di Gianmario Mariniello
Visto che va di moda citare le canzoni, parafrasando Gino Paoli possiamo dire che “non eravamo quattro amici al bar”.
La riunione di oggi dei parlamentari provenienti da Alleanza Nazionale – che si è tenuta nella sala della Camera dedicata a Pinuccio Tatarella, padre indiscusso della moderna destra italiana – ha dimostrato che il Presidente Fini non è solo come avevano annunciato quelli più realisti del Re.
Più di cinquanta i parlamentari ex AN che hanno firmato il documento “finiano”. Tanti altri (e non solo ex AN) verranno. L’obiettivo è “riportare il confronto sul piano costruttivo, isolando quanti più o meno consapevolmente stanno in queste ore lavorando per destabilizzare il rapporto tra i cofondatori del Pdl. Per questi motivi confermiamo la fiducia al presidente Gianfranco Fini a rappresentare tali istanze”.
La riunione di oggi ha dimostrato quanto i “finiani” non siano un moloch che ubbidisce ciecamente al Capo, ma un gruppo di persone libere che discute, a volte litiga, ma alla fine sceglie di essere coerente con la propria storia. E con l’obiettivo futuro di avere un grande Pdl, con una missione “nazionale” e con la prospettiva di creare un vero e grande “partito degli italiani” che sappia dare al nostro Paese quelle risposte che aspetta da tanti, troppi anni. Una visione “romantica” della politica. Una visione “per” e non “contro”.
La sfida è stata lanciata: riforme economiche ora e subito, meno tasse e taglio alla spesa pubblica, una grande battaglia per il riscatto del Sud e un grande progetto politico – il Pdl – non per gestire l’oggi, ma per immaginare e governare il domani.
Nessuna scissione o voto anticipato. Gianfranco Fini ha sgombrato il campo da ogni dubbio. “Tradimento”, “voltagabbana”, “irriconoscenti” e robe simili non possono essere accuse rivolte a chi chiede un partito che discute, decide e in tal modo rafforza il Governo.
Poi c’è chi – pur provenendo da AN – ha fatto una scelta diversa. Ma questa è un’altra storia. In cuor loro sono d’accordo con Fini.