La spesa pubblica cresce. Non a Roma, ma sul territorio

di Gianmario Mariniello

I dati parlano chiaro. La spesa pubblica che cresce è quella delle Regioni e degli enti locali. Destra, sinistra, Berlusconi o Prodi, non è questo il problema. Entrati nell’euro, abbiamo risparmiato vagonate di soldi sui tassi d’interesse sul debito pubblico. Che fine hanno fatto queste risorse? Sono finiti agli enti territoriali, specialmente alle Regioni. Colpa di chi? Degli amministratori regionali, innanzitutto. E poi della riforma del Titolo V approvata dal centrosinistra, che per giudizio unanime va rivista in profondità.
Come si può facilmente intuire dal grafico, la spesa delle amministrazioni centrali è rimasta pressoché costante dal 2000 al 2008. Mentre la spesa delle Regioni è cresciuta, fino a costituire l’80,6 per cento dei consumi intermedi della Pubblica Amministrazione.
Relativamente alla spesa per consumi intermedi in senso stretto, le Amministrazioni locali passano dal 66 per cento nel 2000 al 72 per cento nel 2008; la quota delle Amministrazioni Centrali si riduce nello stesso periodo dal 31 al 25 per cento.
La maggior parte della spesa è ascrivibile agli enti sanitari locali, che rappresenta mediamente circa il 60,5 per cento della spesa delle Amministrazioni locali. Una percentuale in crescita: dal 57 per cento nel 2000 al 63 per cento nel 2008. La quota restante è ascrivibile, in media, per circa il 25 per cento ai comuni (dal 29 per cento nel 2000 sono passati al 23 circa nel 2008), per circa il 5,2 per cento alle regioni (per la parte non riconducibile alla sanità), per il 3,7 alle province e la restante parte alle altre Amministrazioni locali.
E non finisce qui. Le spese degli enti sanitari locali crescono in media del 6,9 per cento, le regioni del 5,1 ed i comuni del 2,8. Insomma, se i Comuni si comportano relativamente bene, non si può dire lo stesso delle Regioni e della sanità regionale.
Il “centralismo regionale” introdotto nel 2001 non funziona, costa troppo, è fiscalmente irresponsabile e non eroga servizi adeguati ai cittadini. Il federalismo è la soluzione? Sì, se è autentico: il federalismo è un sistema istituzionale che funziona quando l’autonomia di spesa si lega al potere impositivo. Chi spende, si assume l’onere di chiedere ai contribuenti le risorse necessarie, pagandone eventualmente lo scotto elettorale.
Servono riforme strutturali, per tenere sotto controllo la spesa pubblica. Serve una grande riforma del Servizio Sanitario nazionale, che secondo il Fondo monetario internazionale nel 2050 costerà il doppio di oggi. Una cifra pari a più dell’11 per cento del Pil. Serve una definizione rigorosa dei costi standard sanitari. E, soprattutto, serve che il federalismo non finisca per ingrassare ulteriormente i bilanci regionali e locali di risorse, lasciando magari il lavoro sporco della tassazione allo Stato.

Lascia un commento

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.
Attenzione: alcune funzionalità di questa pagina potrebbero essere bloccate a seguito delle tue scelte privacy: