CITTADINI E PARLAMENTARI

Dopo le vicissitudini parlamentari ben note, torniamo a proporre agli Onorevoli alcuni umilissimi, quanto sentiti, suggerimenti. Poche riflessioni da parte di chi, in tanti anni d’analisi della situazione politica nazionale, si è fatta un’opinione condivisibile. Intanto, per l’immunità parlamentare, si rispetti il comma 1°, art.68, della nostra Costituzione. Quello che recita: ”Le opinioni espresse dai Membri del Parlamento, nell’esercizio delle loro funzioni, non possono essere perseguibili”. Punto e basta. Per il resto, i parlamentari sono comuni cittadini della Repubblica; con gli stessi diritti e doveri. Sul piano economico, poi, in una penisola di disoccupati, cassintegrati, licenziati, pensionati al limite della sopravvivenza, anche gli Onorevoli dovrebbero ridimensionare le loro retribuzioni ed il loro sistema previdenziale che è uno schiaffo, sin troppo sonoro, per tutti quelli che devono avere 40 anni di contributi per ottenere uno straccio di pensione. Insomma, basta con i privilegi che hanno fatto dei Parlamentari uomini d’interessanti possibilità economiche. Chi ha avuto l’onore d’essere eletto a rappresentare il Popolo italiano, dovrebbe esercitare il suo mandato con saggezza, ma anche in economia. Pagandosi i viaggi a Roma, i pranzi, le cene ed i pernottamenti; mantenendo, in ogni caso, le stesse agevolazioni previste dai lavoratori in trasferta. Per tutti, insomma, un ragionevole rimborso spese documentato. In Seconda Repubblica, gli “Onorevoli” d’oggi e di domani, sono invitati a far loro queste spartane regolette. A Montecitorio e a Palazzo Madama, proprio in forza di un maggior senso di responsabilità nazionale, i Parlamentari potrebbero, per loro esplicita volontà, rientrare nella fitta schiera dei comuni mortali. La carriera politica è una delle tante. Neppure la più difficile. Così, tenuto conto dell’impegno e dell’effettiva presenza in aula degli interessati le retribuzioni dovrebbero essere equiparate agli onorari dei professionisti con relative trattenute fiscali. Senza esenzione alcuna. Quindi, secondo noi, a ciascuno quanto merita. Chi crede di procurarsi di più, se ne ha veramente le capacità, può seguire altra strada. Perché un mandato parlamentare non può valere una pensione sostanziosa maturata, in tempi brevi, a nome e per conto del popolo italiano. In questo modo, i sacrifici per il bene del Paese sarebbero meno amari per tutti e far politica sarebbe, veramente, interessarsi ai problemi degli altri. Invece, nonostante tutto, Maggioranza ed Opposizione intendono mantenere lo “status” parlamentare nel modo che abbiamo sintetizzato. Dato che la sede del potere legislativo è proprio il Parlamento, se non mancasse la coerenza, da destra a sinistra, qualcuno potrebbe, almeno, proporre una riforma sulle retribuzioni di chi intende “salvare” il Paese dalla catastrofe. Insomma, la Repubblica costa troppo e le spese ricadono sul cittadino già in difficoltà per tentare di far quadrate il suo bilancio familiare. Oltre agli sprechi, ci sono le spese parlamentari. A buon intenditore dovrebbero bastare poche parole. Ma sarà proprio così?

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