Smi-Lazio, Polverini: “E’ necessario un tavolo tecnico regionale dedicato alla responsabilità civile e penale dell’atto medico”
E’ il messaggio inviato dalla governatrice del Lazio al Sindacato dei Medici Italiani in occasione del meeting del 29 maggio
(Roma, 31 Maggio) – «Urge la necessità di creare un tavolo tecnico regionale che si occupi della responsabilità civile e penale dell'atto medico». Lo ha dichiarato senza mezzi termini Renata Polverini, governatrice della Regione Lazio, in un messaggio inviato ai sindacalisti del Sindacato dei Medici Italiani del Lazio (Smi), in occasione del III Congresso Regionale incentrato sulle criticità medico-legali dal titolo: “Problemi pratici e orientamenti attuali in tema di responsabilità professionale per i medici del Servizio Sanitario Nazionale”, che si è svolto a Roma lo scorso 29 maggio. L’incontro, organizzato e fortemente voluto dal Sindacato stesso, ha visto la partecipazione di oltre 200 medici e 80 delegati regionali. Un incontro proficuo ed importante, durante il quale è stata evidenziata l’urgenza di iniziare una battaglia politico-sindacale per la depenalizzazione dell'atto medico. Illustri esperti e competenti relatori hanno affrontato, discusso ed approfondito le annose questioni legate alla responsabilità medica e professionale, alla malattia psichiatrica e capacità mentale. E ancora, alla prescrizione farmacologica, all’appropriatezza prescrittiva, agli aspetti assicurativi e alle risorse informatiche. Ponendo l’accento, inoltre, sulla colpa, sul consenso e la causalità. Angelo Fiori, professore di medicina legale all'Università Cattolica del Sacro Cuore, alla Facoltà di giurisprudenza dell'Università Lumsa e alla Facoltà di medicina del Campus bio-medico di Roma, ha egregiamente spiegato in che modo la categoria sta lentamente scivolando dalla cosiddetta medicina delle evidenze, a quella dell’obbedienza giurisprudenziale. «Ciò che talvolta guida l’operato del medico – ha dichiarato il Docente – non è più il rispetto del rigore scientifico e le valutazioni sulla base dei dati di letteratura, bensì l’osservanza dei disposti giudiziari, sul filone di perizie medico-legali che finiscono, così, per orientare e dirigere, di fatto, la condotta del professionista». Ma non solo. Gli esperti hanno anche esaminato la tematica dell’insostenibilità di norme regolatorie regionali e nazionali, che tendono a disciplinare gli atti terapeutici, con sanzioni nei confronti del medico prescrittore, nonché l’esigenza di riportare all’attenzione dei responsabili della politica sanitaria la questione della tutela della salute e della vita, quale prerogativa dell’atto medico e fine ultimo della professione medica. Di quì l’esigenza che, il “consenso informato sociale”, relativo ai limiti delle conoscenze scientifiche, alle effettive possibilità terapeutiche di molti stati morbosi, ai rischi, alle complessità dell’atto medico e all’impossibilità di sconfiggere sempre e comunque la malattia, debba diffondersi dalla categoria alle società civile, fino agli organismi giudiziari e ai media. «La medicina è un’attività ad alto rischio – ha asserito Gianfranco Iadecola, docente di medicina legale penalistica all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma – Ma solo la categoria medica mette a disposizione del pubblico i propri insuccessi, (oltre un milione di referenze alla voce “complicances” sui motori di ricerca specializzati), proprio per un approfondimento delle conoscenze e un miglioramento delle tecniche terapeutiche, mediante analisi e studio dei vari eventi». Infine, lo Smi-Lazio, in sinergia con altre organizzazioni sindacali e scientifiche di categoria sta valutando la possibilità di promuovere un Comitato per la depenalizzazione dell’atto medico, nell’ambito delle normative utili a ricondurre la conflittualità medico-paziente entro ritrovati binari di rispettosa convergenza.