Inchiesta sul riciclaggio: Nicola Di Girolamo si è dimesso da senatore

Nicola Di Girolamo ha presentato le dimissioni da senatore.

L’esponente del Pdl ha comunicato la sua decisione con una lettera al presidente del Senato Renato Schifani. Toccherà ora all'Aula del Senato esprimersi: la conferenza dei capigruppo dovrà decidere quando le dimissioni verranno votate e già si parla di mercoledì prossimo. Trattandosi di un parere su una persona, la votazione sarà segreta di diritto.La decisione di Di Girolamo, eletto in un una delle circoscrizioni estere e coinvolto nelle inchieste sui legami tra Fastweb e la 'ndrangheta, era attesa proprio per oggi. Dopo la pubblicazione delle intercettazioni in cui è emerso un possibile ruolo della malavita organizzata nella sua elezione, il senatore avrebbe deciso di dimettersi dall'incarico senza aspettare che fosse la stessa assemblea di palazzo Madama a prendere provvedimenti. Le dimissioni evitano infatti al Senato di dover votare la decadenza di Di Girolamo dall'incarico, soluzione che sarebbe stata adottata per la presunta falsificazione delle schede elettorali. “Dopo tanto fango, dopo l'ignominia di un'esposizione mediatica che mi ha descritto agli occhi dei Paese come un 'mostro' – usurpatore della politica e del mandato elettorale – credo fermamente che sia arrivato il momento della responsabilità e della verità dei fatti”: è l'incipit della lettera – una quarantina di righe in tutto – con cui il senatore comunica a Schifani le sue dimissioni. Di Girolamo ha poi informato della sua decisione, con due distinte lettere, il presidente del gruppo PdL al Senato Maurizio Gasparri e il suo vice Gaetano Quagliariello. Con una quarta lettera, infine, il senatore Di Girolamo comunica al presidente Lamberto Dini le sue dimissioni dalla Commissione Esteri.Di Girolamo si difende e nella lettera scrive ancora: “Sono convinto di dover rendere disponibile la mia persona perché chi dovrà giudicare possa davvero conoscere i contorni di una vicenda che non è tutta criminale. Sono entrato nell'aula del Senato – scrive ancora Di Girolamo – forte di una delega affidatami da 24.500 elettori nè mafiosi nè delinquenti. Di una piccola parte di costoro avrebbe abusato un gruppo di individui probabilmente 'inquinati' da frequentazioni criminali. In ogni caso, aggiunge il senatore del Pdl, non ero 'consegnato' anima e corpo a questi figuri. La frenesia della campagna elettorale mi ha spinto a giudicare poco e male. E lei, mi auguro, immaginerà che non si diventi mafioso nello spazio di un mattino, colpevole come sono di uno o due incontri disattenti”.A questo punto Di Girolamo apre all'autobiografia. “La mia – prosegue la lettera – non è stata una storia semplice. Orfano, già in fasce, di un prestigioso economista e docente universitario, figlio unico, educato al rigore e alle buone maniere da una madre nobile ho da sempre dovuto provvedere al sostentamento della famiglia. Sono rimasto, negli anni, quello che ero. Una persona perbene, incapace tuttavia di difendersi innanzi alla protervia dei malevoli e dei menzogneri. In politica ne ho incontrati alcuni. Figli di un'altra storia, ben diversa dalla mia, capaci di fagocitarmi – annota il senatore – nella smania delle promesse”.”Ho ceduto, certo, signor Presidente… Ma le mie colpe – spiega Di Girolamo – verranno circoscritte dalla verità che saprò esporre ai magistrati cui ho deciso di consegnarmi. Forte della convinzione di collaborare alla ricerca della verità e della certezza che dovrò riscattare faticosamente il mio onore innanzi alla mia famiglia, ai miei amici ed all'Assemblea del Senato alla quale ho partecipato con orgoglio e dedizione”.

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