La diossina è nel Sacco

Ad Anagni, in provincia di Frosinone, un’ordinanza vieta il consumo di frutta, ortaggi e pollame da oltre un anno. I rilievi della Asl hanno portato alla luce la presenza di una sostanza altamente cancerogena

Il pericolo diossina incombe su Anagni. Nel piccolo Comune in provincia di Frosinone il rischio è noto da più di un anno ma la notizia non ha trovato spazio sui mezzi di informazione nazionali. Il settimanale left Avvenimenti, in edicola domani, ha dedicato ampio spazio alla vicenda, tentando di fare luce su quelli che sono i misteri della Valle del sacco. L’allarme è par-tito il 25 marzo del 2009, quando dallo stabilimento di produzione di pneumatici dell’azienda Marangoni spa si alza una nube di fumo nero che spaventa i cittadini. Un incidente provoca la fuoriuscita di Carbon black, sostanza utilizzata per la pigmentazione e il rafforzamento delle gomme, che si deposita su case e terreni. All’indomani dell’episodio, la Asl dispone alcuni rilevi. Dalle analisi di alcuni campioni animali e vegetali emerge la presenza di diossina, non riconducibile però all’incidente verificatosi nell’impianto della Marangoni. Immediata scatta l’ordinanza dell’allora commissario straordinario al Comune di Anagni ernesto Raio, che vieta la «raccolta e il consumo di ortaggi, frutta, uova e pollame in un raggio di 500 metri dalla località Quattro strade ». Ordinanza che, nonostante le successive modifiche, è tuttora in vigore, ribadita a più riprese dall’attuale sindaco Carlo Noto. Dopo oltre un anno non è ancora stata identificata la fonte di una contaminazione che mette in pericolo la salute dei cittadini. La Marangoni ha sempre smentito i sospetti che la riguardavano. A parte l’incidente, infatti, l’azienda è proprietaria anche di un impianto di incenerimento di pneumatici. «Qualsiasi processo di combustione produce diossina», ha spiegato stefano Raccanelli, chimico ambientale, responsabile del Laboratorio microinquinanti organici del Consorzio interuniversitario nazionale “La Chimica per l’Ambiente”. Ma l’impresa ribatte, per voce del dottor Gerardo Magale: «Dai nostri camini quella sostanza non è mai uscita. La fonte non siamo noi, è da cercare altrove: nei pollai appartenenti a due famiglie che abitano qui di fronte. La causa è il mangime». Ma i dubbi restano. Anzi, la situazione potrebbe aggravarsi, visto che la Marangoni vorrebbe trasformare il proprio impianto di smaltimento in un inceneritore di car fluff (i rifiuti che restano dalla demolizione delle automobili). se la Conferenza dei servizi, prevista alla fine del mese, concedesse l’Autorizzazione integrata ambientale, sarebbe il primo impianto del genere in europa e il secondo al mondo. La Marangoni ha già avuto modo di sperimentare questo sistema di incenerimento e sostiene di aver giàle carte in regola per procedere alla definitiva conversione, visto che i parametri ambientali sono risultati a norma. Piccolo particolare: il controllo ha riguardato esclusivamente otto ore su un totale di 8mila. sulla faccenda è intrevenuto anche il sindaco Carlo Noto che ha espresso le proprie perplessità in merito: «Al momento, per le conoscenze di cui dispongo, non posso accettare il car fluff». I cittadini, riuniti nella Rete per la tutela della Valle del sacco, hanno intanto attivato una raccolta firme per impedire la realizzazione di ciò che considerano l’ennesimo disastro ambientale.

Rossella Anitori
Rocco Vazzana
TERRA

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