La Meglio Italia all’estero
Organetto, bombachas e melodia
Renato Borghetti è il musicista più noto in Brasile. La sua passione per la fisarmonica è iniziata ad appena 12 anni e testimonia le sue profonde radici italiane.
Quindici anni fa è stata pubblicata una sua biografia. E c’è un’azienda che produce parrucche alla “Borghetti”. A chi risulta difficile credere che Renato Borghetti, nato nel 1963 a Porto Alegre, sia il musicista più conosciuto in Brasile, questi dati potranno aiutare ad essere meno diffidenti. “A 12 anni mi regalarono un organetto, no, non per farmi suonare, ma semplicemente giocare. Era un acordeon di otto bassi. Solo dopo due anni ho scoperto che da quel giocattolo usciva musica. Così ho cominciato a suonare”, e non ha più smesso. Una vita piena di musica, quella di Renato Borghetti, “musica che viene dalla regione in cui sono nato, il Rio Grande do Sul, una musica strumentale con tutte le influenze dell’emigrazione europea, africana e degli indios”.
Nell’84 entra in sala di incisione e subito vende 100mila copie. Fino ad oggi Borghetti ha inciso 23 Cd, senza contare il rimpianto vinile, ed è il primo brasiliano ad aver vinto il disco d’oro e poi quello di platino con un Cd strumentale. Con l’ultimo lavoro, “Fandango”, ha vinto il Premio Açorianos (Porto Alegre) come migliore Cd e Dvd dell’anno e ha conquistato la nomination al Grammy Latino nel 2008; lo stesso Cd è inciso in Europa con l’etichetta Felmay. Altra tappa nel 2009, quando Borghetti è selezionato per un live showcase al Womex di Copenhagen, il più grande salone per la World Music.
Renato Borghetti è una figura quasi leggendaria, dal profilo inconfondibile grazie ad elementi che lo rendono immediatamente riconoscibile anche a luci spente. Quando sale sul palco, tutti identificano in quella figura che avanza, pronto a regalare magia, il grande musicista. Sarà il cappello, i bombachas, tipici pantaloni da gaucho, la fisarmonica ed i lunghi capelli…che, dicono i suoi intimi, lo aiutano a nascondere la timidezza. O sarà il tocco davvero unico delle sue mani sui tasti. Tocco, forse è giusto definirle “carezze”, perché la melodia che Borghetti sa emanare da quello strumento è davvero ammaliante, ed immediato si “accende” l’applauso. Borghetti riesce a dare alle sue esibizioni ogni volta un colore, un’emozione diversa, in un misto di “antico” e moderno, magari duettando con altri grandi artisti (o “duellando”, così hanno scritto) come Yamandù Costa, definito “la chitarra brasiliana”.
Negli ultimi cinque anni è venuto spesso in Italia per suonare, “l’ultimo concerto lo scorso anno. Stiamo ora preparando la prossima tournée”. Per ora già fissate alcune date a Trento e in provincia di Piacenza, mentre un altro Paese diventato quasi la sua “terza” Patria, è l’Austria. Anche qui i suoi concerti sono sempre seguitissimi. Il suo primo Cd europeo Gaúchos (Quinton Records, Vienna) risale infatti al 2005 e gli vale la nomination al Preis der Deutschen Schallplattenkritik.
Numerosi i “maestri” brasiliani che si sono avvalsi della sua particolarissima musica. Per quanto riguarda gli artisti italiani “ammiro molto il lavoro di Riccardo Tesi, con cui ho anche una grande amicizia, sono in contatto con Mirco Pattarini e conosco la passione, l’amore di Stefano Bollani per la musica brasiliana, sarebbe interessante un incontro con lui”. E quando chiediamo quanto c’è di italiano nella sua musica, Borghetti risponde: “Mio nonno è di Goito, in provincia di Mantova, sono stati gli italiani a portare il mio strumento a Rio Grande do Sul, ed ancora oggi le fisarmoniche realizzate dai discendenti sono le migliori. Può bastare per far capire quanto profonde siano le radici italiane nella mia musica?” Può bastare.
Giovanna Chiarilli – IL PUNTO