Oggi, due soldati italiani sono deceduti in missione in Afganistan. Il nostro pensiero e le nostre condoglianze vanno a loro ed alle loro famiglie.
Come da copione ennesimi atti di cordoglio per la loro scomparsa, da un lato, e fierezza nazionale per il lavoro svolto, dall'altro, si sono e si stanno ripetendo da destra e da sinistra. Come da copione l'Italia, come Nazione, è pronta a restare a combattere con regole d'ingaggio da altre situazioni e da altri scenari. Ma restare per fare cosa? Per fare contenti gli americani che così stupidamente (e noi peggio di loro) si sono impigliati esattamente dove l'Armata Rossa si impigliò negli anni 80?
Per un tornaconto finanziario? Per un contentino politico-strategico dal nostro grande alleato a missione compiuta? No, certo. Ma cosa dico. Per esportare la democrazia, almeno come continua a ripetere la nostra classe politica, una buona parte per il vero. E come si fa ad esportare la democrazia se non con le armi? Dopotutto in Afganistan si combatte, non si mantiene la pace. E con quali armi combattono i “nostri nemici”? Da dove provengono le armi che hanno in dotazione i “nostri nemici”? Certo, dire che essere uccisi da un'arma prodotta in casa (vedi le denunce di Amnesty International e della Rete italiana per il Disarmo) è politicamente scorretto ma, dopotutto, meglio scorretti che complici.
Questo, nel più diffuso italian style politico, accade in un contesto nazionale deplorevole per comportamenti ed iniziative. L'euro sprofonda, la Grecia annaspa, l'Europa sbianca ed il resto del mondo attende di vedere chi sarà la prossima Nazione a cadere. Ed, in Italia, anche la classe politica comincia ad aver timore di essere andata oltre i limiti della decenza e della fregatura. Ma solo il timore. Un timore che da noi passa molto velocemente inosservato, altrimenti non si spiegherebbe come mai dopo così tanti anni dal cambio lira-euro, in cui lo stipendio dei parlamentari, per dirne una, è rimasto invariato mentre lo stipendio dell'italiano medio si è dimezzato, l'italiano medio (e mi riferisco alla maggioranza di essi altrimenti non staremmo in questa situazione) non abbia detto un bel niente. Non un minimo sussulto di incazzatura pubblica, non privata. Nel privato siamo tutti bravi.
Ovviamente, per carità, nessuno pretende di essere ai livelli di indecenza attiva e pubblica del popolo francese, sempre per dirne uno. Siamo, dopotutto, brava gente che si inchina, si genuflette, spesso si piega magari in posizioni eroticamente ormai abituali. Ma a noi italiani, si sa, piace così e quindi continuiamo passivamente a soddisfare la nostra classe politica, il nostro amministratore di turno.
In questo esercizio di kamasutra volutamente forzato rientra l'iniziativa dell'On. Calderoli sul taglio del 5% degli stipendi dei ministri e dei parlamentari. Un 5% che altro non è che l'aumento che i nostri cari governanti si sono dati ad inizio anno. Annullare, certo, un aumento di stipendio è cosa fastidiosa ed irritante, soprattutto poi se nel Paese si avverte epidermicamente la mancanza di lavoro, l'aumento delle tasse, lo spreco di micro e piccoli comuni non ancora accorpati, l'inutilità delle Province. Ed in tante realtà del Paese si avverte ormai la pochezza della mensilità.
E' sempre in questo contesto che, come d'incanto, ci ritroviamo la manovra finanziaria da 25 miliardi di euro. Manovra che toccherà a noi pagare. Come? Ovviamente (ma pensavate venissero proposte altre soluzioni) con misure dal non trascurabile risvolto sociale e che toccherà voci della spesa pubblica. Ora, però, silenzio. Non disturbiamo troppo i nostri “uomini delle istituzioni”. Non facciamo troppo rumore. Potrebbero rendersi conto che qualcuno nel Paese è risentito o comincia a farlo. Ma, ovviamente, anche questa passerà . Bisognerà trattenere il fiato. Dopotutto, gli oggetti erotici di proporzioni sempre maggiori a noi italiani piacciono.
Manuel Santoro
Coordinatore nazionale
Direttivo di Libertà ed Eguaglianza