Parla l’avvocato che ha informato il New York Times sul caso Murphy. Abolire il segreto pontificio. Vaticano allo sbando

di Marco Politi

Il Fatto Quotidiano 15 aprile 2010
Inaccettabile in qualsiasi paese civile l’equazione omosessualità-pedofilia, fatta dal cardinale Bertone, è soprattutto segno di caos inquietante che regna nella cabina di comando della Chiesa cattolica. L’impressione è che la Santa Sede, celebrata per la sua millenaria sapienza diplomatica, abbia smarrito la bussola di un esercizio efficace del potere e del rapporto con l’opinione pubblica.
Non da oggi la deriva si manifesta in un papato, segnato da cicliche crisi, ma tanto più è stupefacente nel momento attuale.
L’OMERTÀ. Fermo immagine, per un attimo. Dalla sua elezione Benedetto XVI (lasciamo da parte le pagine grigie degli anni Ottanta) è impegnato in un’opera difficile di pulizia nelle incrostazioni di omertà, insabbiamenti e sistematica disattenzione verso le vittime da parte dell’istituzione ecclesiastica. Esplosi gli scandali di Irlanda e Germania, e dopo la scoperta del colpevole ostruzionismo attuato anche in Vaticano nei decenni passati, Ratzinger sta tenendo la barra su una strategia che prevede trasparenza, rigore, ascolto delle vittime, punizione dei colpevoli e loro deferimento ai tribunali statali. Nella Lettera agli Irlandesi ha fatto un coraggioso mea culpa: “In nome della Chiesa esprimo vergogna e rimorso”. E’ una missione di lunga lena, per certi aspetti rischiosa poiché tocca le strutture portanti dell’istituzione ecclesiastica e il suo funzionamento per secoli interi. E’ un traguardo, che richiede altro lavoro: nuove istruzioni, l’apertura dei vecchi dossier, un controllo costante sulle diocesi, il superamento delle ambiguità contenute nelle recenti Linee-guida dove (a ben leggere) la denuncia dei preti-predatori alle autorità civili è obbligatoria solo negli Stati dove già ora è imposta dalla legge. Dunque in Italia tutto resta affidato all’umore dei singoli presuli! NEL CAOS. E cosa succede in Vaticano mentre Ratzinger è impegnato in questo lavoro di Sisifo? Ognuno va per conto suo. Servirebbe un efficace lavoro di squadra per rendere concreta la strategia papale e convincere l’opinione pubblica. E invece trionfa l’estemporaneità, l’improvvisazione, una raffinata abilità di aprire nuovi fronti di conflitto. Ha cominciato il predicatore pontificio Cantalamessa a citare l’infelice “lettera di un amico ebreo” per proporre un’oscena equiparazione fra le critiche rivolte alla Chiesa per gli abusi sessuali e l’antisemitismo nazista. Risultato: il furore del mondo ebraico. Poi interviene il decano del collegio cardinalizio, Sodano, bollando di “chiacchiericcio” le rivelazioni dei media. Chiacchiericcio? E’ stata forse la stampa ecclesiastica a informare i lettori che centinaia di bambini sordomuti erano stuprati da un prete? Chiacchiericcio le inchieste, che hanno spinto il pontefice a accelerare la marcia verso la tolleranza zero? Risultato: due terzi degli italiani criticano l’operato della Chiesa e del Papa. Quindi nei sacri palazzi viene intonata la litania del vittimismo (che Ratzinger ha accuratamente evitato nella lettera agli Irlandesi) e dell’aggressione al cattolicesimo. Risultato: tre quinti degli americani dissentono, un quarto dei tedeschi pensa di lasciare la Chiesa cattolica, mentre la casa natale di Ratzinger viene deturpata da scritte che non sono antipapali, ma nella loro brutalità esprimono una furia montante contro l’istituzione ecclesiastica: “Fottetevi per conto vostro”, c’è scritto. E dovrebbe far riflettere sull’urgenza dell’opera di “purificazione”, cui richiamano da giorni il portavoce papale Lombardi e il cardinale Bagnasco (in questo esatti interpreti della linea di Benedetto XVI). Come se non bastasse, nel pieno di una crisi di credibilità senza pari per la Chiesa in epoca contemporanea, il Segretario di Stato Bertone apre un nuovo fronte con l’effetto di scatenare oltre l’indignazione delle organizzazioni omosessuali (e di milioni di gay cattolici) la condanna del governo del filo-cattolico Sarkozy, la ripulsa bipartisan dei cileni compresi i democristiani, l’asciutta smentita persino dell’associazione degli psichiatri cattolici italiani: “Non c’è nessun legame tra pedofilia e omosessualità”.
LA SANTA SEDE. Sbalorditi i diplomatici accreditati presso la Santa Sede e gli osservatori di cose vaticane si chiedono come tutto ciò sia possibile. Sarebbe preferibile, al limite, che simili dissonanze fossero frutto – come a volte accadeva in passato – di scontri interni alla Curia tra linee politiche e religiose differenti. Ma la realtà è più banale, sconsolatamente. Manca ai vertici della Chiesa – non da oggi – una guida coordinatrice ferma che sappia cogliere costantemente il polso dell’opinione pubblica, tenere presente il quadro della situazione geopolitica, concentrare gli sforzi della macchina curiale sull’obiettivo primario. Continua a mancare chi sia in grado di consigliare il Papa che non basta un intervento o un documento ben calibrato per soddisfare una tantum bisogni ed emergenze prodotte da una crisi. Il governo di un miliardo e duecento milioni di fedeli non è “definibile” a tavolino come un trattato teologico. Esige una leadership ininterrotta e un contatto costante con le proprie comunità e la società contemporanea. Non è questione di tecnica della comunicazione, come spesso si sente. E’ un problema di scoordinamento del governo, che accompagna il pontificato dai primi suoi passi. Papa Ratzinger, impegnato nella battaglia che più gli sta a cuore, ne è tragicamente la vittima. Ma in ultima analisi la responsabilità dell’organizzazione della leadership ricade su di lui.

Segreto pontificio da abolire.
di Paolo Flores d’Arcais
Il Fatto Quotidiano 15 aprile 2010.
Negli ultimi tre decenni, la Chiesa gerarchica di Papa Wojtyla e di Papa Ratzinger ha denunciato a polizia e magistratura i casi di pedofilia ecclesiastica di cui veniva a conoscenza? Questa è l’unica domanda da porre, se si vuole affrontare davvero il “chi” delle responsabilità per la tragedia di decine di migliaia di bambini violentati da sacerdoti cattolici. Una domanda che in Italia nessuno avanza (lo ha fatto solo questa testata), ma che all’estero arriverà perfino in alcuni tribunali, visto che negli Usa esiste un reato assai grave che si chiama “ostruzione di giustizia”. La risposta alla domanda è purtroppo un rotondo no. La Chiesa di Wojtyla e di Ratzinger non ha mai denunciato al “braccio secolare” i delitti di pedofilia che avvenivano tra i suoi pastori. L’altro ieri la sala stampa vaticana ha spiegato che fin dal 2003 esistevano procedure operative mai rese pubbliche e attribuibili all’allora cardinal Ratzinger, riassunte in un testo di “linee guida” messo online sul sito ufficiale della Santa Sede, secondo cui “si deve sempre seguire la legge civile per quanto riguarda la denuncia dei crimini alle appropriate autorità”. La maggior parte dei quotidiani semplifica un apologetico: si denunci sempre alle autorità civili! Le cose non stanno così. Le “linee guida” sono un testo anonimo e privo di data, scritto in inglese. Testo non solo segreto (“mai reso pubblico”) ma evidentemente informale e rivolto al massimo a una o più diocesi di lingua inglese. I paesi che impongono a chi non sia pubblico ufficiale di denunciare un reato di cui venisse a conoscenza non sono molti (ancor meno se il reato è prescritto). Il Vaticano riesce così a far credere – senza una vera e propria menzogna – di aver sempre denunciato i preti pedofili alle autorità statali. Siamo agli antipodi del “il tuo dire sia sì sì, no no, perché il di più viene dal maligno” che leggiamo nel Vangelo (Matteo 5,37). E soprattutto: nessuna denuncia è mai stata fatta. Se quel documento fosse stato davvero operativo, la vera notizia sarebbe che da sette anni tutti i vescovi del mondo disobbediscono al Papa e al suo Prefetto della Congregazione per la difesa della Fede. Uno scoop da premio Pulitzer. Credenti e non credenti aspettano perciò l’unica azione necessaria: che il “segreto pontificio” venga abrogato e sostituito con “motu proprio” dall’obbligo di denunciare sempre il prete pedofilo (anche quando per la legge è solo facoltativo) e che gli archivi vengano consegnati alla magistratura. Il resto è ipocrisia.

Jeff Anderson: “tutti i processi ai preti pedofili portano a Roma”
Parla l’avvocato che ha informato il New York Times sul caso Murphy
intervista a Jeff Anderson a cura di Alessandra Cardinale
Il Fatto Quotidiano 15 aprile 2010

“Tutti i processi portano a Roma. E Roma deve agire”. Schietto, anche quando si parla di faccende private, Jeff Anderson è l’avvocato che ha fornito al New York Times i documenti sul caso di Lawrence Murphy, il prete pedofilo di Milwaukee, chiamando in causa anche Papa Benedetto XVI.
Dal suo studio legale nel cuore di St. Paul in Minnesota ha difeso centinaia di vittime di abusi sessuali, di “survivors” come li chiama lui. Mentre attende il verdetto della Corte Suprema di Washington che deve giudicare sull’ammissibilità della discussione in un tribunale federale del caso di un prete nell’Oregon, l’“avvocato del diavolo” – come amano definirlo i suoi nemici – lavora contemporaneamente ad altri fascicoli, “ogni giorno ci arrivano testimonianze nuove”, dice. Ex ateo, ora vicino alla Chiesa Luterana, padre di sei figli avuti da due matrimoni e che, ci tiene a specificare, “sono tutti cresciuti nelle parrocchie di quartiere”, Anderson liquida le insinuazioni che lo vorrebbero legato a sedicenti movimenti sionisti con un “non ne so nulla” e a quelli che lo accusano di essere uno spietato businessman risponde secco, “non lo faccio per i soldi”.
Avvocato Anderson, la sua prima causa contro la Chiesa cattolica risale al 1983. Da allora ha portato nei tribunali americani centinaia di casi di preti pedofili. Cosa la motiva ad andare avanti? Dal 1983 lavoro con la stessa abnegazione a ciascun caso che decido di difendere. Sono oltre 200 le cause che ho intentato contro preti, vescovi e cardinali e, di certo, non smetterò ora. Dopo aver visto le ferite dei bambini abusati sessualmente da persone di cui si fidavano ciecamente e dopo aver assistito ai perduranti tentativi di insabbiamento da parte di molti nel clero non mi tiro indietro.
L’obiettivo principale del mio lavoro è quello di difendere i minori, tentando nel mio piccolo di regalargli una speranza e di proteggere altri ragazzi da eventuali abusi a cui potrebbero essere sottoposti.
Sono in molti a considerarla un uomo di affari che ha finora guadagnato oltre 60 milioni di dollari strappati alle diocesi americane. Lei come risponde? Rispondo sempre allo stesso modo a queste basse insinuazioni: non lo faccio per soldi. Ma perché alcuni devono pagare per le sofferenze inflitte a degli innocenti. Punto.
Com’è arrivato in possesso dei documenti pubblicati dal New York Times? Negli Usa è possibile obbligare l’arcidiocesi a produrre le documentazioni necessarie perché un procedimento civile non venga arrestato. Questo, in sostanza, è quello che ho fatto. Non è una procedura facile né veloce. Abbiamo infatti impiegato circa due anni per ottenere quei documenti, che ho poi deciso di inviare al New York Times perché l’opinione pubblica ne fosse informata.
Pensava di suscitare tutta questa attenzione mediatica? Francamente no. Non mi aspettavo una tale copertura da parte dei media. Ma ritengo che sia un bene nonostante possa provocare nelle vittime degli inevitabili traumi; l’opinione pubblica deve venire a conoscenza della verità e diventare consapevole dei danni che alcuni religiosi hanno arrecato a centinaia di bambini.
Prima ha detto di aver visto molto spesso membri del clero insabbiare e coprire il reato di pedofilia. Cosa intendeva dire? Lavoro sui casi di pedofilia dal 1983 e ogni volta gli appartenenti al clero hanno sempre lo stesso identico atteggiamento di fronte a queste tragedie, vale a dire vogliono a tutti i costi mantenere tutto segreto al fine non di proteggere le vittime ma la propria reputazione. Su 200 cause intentate contro la Chiesa, le volte che preti, vescovi o cardinali hanno collaborato possono contarsi sul palmo di una mano. La tendenza generale è di voler nascondere gli abusi.
Alcuni ritengono che lei abbia legami con il movimento sionista.
Guardi, non ne so nulla. Tra l’altro i figli del mio primo matrimonio sono cattolici mentre gli altri tre avuti con la mia attuale moglie frequentano la Chiesa Luterana. Vorrei fosse chiaro che la mia battaglia in favore delle vittime di abusi sessuali non ha niente a che vedere con la religione o altre ideologie. E tengo anche a precisare che non c’è niente di personale contro Papa Benedetto XVI. Il mio obiettivo da 25 anni è sempre lo stesso: difendere al meglio le vittime, tentare di far sì che non si ripetano tali tragedie e obbligare la Chiesa a prendere delle misure efficaci e tempestive nei confronti dei colpevoli.
Ha mai ricevuto minacce o pressioni? Sì, ricevo alcune minacce via mail. Forse un paio al giorno ma in compenso ogni giorno ne ricevo centinaia di sostegno e di incitamento a continuare.
Qual è il suo obiettivo? Crede davvero di riuscire a trascinare in un’aula di tribunale il Papa? Voglio che il Vaticano sviluppi un’efficace e tempestiva politica di protezione nei confronti dei minori. Tutti i processi portano a Roma. Ed è a Roma che vanno cambiate le carte in tavola. Mi riferisco a tutta la legislatura del diritto canonico che prevede il ricorso al silenzio per evitare scandali che possano mettere in difficoltà l’istituzione Chiesa e lo stesso Stato del Vaticano. Ripeto non ce l’ho con questo Papa ma con la struttura giuridico-legislativa che presiede. Non penso che l’attuale Papa sia meglio o peggio del suo predecessore, Giovanni Paolo II e come lui tutti gli altri.
Tutti hanno agito sotto la stessa copertura giuridica, a mio avviso antiquata e, nello specifico degli abusi sessuali, totalmente irresponsabile.
Avvocato Anderson, perché soltanto ora le sue accuse arrivano fino a Roma? Perché non prima visto che lei si occupa da anni di questa tipologia di reati? Non è vero. Nel 2002 abbiamo fatto causa al Vaticano. Dunque, non è la prima volta. Probabilmente ora se ne parla con più tranquillità e l’opinione pubblica sembra sia più interessata al problema. Nel passato sono riuscito a far testimoniare tre cardinali e dozzine di vescovi. Questi non sono dettagli ma grandi passi avanti da non trascurare.
Lei è ateo? Lo sono stato per anni. E’ difficile mantenere la fede dopo tutto quello che si vede. Ma da tempo mi sono riconciliato con la religione.

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