di Carmelo Briguglio
Presumere che un bigliettino, quattro parole quattro (“fare pace fare finta”), possa sintetizzare la dinamica interna del più grande partito italiano è fascinoso ma politicamente fuorviante.
In realtà capiremo da qui a non molto se la crisi dei rapporti, politici e personali, tra Berlusconi e Fini può essere riassorbita con uno sforzo ulteriore. I fatti di queste ore ci dicono quanto meno che i tempi non sono maturi.
Non nascondiamoci la realtà: non è nemmeno detto che la divergenza tra i due cofondatori del Popolo della libertà sia recuperabile. Possiamo auspicarlo, ma non dipende da nessuno, nemmeno dai protagonisti. Non è questione di buona volontà o di dichiarazioni d’intenti. E’ la politica.
I prossimi giorni ci diranno se si tratta di punti di vista diversi non riducibili “ad unum”.
Intanto, qualche idea sul metodo può aiutare a rimuovere dalla via i massi che ostruiscono il cammino. In questi anni abbiamo imparato poche regole di qualche utilità.
La prima la ripetiamo da tempo: i capi parlano con i capi. Meglio: i capi parlino con i capi. Quando un capo “salta” l’altro capo e parla con i sottoposti, la fine del rapporto è assicurata. Facile capire perchè. Temo sia successo dalle nostre parti. In mezzo ci sono gli eccessi degli “ex”, da sempre deleteri. Il saggio contiene gli “ex” e non li fa decidere al suo posto.
La seconda: pacta sunt servanda, soprattutto tra soci. Dannoso aggirarla.
Terzo, non sottovalutare mai l’altro: chi ti suggerisce di valutarlo al ribasso è interessato a fare la cresta. In suo favore. I numeri sono quelli che sono e non quelli che per tanto tempo (si) dissero. E poi le campagne acquisti funzionano nel calcio, ma in politica fino a un certo punto. Ormai siamo al certo punto. Quarto: …scripta manent. E’ utile rivisitare gli scripta: carte alla mano e firme autenticate. E’ bello riscoprire cosa si volle fondare, con chi e come. Forse è stato dimenticato qualcosa.
Last but not least: la Patria in pericolo può fare miracoli tra chi ha ancora il vizio di crederci.
Pro salute rei publicae: provarci ancora forse è un dovere.