Vita, Bagnasco, e spaghetti al tonno

Io capisco un po' una mamma che insiste affinché il figlioletto mangi la minestra che a lui non piace per niente, e gli dica: “Mangia: è buonissima!”. In realtà, dovrebbe essere il piccolo a stabilire se la minestra che sta mangiando è buona. Non capisco però la mia gentil consorte se fa a me lo stesso discorso mentre le dico che no, gli spaghetti al tonno proprio non li sopporto. Capisco ancor meno un cardinale qualora voglia essere lui a stabilire il criterio secondo il quale stabilire la qualità della mia vita. Angelo Bagnasco, presidente della Cei, in un convegno a Genova (27 febbraio) ha affermato: «La vita ha una sua qualità in rapporto alle relazioni in cui si vive, perché l’uomo è un essere in relazione, ed è persona nel modo in cui si pone in relazione agli altri, e gli altri con lui…». Ecco: il sapore che io sento degli spaghetti al tonno che sono nel mio piatto, dipende dalla relazione che ho con la mia famiglia e con la società. Ed ovviamente, secondo Bagnasco, mi devono piacere per forza. Poi ha aggiunto: «Questo criterio della qualità della vita persiste per intero anche quando una persona non è più consapevole». Se si riferiva alle persone in stato vegetativo permanente, significa: anche se nel mio piatto gli spaghetti al tonno non ci sono, il sapore di quegli spaghetti che non ci sono, è buono. Infatti, in certi casi parlare della qualità della vita non ha senso. Una persona in stato vegetativo irreversibile è come se non vivesse.

Renato Pierri

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