di Alessandro Gallucci
E’ usuale effettuare interventi di manutenzione sulle parti comuni di un edificio in condominio.
Molto spesso, per intervenire su tali parti, e’ necessario accedere alle proprieta’ esclusive dei singoli condomini.
L’esempio, piu’ classico e ricorrente nella prassi quotidiana, e’ quello che vede la necessita’ di montare i ponteggi nel giardino di pertinenza esclusiva di un comproprietario per poter effettuare dei lavori sulla facciata.
Solitamente il condomino interessato “storce il naso” davanti ad una simile richiesta e non e’ raro sentir obiettare che quegli stessi interventi possono essere effettuati in maniera diversa.
Prima di osservare come la questione e’ regolata a livello legislativo e’ necessario evidenziare che, nel caso di esecuzione di lavori, l’obbligo di accesso ad un’unita’ immobiliare che sia contenuto nel regolamento condominiale di origine contrattuale, deve essere rispettato da tutti quei condomini che abbiano accettato quel regolamento. L’accettazione non e’ necessaria se il regolamento contrattuale e’ trascritto nei pubblici registri immobiliari.
In assenza di questo tipo di regolamento, qual e’ la norma cui fare riferimento?
L’art. 843 del codice civile, che regola l’accesso al fondo, recita:
“Il proprietario deve permettere l'accesso e il passaggio nel suo fondo, sempre che ne venga riconosciuta la necessita’, al fine di costruire o riparare un muro o altra opera propria del vicino oppure comune. Se l'accesso cagiona danno, e’ dovuta un'adeguata indennita’. Il proprietario deve parimenti permettere l'accesso a chi vuole riprendere la cosa sua che vi si trovi accidentalmente o l'animale che vi si sia riparato sfuggendo alla custodia. Il proprietario puo’ impedire l'accesso consegnando la cosa o l'animale”.
Partendo dall’ultimo comma che non fa riferimento alla fattispecie dei lavori, ma che e’ altrettanto importante, e’ utile sottolinearne l’utilita’ pratica in ambito condominiale.
Il caso emblematico e’ quello della caduta accidentale di biancheria ed altre simili cose dai piani superiori a quelli inferiori di proprieta’ esclusiva.
In simili circostanze il condomino e’ tenuto a consentire l’accesso per il ritiro delle cose altrui o a metterle comunque a disposizione.
I primi due commi sono, invece, strettamente connessi con le questioni inerenti l’esecuzione d’interventi sulle parti comuni.
La legge dice che il condomino e’ tenuto a dare accesso e passaggio sulla sua proprieta’ individuale, purche’ ne sia riconosciuta la necessita’.
In sostanza, quella dell’occupazione momentanea dello spazio privato deve essere, se non l’unica, quanto meno la soluzione di piu’ facile attuazione.
Nel caso di mancanza di accordo tra le parti, la valutazione dei requisiti per concedere il passaggio dovra’ essere svolta in sede giudiziaria.
La Corte di Cassazione, in piu’ occasioni, infatti, ha evidenziato che “ai fini della riconosciuta necessita’, cui l’art. 843 c.c. subordina la concessione dell’accesso sul fondo altrui, occorre che il giudice del merito proceda ad una complessa valutazione della situazione dei luoghi, al fine di accertare se la soluzione prescelta (accesso e passaggio per un determinato fondo altrui) sia l’unica possibile o, tra piu’ soluzioni, sia quella che consente il raggiungimento dello scopo (riparazione o costruzione) con minor sacrificio sia di chi chiede il passaggio, sia del proprietario del fondo che deve subirlo” (cosi’ Cass. n. 3494/75).
Quanto al significato del secondo comma (relativo all’indennita’) la situazione non e’ pacifica.
Due le tesi che si contendono il campo: l'una ritiene che l'indennita’ debba essere liquidata solo in caso di danni, poiche’ l'accesso al fondo del vicino, per la esecuzione di un'opera, permette implicitamente che l'accesso sia accompagnato dal deposito di cose strumentali all'esecuzione dell'opera, con il conseguente obbligo del depositante di provvedere, a sua cura e spese, al ripristino dello status quo ante, di tal che collega l'indennita’ all'ipotesi di danni ulteriori oltre quelli connessi alla semplice occupazione del suolo; l'altra ritiene che l'obbligo imposto dall'art. 843 c.c., al proprietario di consentire al vicino l'accesso al suo fondo per la costruzione o riparazione di un'opera e la corrispondente facolta’ riconosciuta al vicino di accedere al fondo attiguo allo stesso fine, hanno natura di limitazioni legali della proprieta’ e intende, invece, l'indennita’ come preventiva liquidazione del danno che potrebbe derivare al proprietario del fondo dal passaggio e dal protrarsi dell'occupazione.
Orbene, atteso che la dottrina dominante considera l'obbligo del proprietario di consentire l'accesso o il passaggio del vicino come espressione di un'obbligazione propter rem, appare piu’ confacente alla lettera della legge, considerare l'espressione “indennita’” in riferimento ad un danno provocato da liquidarsi in via equitativa, fermo restante l'obbligo del vicino di ripristinare lo stato dei luoghi ad opera finita”(cosi’ Cass. 27 gennaio 2009 n. 1908).
In pratica ad oggi, seppure senza la certezza assoluta, si puo’ affermare che il proprietario dell’appartamento che subisce l’accesso ed il passaggio nella sua proprieta’ ha diritto ad essere indennizzato preventivamente per il disagio subito.
Un’ultima annotazione: la norma non si applica solo nei rapporti condominio –condomino ma anche in relazione ai rapporti tra singoli comproprietari.