Liste, sì al decreto. Napolitano firma. Berlusconi: garantito il diritto di voto

Il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto interpretativo per risolvere il nodo delle liste alle Regionali. Maroni: “La giustizia amministrativa in base a un' interpretazione univoca della legge deciderà se accettare o no i ricorsi. Nessuna modifica di norme o riapertura di termini”. Il Capo dello Stato firma il decreto. Bersani: “E' solo un trucco”. E Di Pietro: “Chiamata alle armi, in piazza”
Roma – Il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto interpretativo per risolvere il “nodo” delle liste alle Regionali. “Ribadita e sottolineata la necessità di assicurare il pieno esercizio dei diritti di elettorato attivo e passivo, il Consiglio ha condiviso l'esigenza di garantire i valori fondamentali della coesione sociale, presupposto di un ordinato svolgimento delle competizioni elettorali”: è quanto si legge nel comunicato finale del Consiglio dei ministri. E poco dopo il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, secondo quanto si apprende, ha emanato il decreto legge finalizzato a una rapida e certa definizione delle modalità di svolgimento della consultazione elettorale, una volta verificato che il testo approvato dal Consiglio dei ministri corrisponde alle caratteristiche di un provvedimento interpretativo della normativa vigente.

Tre articoli Il decreto legge, secondo quanto riferiscono fonti di maggioranza, “sanerebbe” sia la situazione del Lazio sia la situazione della Lombardia. In tutto sarebbero tre articoli, di cui il primo conterrebbe 4 commi costituendo il cuore del provvedimento. Il primo comma consentirebbe infatti di presentare le liste a Roma il primo giorno non festivo, vale a dire lunedì dalle 8 alle 16, mentre gli altri riguarderebbero la Lombardia trovando una soluzione anche in quel caso, intervenendo sui timbri. Il secondo articolo invece accorcerebbe i tempi della campagna elettorale e il terzo e ultimo sarebbe relativo all'entrata in vigore.

Maroni: decidono i giudici “Il provvedimento è a disposizione della magistratura amministrativa che sarà l'unico soggetto istituzionale che potrà decidere sulle liste. Non è il governo ma la magistratura”, ha spiegato Roberto Maroni, ministro dell'Interno, nel corso di una conferenza stampa a palazzo Chigi. “Abbiamo sentito la presidenza della Repubblica che ha detto che valuterà il decreto. Lo farà pensiamo già stasera e domani potrebbe essere pubblicato in Gazzetta ufficiale”. “Il governo si è limitato a dire quale è la interpretazione corretta da dare alle norme vigenti”.

“Nessuna modifica di legge” “Gli organi della giustizia amministrativa sulla base di una interpretazione univoca della legge potranno decidere serenamente se accettare o no i ricorsi. Non c'é alcuna modifica di norme di legge – precisa Maroni – e non sarà consentito a nessuno che non fosse presente negli uffici di ripresentarsi”. “Si tratta – ha detto Maroni – di un decreto di interpretazione autentica di alcune disposizioni riguardanti il procedimento elettorale. Non c'é nessuna modifica alla legge elettorale, nessuna riapertura di termini, nessuna riammissione in termini”.

“Roma, norme non correttamente applicate” Maroni ha poi spiegatato: “Riteniamo che alcune norme non siano state applicate in modo corretto. Per esempio, quanto alla presentazione delle liste a Roma, una circolare del ministero dell'Interno stabilisce che il Cancelliere non può rifiutarsi di ricevere liste e contrassegni, neppure se li ritenga irregolari o presentati tardivamente. Deve farlo e semmai rilevare che sono stati presentati fuori termine. A Roma ciò non è avvenuto”.

Berlusconi: ridiamo il diritto di voto Soddisfatto per la collaborazione tra le istituzioni al fine di garantire a tutti il diritto di voto, avrebbe detto il premier Silvio Berlusconi commentando il vro del decreto legge. Il premier era arrivato a Palazzo Chigi poco prima delle 20. Il Consiglio dei ministri è iniziato un'ora dopo ed ha approvato il decreto legge interpretativo messo a punto dal governo per risolvere il caos delle liste del Pdl alle regionali nel Lazio e in Lombardia. “Siamo impegnati in un Consiglio dei ministri per un decreto interpretativo delle norme. Speriamo di poter ritornare a dare diritto di voto ai nostri elettori del Lazio e della Lombardia”, ha detto il presidente del Consiglio intervenendo in diretta telefonica a una convention del centrodestra in corso a Bari, a sostegno del candidato Rocco Palese.

Colle “disponibile” a valutarlo Il Quirinale, si era saputo poco prima dell'inizio del Consiglio dei ministri, sarebbe intenzionato a prendere atto che il governo si è orientato verso un decreto-legge meramente interpretativo, e quindi non innovativo, della normativa vigente, accantonando la soluzione prospettata giovedi sera al capo dello Stato. Il Colle, inoltre, prenderebbe atto che questo diverso provvedimento sarebbe adottato d’urgenza, tenendo presente l’esigenza di una rapida e certa definizione delle modalità di svolgimento della consultazione elettorale. A quel punto, stando agli stessi ambienti del Quirinale, i contenuti del provvedimento del governo sarebbero attentamente valutati appena sottoposti alla firma del presidente della Repubblica.

Il no di Bersani Il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, si è detto contrario e ha giudicato “impensabile” lo slittamento delle Regionali. “Consiglierei – ha detto Bersani – di non pensare a strane scorciatoie. L’unica cosa sensata è aspettare le decisioni degli organi competenti che, come sappiamo, decidono a giorni. Il rinvio – ha proseguito – mi sembra impensabile. Chi lo ipotizza poi non pensa alle conseguenze. Sono cose che si dicono tanto per dire”. Sulla “novità” del decreto interpretativo Bersani non ha dubbi: “Usano il dl interpretativo per arrivare comunque al risultato che gli serve per aggiustare il loro pasticcio, ma il trucco c’è e si vede, in alcuni casi fino al ridicolo. Se decidono così potranno aspettarsi solo una nostra ferma opposizione”.

Bonaiuti: “Sa solo dire no” “Le regole della sinistra sono semplici: dire no, no, sempre no, altrimenti Di Pietro si arrabbia. È inutile che Bersani parli in cinese, la sua incapacità di dialogare ormai l’hanno capita tutti”. Lo afferma il sottosegretario e portavoce del presidente del Consiglio, Paolo Bonaiuti, replicando al segretario del Pd.

Di Pietro: “Alle armi, in piazza…” “Ma quale decreto interpretativo. Il decreto che vogliono proporre è palesemente incostituzionale in quanto c’è già una legge che regola le elezioni ed è in corso d’opera un procedimento per l’interpretazione da parte dei giudici ai quali non si può sottrarre la competenza” dice Antonio Di Pietro, presidente dell’Italia dei Valori. “In realtà, gli esponenti del Pdl vogliono modificare le leggi a proprio uso e consumo violando la Carta costituzionale e 2mila anni di diritto. Sono veri e propri ladri di parole e di facili spot elettorali”. Poi, in serata, ha rincarato la dose: “Questo è un vero e proprio golpe contro il quale occorre opporsi con una chiamata alle armi democratiche. Scenderemo in piazza con una grande mobilitazione di tutte le forze sociali e politiche”.

Calderoli: “A rischio segretezza del voto” Secondo il ministro per la Semplificazione, Roberto Calderoli, se si dovesse andare al voto senza la presenza delle liste del Pdl in Lombardia e nel Lazio si violerebbe il comma secondo dell’articolo 48 della Costituzione, che tutela tra l’altro la “segretezza del voto e si aprirebbe la strada a un annullamento delle Regionali. Non solo per violazione della Costituzione, ma anche per la violazione delle leggi, dei regolamenti e delle istruzioni del ministero degli Interni”: Calderoli ha specificato che l’intento è tutelare soprattutto “l’elettorato attivo, ovvero gli elettori”. Poi il ministro continua: “Nessuno vuole, come dice Bersani, cambiare le regole in corso o peggio ancora salvare le liste, ma è indubbio che, come sostiene anche il presidente Napolitano, ci troviamo di fronte a un pasticcio ed è altrettanto evidente che è altrettanto urgente risolverlo”.

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Consiglio dei Ministri n.85 del 05/03/2010

La Presidenza del Consiglio dei Ministri comunica:

il Consiglio dei Ministri si è riunito oggi, alle ore 21,05 a Palazzo Chigi, sotto la presidenza del Presidente, Silvio Berlusconi.

Segretario, il Sottosegretario di Stato alla Presidenza, Gianni Letta.

Il Consiglio dei Ministri, appositamente riunito in via d’urgenza, ha approvato un decreto-legge che mira a consentire lo svolgimento regolare delle consultazioni elettorali per il rinnovo degli organi delle Regioni a statuto ordinario, fissate per il 28 e 29 marzo prossimi. Ribadita e sottolineata la necessità di assicurare il pieno esercizio dei diritti di elettorato attivo e passivo, il Consiglio ha condiviso l’esigenza di garantire i valori fondamentali della coesione sociale, presupposto di un ordinato svolgimento delle competizioni elettorali. A questo fine, pertanto, il decreto-legge detta alcuni criteri interpretativi di norme in materia di rispetto dei termini per la presentazione delle liste, di autenticazione delle firme e di ricorsi contro le decisioni dell’Ufficio centrale regionale.

La seduta ha avuto termine alle ore 21,40.

Per saperne di più:
Conferenza stampa
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Il Giornale

LA MORALE A DUE FACCE DEI RADICALI: QUANDO ERANO LORO A VOLERE DEROGHE

Intervista a DANIELE CAPEZZONE
“I TRIBUNALI NON TOLGANO AL POPOLO IL DIRITTO DI VOTO”

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Se la soluzione è nel passato

Da alcune parti è stato richiamato alla memoria il caso delle elezioni regionali, provinciali e comunali del 1995. Con Lamberto Dini presidente del Consiglio, fu emanato il decreto legge 29 marzo 1995 n. 90, denominato “Nuove norme in materia di termini per la presentazione delle liste nelle elezioni regionali, provinciali e comunali della primavera del 1995”, con il quale venne concessa una proroga di 48 ore ad alcuni piccoli partiti perché potessero presentare la documentazione necessaria.
A chiedere a gran voce e con atti spettacolari la proroga si distinsero i radicali.
Al riguardo, è da ricordare che presidente della Repubblica era Oscar Luigi Scalfaro, eletto meno di due anni prima, il 25 maggio 1992, e la cui candidatura era stata avanzata proprio dal leader radicale Marco Pannella.
La giustificazione allora data fu che l’accorpamento delle elezioni regionali, provinciali e comunali in una sola tornata elettorale aveva ristretto, per alcune di esse, i tempi organizzativi previsti in quanto la scadenza naturale sarebbe arrivata a giugno.
In realtà, allora prevalse una considerazione strettamente politica, vale a dire l’opportunità di chiamare alle urne i cittadini in un solo giorno, al di là del formalismo legislativo.
Ora, di questo si tratta nel caso presente poiché si escluderebbero dalla gara elettorale partiti largamente rappresentativi, che tra l’altro fanno parte della maggioranza di governo, e presenti in due regioni di primaria importanza.
Tecnicamente, utilizzando il criterio di “equità”, anziché di applicazione formale della legge, come consentito alla magistratura giudicante, ci troviamo di fronte alla tutela di un “interesse diffuso” (che riguarda la collettività dei cittadini), qual è quello di avere la più ampia disponibilità di forze politiche tra cui scegliere, come presupposto dalla democrazia.
Tale diritto verrebbe palesemente vulnerato ove forze politiche significative venissero escluse a causa di un’applicazione rigida della legge.
In particolare, la tutela dello specifico “interesse diffuso” dei cittadini (a votare e scegliere) dovrebbe prevalere sui diritti soggettivi dei candidati (sia gli ammessi sia gli esclusi).
Detto in termini più semplici, l’interesse di milioni di cittadini di potere esprimere le proprie preferenze politiche, appare maggiormente degno di tutela rispetto all’interesse di un ristretto numero di soggetti (i candidati ammessi). Infine, mentre l’interesse dei primi è certo, quello dei secondi è solo “potenziale”.

“Il voto è finito sotto il formalismo giuridico”

Dai quotidiani di venerdì 5 marzo

Il Sole 24 Ore (Stefano Folli) – …Proprio perché la questione è seria, essa va affrontata con la cautela che ci si attende dal capo del governo. […] Berlusconi lo ha compreso talmente bene che la giornata di ieri è vissuta a Palazzo Chigi intorno all'attesa per l'incontro con il capo dello stato. Questi è l'unico che può […] riannodare i fili spezzati e raccogliere il consenso dell'opposizione su di un'ipotesi realmente «bipartisan». […] Il problema rimane dunque aperto, soprattutto per la Lombardia. La domanda è: fino a che punto l'opposizione dirà «no»? Finora il Pd di Bersani si è attenuto alla linea intransigente. Ma forse non tutte le carte sono sul tavolo…

Il Giornale (Vittorio Feltri) – …Mentre il governo lavorava per trovare una soluzione al problema delle liste sbagliate del PdL (a Roma e a Milano), si cercava di scoprire gli altarini di altri partiti cui nessuno ha fatto le pulci. Ormai è più che un malizioso sospetto. Chi doveva controllare il rispetto delle forme ha usato due pesi e due misure? Severità e zelo nel giudicare le inesattezze del centrodestra e manica larga nei confronti della sinistra? […] Qualcosa che puzza di bruciato è già stato reperito. Stando a Formigoni, i giudici avrebbero agevolato i radicali. E il suo avversario, Penati, avrebbe avuto meno firme del dovuto e nonostante ciò l’avrebbe passata liscia. Negli elenchi contestati a Milano al PdL, laddove tutto sembrava in ordine, si è constatato che una firma era regolare, regolare la data di nascita e regolare il comune di residenza, Vengono. […] Ebbene non c’è stato verso. Annullato il nominativo. Ora ci si domanda quanti episodi come quelli descritti siano accaduti. […]Non si è mai visto nulla del genere e ci auguriamo di non vederlo proprio in un momento come questo particolarmente delicato per la politica italiana …

Corriere della Sera (Sergio Romani) – …Se le elezioni hanno luogo senza la partecipazione di un grande partito nazionale, quale sarà la credibilità del vincitore? Gli eletti rappresentano tutto il corpo elettorale quando emergono da una battaglia condotta alla luce del sole tra forze politiche che hanno dato agli elettori la possibilità di scegliere fra soluzioni diverse. Può essere considerato equo e rappresentativo il risultato di una partita in cui una delle squadre maggiori è stata esclusa dal gioco? […] E’ lecito chiedersi se la radiazione di un partito per motivi procedurali non rappresenti, per i suoi potenziali elettori, la privazione di un diritto…

Il Tempo (Mario Sechi) – …Migliaia di militanti del PdL si sono riuniti per chiedere una cosa elementare: poter votare il proprio partito. Correre alle elezioni e misurarsi con l’avversario politico. In Italia, una democrazia compiuta, Paese fondatore dell’Unione europea, un tempo culla del diritto, l’esercizio del voto è finito sotto il rullo compressore del formalismo giuridico e di una magistratura che (forse) applica la legge, ma certamente non il buonsenso. […] Perché un conto è parlare di liste, timbri, e scartoffie varie, un altro è minare la piena rappresentanza , la democrazia sostanziale, il diritto di voto. […] Il diritto non può presentarsi come rovescio della democrazia. Perché il popolo alla fine batte i pugni, apre l’ombrello e scende in piazza. […] La triangolazione tra Quirinale Palazzo Chigi e Pd non ha prodotto una soluzione condivisa e, francamente, a questo punto c’è da preoccuparsi perché sembrano prevalere logiche lontane dalle politica e vicine a chi pensa a un potere legislativo sottomesso alla supplenza della magistratura in tutti i campi, perfino quello elettorale.

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