Prestigiacomo atomica

Il ministero dell’Ambiente messo da parte dallo Sviluppo economico dell’era Scajola prende le redini del ritorno all’atomo dell’Italia. Intanto le prime scadenze sono già naufragate e ora c’è chi frena

La regia del governo per il ritorno del nucleare in Italia vede un inaspettato cambio della guardia. Il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo ha raccolto il testimone del collega Claudio Scajola, dimessosi per le ben note vicende immobiliari, ed è diventata il portabandiera della rincorsa berlusconiana all’atomo. Quella del ministro di Siracusa è stata una marcia in crescendo. Prima una lunga ed estenuante partita sull’Agenzia per la sicurezza nucleare, dalla quale Scajola voleva tener fuori proprio il ministero di Via Cristoforo Colombo. Poi un marcato attivismo internazionale che è culminato nell’accordo sottoscritto con il ministro dell’Ambiente sloveno Roko Zarnic sulla «sicurezza e per una informazione reciproca a 360 gradi». Sembra, quindi, che la Prestigiacomo abbia conquistato sul campo i galloni e sia diventata la perfetta madrina di impianti nucleari che lei stessa definisce «assolutamente rispettosi dell’ambiente e della sicurezza». All’ipertrofia comunicativa e propagandistica del governo, però, non corrisponde un’attività tecnico-procedurale altrettanto serrata.Tuttora la localizzazione delle future centrali atomiche resta ancora un segreto avvolto da un mistero che appare sempre più grottesco. «Per i siti nucleari italiani non c’è una mappa e non c’è alcuna localizzazione», ha dichiarato la Prestigiacomo durante la sottoscrizione dell’accordo italo-sloveno. Poi ha aggiunto: «In ogni regione che visito sento queste domande che penso che siano dovute a malafede per spaventare l’opinione pubblica. Ribadisco che non c’è una mappa del nucleare, né tantomeno sono stati individuati i siti». Eppure da qualche parte le dovranno pur costruire le centrali. Di certo non nel Veneto dove l’ex ministro dell’Agricoltura, il leghista Luca Zaia, oggi governatore, ha opposto un fermo altolà. Come d’altronde tutti gli altri presidenti di regione eletti dal centrodestra. In realtà secondo quanto previsto dagli atti legislativi già approvati la mappa dei siti sarebbe già dovuta essere sul tavolo del governo. L’approvazione della delega sul nucleare risale a dieci me si fa mentre ne sono passati due dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto attuativo. Ad oggi, però, i protagonisti del ritorno atomico sono ancora uomini senza volto e senza “casa”. E le prime scadenze sono miseramente naufragate. Secondo la legge sull’energia, il grimaldello con cui il governo ha scardinato il voto del referendum del 1987, approvata a luglio 2009 e pubblicata in Gazzetta Ufficiale lo scorso 16 agosto, entro il febbraio 2010 il Cipe avrebbe dovuto emanare le delibere per definire il tipo di tecnologia, i crit eri ele modalità per costituire i consorzi, la costruzione e l’esercizio degli impianti. L’Agenzia per la Sicurezza nucleare, poi, è ancor meno che un miraggio. Lo statuto della super Authority che dovrebbe avere il compito di concedere autorizzazioni e sorvegliare sulla sicurezza non ha ancora trovato spazio nelle pagine della Gazzetta Uf- ficiale, pur essendo stato firmato da Berlusconi in aprile. Mancano, inoltre, il regolamento e le nomine, che saranno il vero scoglio della partita vedendo impegnati potentati economici, lobby energetiche e governo. Voci bene informate dicono che proprio il ministero dello Sviluppo economico, perso Scajola, teme una sproporzione rispetto al peso del ministero dell’Ambiente e abbia cominciato a frenare. Intanto il ministro dell’Ambiente cerca di riempire gli spazi lasciati liberi da Scajola mettendo le mani sulla definizione della “strategia atomica”. Lo
strumento è la riforma del Codice ambientale, la cui bozza ha già avuto il via libera dal Consiglio dei ministri e sta per essere trasmessa alle commissioni parlamentari. Il nuovo Testo unico ambientale conterrebbe, infatti, una sorta di diritto di veto a favore del ministero guidato dalla Prestigiacomo: laVas (Valutazione ambientale strategica) avrà valore vincolante per l’approvazione della strategia stessa. Insomma all’imbarazzo procedurale e all’immobilismo tecnico corrisponde uno straordinario dinamismo nell’acquisizione delle competenze decisionali e nelle uscite comunicative sull’”affair e” atomico. Sul piano economico, invece, Enel-Edf sono avanti. La società italiana conferma di aver già stanziato circa 800 milioni di euro per gli oneri del programma nucleare relativo alla realizzazione di quattro reattori Epr, due dei quali secondo la Reuters, sarebbero a Montalto di Castro. Una nuova alleanza fra E.On-Gdf Suez sembra interessata alle commesse italiane mentre la Westinghouse, tra i leader mondiali nella costruzione di reattori atomici, ha fatto sapere che i loro reattori, gli AP1000, sarebbero più adatti alla rete elettrica italiana rispetto a quelli di Areva. Intanto le preoccupazioni degli ecologisti per un governo che gioca «all’apprendista stregone» si moltiplicano. Per il leader dei Verdi Angelo Bonelli «sul nucleare il governo continua il gioco delle tre carte nascondendo agli italiani informazioni essenziali su dove vuole costruire le centrali atomiche, ma soprattutto non ha alcuna idea di come costruirle. L’unico effetto della follia nuclearista del governo Berlusconi è stato il brusco taglio degli investimenti sulle energie rinnovabili – denuncia Bonelli spiegando che – intanto le lobby dell’energia si sfregano le mani per l’affare imminente e per i guadagni che potranno realizzare sulle bollette degli italiani che aumenteranno di oltre il 15 per cento»

Antonio Barone
TERRA

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