà di informazione e all’art. 26 si tutela la libertà di opinione politica nel quadro della repubblica islamica.

Credo che, in un momento in cui è in gioco la trasformazione istituzionale dell’Iran da Repubblica islamica a Stato islamico non democratico, come ha fatto notare anche il noto filosofo islamista iraniano Soroush, sia importante valutare con l’Unione europea l’opportunità dell’invio di osservatori internazionali con il compito di riferire in sede ONU sull’accaduto.

In un quadro così complesso dove la vita umana rischia di soccombere per la realizzazione di disegni politici penso che le indicazioni che verranno da questo seminario saranno utile strumento di lavoro assieme al rapporto che ci offrono Iran Human Rights e Amnesty International”.

Lascia un commento

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.
Attenzione: alcune funzionalità di questa pagina potrebbero essere bloccate a seguito delle tue scelte privacy