NOTA DI BIAGIO AGLI ITALIANI NEL MONDO

Cari amici e referenti,

in questi ultimi giorni si stanno avvicendando in un groviglio di frasi, agenzie e comunicati dichiarazioni in cui inviti alle dimissioni, attacchi e bilanci di gestione non sono stati risparmiati neanche per il settore Italiani nel Mondo del PdL.

Come molti di voi hanno dimostrato di condividere, è piuttosto facile nella confusione gettare una lancia per difendersi o per meglio posizionarsi, ma – a chi ha inteso muoversi in questo modo – invito alla riflessione e alla lucidità politica.

Come ho già avuto modo di evidenziare, ciò che si è svolto lo scorso giovedì 22 aprile in occasione della Direzione Nazionale è stato un importante momento di confronto democratico, in cui alcune idee, sebbene portate avanti da un gruppo minoritario sono state esplicitate, chiarite e spiegate per farne comprendere la ratio, e ritengo che l’appartenere a quel gruppo non voglia dire né rinnegare il Popolo della Libertà, né tanto meno il suo leader e di conseguenza non si configuri come rigettare le responsabilità conferite dal partito stesso.

Il gruppo di c.d. pretoriani, come simpaticamente una certa stampa ha voluto etichettarci, non ha mai inteso creare una faglia all’interno del Popolo della Libertà, né abbandonarsi al correntismo o alla definizione di un PdL nel PdL.

Tutti gli aspetti di criticità che sembrano aver funto da accompagno a queste recenti vicende politiche e che a tal riguardo sono stati fatti emergere, fanno riferimento ad un polverone mediatico che troppo spesso ambisce a sostituirsi ai fatti della politica ma che in realtà niente ha a che vedere con il futuro e le progettualità di chi nella politica vive e lavora.

Come in ogni pensatoio politico o culturale che si rispetti si consuma uno scambio di battute, seppur in maniera animata: una parte – seppur piccola- ha voluto porre al centro dell’attenzione dell’intero gruppo semplicemente dei problemi meritevoli di essere considerati prioritari nell’agenda di Governo. Ed ha voluto invitare l’intero partito a riflettere verso cosa ci si sta dirigendo, sotto il profilo programmatico, politico e sociale, invitando alla lungimiranza e alla progettualità di vasto respiro.

Non un invito alla lacerazione o alla frammentazione partitica. Non mi sembra che ci si sia mai trovati dinanzi a queste evidenze nell’ultima settimana.

La fantapolitica lasciamola agli editorialisti.

Può capitare che nella concitazione degli eventi, nell’incombenza di una crisi economica in cui tocca elaborare delle adeguate exit strategy senza tralasciare i grandi progetti di riforma, si rischia talvolta di perdere le linee guida della’azione che si era preventivata.

Proprio in questa ottica che bisognerebbe guardare a questi momenti di riflessione con spirito costruttivo e non demolitorio come molti sono corsi a fare.

Senza correre nella facile semplificazione del ritorno al passato e della dicotomia Forza Italia ed An che risulta anacronistica e priva di alcun tipo di fondamento.

Ci dovrebbe solo far riflettere il fatto che in questo gruppo di riflessione che sta seguendo con attenzione gli spunti analitici del Presidente della Camera, sono confluiti referenti politici che non provengono dalla storia di An, che non hanno condiviso il percorso evolutivo di quello che era uno dei partiti cofondatori del Pdl.

Questi referenti, insieme all’intero gruppo dei c.d finiani hanno trovato opportuno e necessario mettere al centro della programmazione i problemi dell’Italia, o per lo meno quelli che necessitano di maggiore urgenza, mettendo magari da parte per un attimo ad esempio l’ossessiva riforma del federalismo fiscale che non poche criticità di riassetto organizzativo potrebbe comportare sul breve periodo al nostro Paese.

Non a caso questo aspetto è foriero di tutta una serie di riflessioni: l’esagerato ripiegamento strategico elettorale del nostro Partito sulla Lega, la perdita di vista dei valori fondanti ed inderogabili che hanno condotto alla nascita del partito e soprattutto l’assenza di una progettualità futura mirata a costruire nel medio-lungo periodo un percorso nuovo per il nostro Paese.

Sottolineare con la forza della propria voce e dinanzi alla platea della dirigenza del partito di cui si è parte e che si è contribuito a costruire propria il momentaneo smarrimento delle linee guida programmatiche del partito va da se che non può coincidere con il ripudio del partito stesso o con il rinnegamento del proprio leader.

Mancherebbe di logica.

E soprattutto non si può inquadrare in questo modo, la mancata sottoscrizione da parte del gruppo dei finiani del documento conclusivo dell’Ufficio di dirigenza nazionale del PdL.

In questo documento seppur siano condivisibili molti aspetti in esso tracciati, risulta poco consono il richiamo ad una leadership forte, quasi a vessillo dello stesso partito.

Sembra venir meno la definizione del tessuto del partito, quella struttura che ha contribuito a definirlo a plasmarlo in questi mesi lasciando emergere una visione di PdL come osmosi tra leader e popolo. In questa immagine dove sarebbe finito il partito? I quadri, i dirigenti, i settori e gli amministratori locali?

Crediamo in un leadership che deve e ha la forza di essere un riferimento imprescindibile per la strutturazione di un partito, ma non un baluardo che rischia di schiacciare tutto il resto.

Non sempre la salvaguardia indiscriminata di una forte leadership all’interno di una struttura o di una realtà lascia spazio al dialogo e all’armonia democratica. Ed i fatti di questi giorni stanno evidenziando proprio questo.

Alla luce di questi aspetti che voglio ribadire il mio sincero invito alla calma perché è facile alzare la voce quando tutti urlano ma è saggio restare in silenzio a comprendere cosa quelle “urla” vogliono rappresentare, per capire quali possono essere i prossimi passi da fare nel nostro partito e nel nostro settore.

Proprio a tal riguardo non nascondo ancora una volta le criticità che hanno condizionato questi primi 12 mesi di gestione del settore Italiani nel Mondo: in particolare la mancanza di attenzione ed il labile interesse che hanno accompagnato il percorso di organizzazione del comparto. Al mio entusiasmo, alla voglia di fare ed organizzare un settore nuovo e propositivo si è sempre contrapposta un sorta di mal celata noncuranza da parte del Coordinamento che ha realmente complicato la già abbondante mole di lavoro nelle nostre mani. Non possiamo trascurare queste evidenze, che non ho paura ad ammettere che sono sotto gli occhi di tutti, o almeno di chi segue il mio operato nel PdL.

In considerazione di questo trattamento certamente poco preferenziale che è stato riservato all’organizzazione del nostro settore, sarò pronto eventualmente ad accogliere una richiesta ufficiale di dimissione dal ruolo di responsabile Italiani nel Mondo, qualora questa dovesse essere formulata dal partito.

Anche in considerazione di tali non trascurabili aspetti che posso dirvi che non ci troviamo dinanzi ad un fenomeno di incoerenza politica o rinnegamento ideologico da parte di un responsabile di settore, ma semplicemente dinanzi ad un momento di approfondimento politico e programmatico, che è opportuno che vi sia per far crescere il partito ed il paese. Proprio se si considera questa come opportunità, emerge chiara l’esigenza di rimanere uniti in un momento così complesso senza vedere in questo una contrapposizione tra chi era di An e chi era di FI, – così come alcuni mediocri lettori della politica contemporanea continuano a fare – ma piuttosto come un’occasione per rivedere alcuni punti e alcune criticità tutte interne al PdL.

Credo che da questi momenti di crescita sia possibile trarre nuovi spunti e nuove energie per il partito e per il suo programma, ma bisogna avere la lungimiranza di crederci e non mollare al primo colpo, perché si è usciti fuori dal gregge i perché non si è risposto all’unisono.

Non comprendere questi aspetti equivale a dire – ahimè – che ci sfuggono le primarie regole dell’agire democratico.

On. Aldo Di Biagio

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