E se io non voglio soffrire per i fratelli?

Il Papa a Fatima ha detto ai malati: “Potrai superare la sensazione di inutilita' della sofferenza che consuma la persona nell''intimo di se stessa e la fa sentire un peso per gli altri, quando, in verita', la sofferenza, vissuta con Gesu', serve per la salvezza dei fratelli”. Ora, io capisco che si voglia dare conforto a coloro che soffrono, ma perché dire loro qualcosa che non risponde a verità? Dove sta scritto che la sofferenza del malato serve per la salvezza dei fratelli? E se io non voglio soffrire per i fratelli? In realtà, la somiglianza a Cristo è nella forma, ma non nella sostanza. Gesù godeva di ottima salute, mangiava e beveva (cf Mt 11,19). La sofferenza, in qualche modo Gesù se la cercò, ma non per il gusto di soffrire, come hanno fatto alcuni santi, ma per necessità. Fu lui a dirlo: “E' necessario che il Figlio dell'uomo soffra molto…sia messo a morte” (cf Lc 9,22). La sofferenza del Cristo aveva uno scopo: la salvezza dell'umanità. Che la malattia abbia questo scopo, è un concetto che non trova fondamento alcuno nel vangelo, e contrasta con la ragione. San Paolo afferma: “Ora io gioisco nelle sofferenze che sopporto per voi, e completo nel mio corpo ciò che manca dei patimenti del Cristo” (Col 1,24). Ed ecco il commento di Elio Peretto (La Bibbia, Edizioni Paoline, 1981): «Non è facile capire come Paolo completi nel suo corpo ciò che manca alle sofferenze di Cristo». Il sacrificio del Cristo fu unico e irripetibile. E del resto, si trattava di sofferenze conseguenti alla decisione di Paolo, di evangelizzare il mondo.

Miriam Della Croce

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