Abruzzo: gli strumenti e le motivazioni

di Carlo Costantini

Quella di oggi doveva essere la giornata della memoria, ma purtroppo anche oggi, come avviene ormai da un anno, i rappresentanti del governo hanno ripetuto che dissentire equivale ad infangare.

Lo ha ripetuto il Presidente del Consiglio, sottolineando che all'Aquila ed in Abruzzo c'e' chi ha voluto infangare il lavoro di chi ha prodotto risultati da record.
Io resto convinto del fatto che le manifestazioni di dissenso costituiscono un diritto per i cittadini ed addirittura un dovere per chi i cittadini e' chiamato a rappresentare nelle istituzioni.
E sono, inoltre, convinto che le manifestazioni di dissenso costituiscono l'unica risposta possibile, quando le decisio ni vengono calate dall'alto, senza garantire partecipazione dei cittadini o delle istituzioni piu' vicine ai cittadini.

In Consiglio Regionale non ho mai avuto la possibilita' di esprimermi a favore o contro il progetto C.A.S.E. e non ho mai avuto la possibilita' di proporre e di sostenere una soluzione alternativa.
E sono certo che una analoga possibilita' non sia stata concessa ne' ai consigli comunali dei Comuni del cratere, ne' al Consiglio Provinciale.
Tutto e' stato deciso in assoluta solitudine ed in totale distacco dal territorio dai vertici di governo e protezione civile, che oggi non a caso, con sempre maggiore frequenza, intervengono per intorbidire le acque e per mescolare o confondere le responsabilita'.

Questi dodici mesi mi hanno convinto del fatto che fino ad oggi all'Aquila non si e' lavorato per gli “strumenti” e per le “motivazioni”.

Per “strumenti” intendo i soldi messi nelle tasche dei cittadini aquilani, di chi deve ricostruirsi una casa o una azienda, soldi che fino ad oggi hanno visto in pochissimi ed in misura assolutamente insufficiente.

Per “motivazioni” intendo, invece, la convinzione di poter ripartire; una convinzione che di certo non si e' ingenerata nelle 25.000 persone che non sono potute tornare stabilmente in Citta' e che neppure si e' ingenerata nelle 15.000 persone che una casa la hanno avuta gia' pronta, ma che forse proprio per questo con maggiore difficolta' si renderanno disponibili, in tempi brevi, a mettersi le mani in tasca per ricostruirsi la propria distrutta; o comunque lo faranno senza una particolare fretta.

Il Progetto C.A.S.E. – oltre a tutti i limiti e le debolezze gia' denunciate – ha inciso in modo negativo anche sugli “strumenti” e sulle “motivazioni” ed ha profondamente indebolito, in partenza, le possibilita' che la Citta' riparta in tempi brevi.
Un miliardo e piu' speso per le C.A.S.E. e le decine di milioni di euro spesi per assicurare la permanenza negli alberghi di chi era in attesa di una C.A.S.A. avrebbero consentito di mettere immediatamente (ovviamente con tutti i vincoli e le prescrizioni del caso) nella tasche di ciascun nucleo familiare oggi alloggiato nelle C.A.S.E. la somma di quasi 200.000,00 euro, in aggiunta a quanto lo Stato dovra' comunque sborsare per contribuire alla sistemazione dei danni alle case prodotti dal terremoto.

Analogamente, una soluzione diversa, magari attuata senza l'uso del cemento armato e solo per questo meno costosa e molto piu' veloce da realizzare, avrebbe consentito di riportare in poco tempo tutti gli aquilani in Citta', vicini alla propria casa, alla propria azienda, tenendo alte le motivazioni ideali ed identitarie che costituiscono – come la storia ci insegna – il presupposto ineludibile per vincere una sfida cosi' complessa e difficile.

Questo, ad esempio, e' dissenso, non e' fango!
E' dissenso motivato che mi e' stato impedito di esprimere in una sede istituzionale, il Consiglio Regionale, da 12 mesi letteralmente espropriata di ogni potere decisionale.
E proprio la perpetuazione di questo esproprio della democrazia costituisce il maggiore pericolo anche per il futuro.

E' giunto il tempo che le decisioni piu' significative vengano prese dalle istituzioni locali e dai cittadini o, almeno, sentiti i cittadini.

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