Bersani ha condiviso lo spirito con cui è stato aperto il convegno degli imprenditori, “concretezza e semplicità” per risolvere le difficoltà del Paese. In effetti, ha ribadito il leader democratico, c'è l'urgenza di “fare qualcosa”. Nessun pessimismo ma qualche preoccupazione che ci spinge a “fare di più, e a farlo insieme, per il Paese”. Il pensiero delle riforme non può essere diviso dalla politica economica, anzi deve essere spinto da uno spirito univoco e far parte dello stesso modo di agire: “essere parti dello stesso sforzo”.
Dati alla mano, il Pil pro capite è fermo dal 2007 e ben al di sotto della media dell'area Euro. Lo stesso vale per la produzione industriale, dove fatta 100 la base del 2005, ora noi siamo al 87,9 sempre sotto i parametri europei a 92.
Insomma è necessario darsi una mossa perché “stare fermi non è una strategia” ha ribadito Bersani. “I polmoni delle Pmi non potranno reggere in apnea per molto tempo. La frusta della crisi si fa sentire in modo particolare da noi, perché si collega a problemi precedenti che altri avevano in misura minore e che prevede per noi un tempo più lungo di rientro nella crisi fa una previsione che può avverarsi se non la correggiamo con l'azione”. E nell'ottica internazionale i processi mondiali non ci staranno ad aspettare. Con la crisi economica, il motore trainante internazionale, quello anglosassone è andato fuori uso. Tocca ora all'Europa cogliere questo momento per riattivare la domanda e sostenere la crescita potenziale. L'Italia, con voce condivisa e univoca, dovrà puntare proprio all'Europa e seguirne la strada. In tal senso, ha ricordato Bersani, “il controllo della spesa pubblica è un vincolo non un obiettivo”.
Ma nello stesso tempo si dovrà favorire la ripresa dei consumi: ridare un po' di soldi in tasca agli italiani per la ripresa economica e per bloccare l'inflazione. L'Italia ha visto crescere l'inflazione in maniera costante negli ultimi anni tranne nel periodo – del governo Prodi – quando vennero applicate le liberalizzazioni. In quel periodo, il governo di centrosinistra, in soli 2 anni, finanziò oltre 12 miliardi per facilitare la crescita e sostenere gli ammortizzatori sociali.
Ma è proprio in questo momento di difficoltà nazionale che emerge la preoccupazione maggiore: “è mancata la discussione sui temi di fondo della politica economica. Su come affrontare, insieme,la crisi. Perché la democrazia ha anche a che fare con l'economia”.
Ma da luglio del 2008 il governo ha seguito una strada senza ascoltare nessuno addirittura negando la presenza della crisi. “Non ci siamo mai trovati d'accordo – ha ribadito Bersani – con i discorsi prima catastrofici poi risolti come nuvole passeggere al punto da arrivare a dire che non ci fosse nulla da fare per risolvere la crisi. L'Italia, invece, ha sempre dimostrato che davanti ad un problema se lo mangia”. Davanti alla politica soporifera il governo ha detto di affidarsi allo “stellone” ma tutti sappiamo bene che non esiste.
Il pericolo maggiore è quello che la parola Riforma si traduca poi con la vacuità del del termine dialogo. Se si parla di riforme istituzionali, il Pd le sue proposte le ha consegnate già molto tempo fa in Commissione Riforme istituzionali: “le vogliamo discutere? La sede giusta per discutere di riforme è il Parlamento. Per quelle economiche e sociali io vado ad Arcore anche a piedi, con idee nuove, purché dall'altra parte si riconosca che se hanno governato sette anni su nove non è che possono dare sempre la colpa agli altri”.
Quindi una battuta sulla presunta riforma sul presidenzialismo voluta da Berlusconi. “In un
paese nel quale il tessuto unitario fa fatica a tenere, in una fase in cui spingiamo verso un federalismo molto spinto, possiamo affidare l'unico elemento di coesione e garanzia alla contesa politica”?
Il Pd è pronto a fare la sua parte: un'iniziativa normativa sulla concorrenza in applicazione con quanto auspicato dall'antitrust e in materia di federalismo fiscale, Bersani auspica una sorta di Maastricht fiscale. “Il modo migliore per abbassare le tasse è pensare a una riallocazione, innanzitutto fra chi paga e chi non paga. È necessaria Maastricht della fedeltà fiscale in modo che quello che si recupera va a finanziare investimenti sul lavoro e sull'impresa. Ma su questo è necessario anche mettere qualche paletto di principio: tutte le volte che l'opposizione ragiona così la maggioranza dice che noi vogliamo mettere le tasse. E invece no, noi le vogliamo abbassare''.
Per Bersani, dunque, “per fare le riforme ci vuole il Parlamento. Capisco che è una parola oggi non popolare. Ma il Parlamento è il luogo della libertà di tutti e se si zittisce quel luogo anche il rapporto con i soggetti sociali diventa asfittico e condizionato, così come il rapporto con l'informazione”.
“L'agenda la fa uno solo, ma questo non va bene, non è salute perché l'agenda deve venir fuori dalle esigenze del Paese. Se non fosse così sarebbe un problema. Negli ultimi due anni il Parlamento viene riunito solo per discutere di decreti legge o fiducie, per il resto non c'è niente da fare”.
“Sia chiaro – ha concluso Bersani -, non ci preoccupa il confronto ma la chiacchiera inconcludente del cosiddetto dialogo che allontana tutta la politica dalla società ed è pericoloso per tutti, anche per noi che non ce ne sentiamo corresponsabili. Il Pd non si tira indietro perché a noi interessa dimostrare che lavoriamo per il Paese con le nostre idee, potendo dire in trasparenza su questo siamo d'accordo, e lo motiviamo, questo non ci interessa, e lo motiviamo”
A.Dra