BERLUSCONI: Offensivo parlare di successione

L’intervista rilasciata dal Presidente Silvio Berlusconi al quotidiano “La Stampa”, pubblicata martedì 23 marzo 2010

Presidente Berlusconi, siamo agli sgoccioli della campagna. Rimpianti?
“No, lo stato d’animo è positivo. Naturalmente sono rammaricato che tutti questi interventi della magistratura ci abbiano impedito di ricordare agli italiani quanto di miracoloso ha fatto il governo in questi due anni, e anche i nostri progetti per i prossimi tre. E’ per questo che sono sceso in campo io personalmente”.

Sperava che non ce ne sarebbe stato bisogno?
“Pensavo che non fosse necessario. E non lo sarebbe stato senza questi attacchi, uno dietro l’altro”.

Stanco?
“No, anzi, in piena forma. Mi sfidi sui cento metri e se ne accorgerà”.

Parliamo della crisi che i governi non riescono a debellare, e il suo non fa eccezione. Dobbiamo accontentarci di evitare un default tipo Grecia?
“In verità il default lo avremmo rischiato se avessimo seguito i suggerimenti irresponsabili dell’opposizione. E’ un grande merito del nostro governo aver saputo gestire la crisi mantenendo i conti pubblici in sicurezza ed evitando di creare situazioni di disagio sociale”.

Le famiglie però soffrono, non parliamo poi delle imprese…
“Lo so. Ma sono convinto che il peggio sia ormai alle nostre spalle. Abbiamo varato venerdì un decreto incentivi che ha lo scopo di rilanciare i consumi, dare ossigeno alle famiglie, aiutare le imprese a ripartire. Stiamo lavorando a un grande piano di infrastrutture. Ha cominciato proprio in questi giorni l’iter in Parlamento un disegno di legge governativo sulla semplificazione, che significherà minori costi per le imprese e i cittadini, stimati in 750 milioni di euro…”.

Può dare garanzia che una riforma delle aliquote entrerà in vigore entro il 2013?
“Certamente sì. Dovremo graduarla, come è logico, in relazione all’andamento della situazione economica. Ma io sono convinto che una riforma delle aliquote sia anche uno strumento fondamentale per favorire la ripresa. Certo, non metteremo in pericolo la stabilità dei conti pubblici”.

Tra le Regioni in bilico c’è il Piemonte. Cosa cambierebbe, nei rapporti con il suo governo, se vincesse Cota anziché la Bresso?
“Avremmo una Regione più impegnata a lavorare per i cittadini, e meno opposizione preconcetta al governo nazionale. Avremmo una maggioranza con le idee chiare, e non una coalizione, come quella di sinistra, divisa su molte cose. Sono emblematici i contorcimenti ai quali è stata costretta la Regione per esempio sulla questione della Tav. Cota è la persona giusta per togliere il Piemonte dall’isolamento e dalla sostanziale marginalità ai quali è stato condannato dalla sinistra”.

Tra un anno si vota per il Comune di Torino…
“Il Pdl ha già il suo candidato. È un uomo che ama il Piemonte e ha già dimostrato di essere un bravissimo amministratore: Enzo Ghigo”.

Non teme che l’appetito della Lega, invece di placarsi, in futuro aumenterà sempre più?
“Il problema non esiste. Bossi è un alleato leale, al quale mi unisce non soltanto una comune visione di tanti aspetti della politica, ma anche un’autentica vicinanza personale. Se la Lega si rafforzerà, questo significherà la crescita di un partito della maggioranza, e quindi il rafforzamento del governo”.

Comunque rappresenta una sfida…
“Certo, una sfida. Ma costruttiva, alla quale dobbiamo rispondere non certo in modo polemico ma correndo come e più di loro”.

Le tensioni con Fini disorientano i vostri elettori. Come venirne a capo?
“Di tensioni con Fini si legge soprattutto sui giornali. E’ assolutamente fisiologico che in un partito che rappresenta il 40 per cento degli italiani esistano posizioni diverse. Guai se fossimo unanimi su tutto. L’importante, però, è essere uniti. In un partito democratico, come il Pdl, ci si confronta, si discute, quando è necessario si vota. E poi, una volta deciso, tutti hanno il dovere di appoggiare lealmente fino in fondo la decisione assunta. Io stesso non ho condiviso alcune scelte, negli ultimi mesi, ma ho accettato e sostenuto quello che gli organi del Partito hanno deciso. In questo sistema anche le posizioni minoritarie hanno piena cittadinanza”.

Dopo di lei, chi verrà?
“Trovo offensivo parlare di futuro con un leader che è, ripeto, in piena forma e con un indice di apprezzamento al 62 per cento. Ma si rendono conto o no, questi signori, di che cosa vuol dire l’approvazione dal 62 per cento degli italiani?”.

Lei rilancia il presidenzialismo. Ma Fini dubita che si possa realizzare entro questa legislatura…
“E’ una delle cose che vedremo se vale la pena di fare, così come vedremo se andare verso l’elezione diretta del Capo dello Stato o del premier. A me sembra, sinceramente, che sarebbe un arricchimento della nostra vita democratica”.

Sono due anni che lei promette (o minaccia) una riforma della giustizia. Quando intende presentarla?
“Subito dopo le elezioni. E non è una minaccia per nessuno. E’ piuttosto un’urgenza per il Paese. Non è più tollerabile che il lavoro di tanti magistrati seri e perbene, che sono la stragrande maggioranza, sia screditato dalle iniziative temerarie di alcune Procure al servizio di un disegno ideologico oppure da pubblici ministeri afflitti da velleità di protagonismo. Un aspetto essenziale dello Stato di diritto è la parità fra accusa e difesa, e la terzietà del giudice. Intendiamo garantirle nel modo più netto”.

Ci dica di Bersani: questa brutta campagna elettorale pregiudica i rapporti?
“Purtroppo non possiamo sceglierci gli interlocutori. E io assisto con vera angoscia a un fenomeno grave: i leader del Pd, anche quelli che partono con le migliori intenzioni – come era accaduto con Veltroni prima e con Bersani ora – non riescono a sottrarsi all’“Estremismo, malattia infantile del comunismo”, secondo il titolo di quel saggio di Lenin… Non sono più tanto giovani, politicamente anzi sono vecchissimi, ma è una malattia dalla quale non sono ancora guariti. Non sono guariti dalla tentazione, o dalla necessità, di inseguire un rozzo demagogo giustizialista, che dopo aver disonorato la magistratura quando indossava la toga, disonora oggi la politica. Noi siamo sempre stati pronti al dialogo sulle riforme, naturalmente. Ma per dialogare bisogna essere in due, ed avere intenzioni serie e non strumentali. Con questa opposizione non è possibile”.

Visti i risultati, pressoché nulli, rifarebbe il decreto ’salva-liste’?
“Certamente sì, perché vale sempre la pena di avere la coscienza a posto, indipendentemente dai risultati. Credo che il governo, in un Paese democratico, abbia il dovere – sottolineo il dovere, non la facoltà – di intervenire quando i cittadini di aree importanti del paese rischiano di non poter esercitare liberamente il diritto di voto. Devo sottolineare la grande correttezza e l’elevato senso dello Stato e della democrazia dimostrati dal Capo dello Stato a questo proposito”.

Trova giusta la decisione Rai di sospendere i talk-show politici sotto elezioni?
“Trovo che non si possano usare i programmi del servizio pubblico, e quindi i soldi del contribuente, per trasmissioni ideologiche, fatte di insulti, di calunnie, di falsificazioni continue della realtà. O anche semplicemente costruite per mettere in difficoltà una parte politica ed esaltarne un’altra. Come può immaginare, a me, che sono stato per molti anni soprattutto uomo di televisione, la cancellazione di un qualunque programma televisivo dà molto dispiacere. Le ricordo, tuttavia, che la decisione della commissione di Vigilanza, proposta dall’esponente radicale, intendeva soltanto sostituire i talk show con tribune elettorali per rispettare la “par condicio”. Legge non certo voluta da noi”.

Bossi le suggerisce di parlare meno al telefono. Seguirà questo consiglio da amico?
“Sono costretto a seguirlo… D’altronde seguo sempre i consigli di Umberto, che è un uomo molto saggio. Però, che tristezza! Esiste al mondo un altro paese, che non siano gli Stati di polizia o le dittature, in cui un cittadino non possa parlare liberamente, anche di cose private, senza veder intercettate e sbattute sui giornali le sue parole, distorcendole e utilizzandole per screditarlo, per renderlo ridicolo? Cambieremo questa situazione, al più presto. E’ urgente e indispensabile”.

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