di Luigi de Magistris
Forse non capiamo noi, forse siamo troppo accecati dall'accanimento contro Berlusconi, forse abbiamo smarrito ogni forma di garantismo, ma la sentenza con cui le sezioni unite penali della Cassazione si sono espresse sul caso Mills, non giustifica proprio l'ottimismo e il senso di rivincita che provengono dalle file del centrodestra. Il reato di corruzione susseguente in atti giudiziari è stato infatti confermato dagli “ermellini”, soltanto si è stabilito che su di esso è intervenuta la prescrizione.
Tradotto in termini semplici: l'avvocato inglese David Mills è stato riconosciuto colpevole di aver testimoniato il falso nel processo All Iberian e Guardia di Finanza allo scopo di favorire l'imputato Silvio Berlusconi e di aver incassato per quell'azione 600mila dollari. Ma il fatto si sarebbe verificato nel novembre 1999 e per tanto sarebbe prescritto, anche a causa della lunghezza dei tempi con cui è stato condotto il procedimento giudiziario.
Secondo i berluscones, dunque, quale schiaffo avrebbe inferto questa sentenza della Cassazione? Quale accanimento giudiziario sarebbe finito? Quale protervia da parte dei giudici milanesi, che si occupano ancora di Berlusconi, è stata sconfessata? Si fa difficoltà a comprendere forse perché viviamo in un Paese contro-senso, dove è ormai considerato “normale” che un presidente del Consiglio abbia subito 16 processi, di cui quattro ancora in corso: istigazione alla corruzione di senatori, fondi neri per diritti tv Mediaset, appropriazione indebita nell'affare Mediatrade e, infine, proprio quello per aver corrotto Mills. Quest'ultimo è nato dallo stralcio della posizione del premier rispetto a quella del legale inglese (i due imputati prima condividevano il medesimo processo) in seguito al Lodo Alfano. Uno scudo che ha consentito oltre allo stralcio anche il congelamento giudiziario di MrB, ma che è stato bocciato lo scorso ottobre dalla Corte Costituzionale (perchè contrario alla Carta), di fatto facendo crollare il fragile castello di immunità costruito su misura di Berlusconi. Lo stesso castello che in passato gli ha consentito di azzerare i debiti contratti con la morale pubblica e la legge e che assumeva le forme di norme ad hoc come il ritocco della prescrizione (abbreviata) e del falso in bilancio (non più reato). Quindi si riparte, il processo davanti alla X sezione del tribunale di Milano per Berlusconi è ancora in piedi.
La prescrizione scatterà tra 11 mesi. Certo, appare difficile che il procedimento si possa svolgere in tutte e tre i gradi di giudizio senza cadere sotto la tagliola del tempo. Soprattutto sapendo che la macchina degli afficionados berlusconiani, avvocato Ghedini in testa, non solo ha già scaldato i motori, ma è lanciatissima verso il traguardo. Quello di portare a casa una serie di norme capaci di proteggere dalle sentenze il Capo dei capi. Dicono niente il lodo Alfano in salsa costituzionale e il legittimo impedimento?
Mentre si costruisce la sua salvezza dalla legge, la legge e la democrazia nel Paese sono sospese. Senza il minimo senso di pudore etico, quello che porterebbe a dimettersi dalla carica di premier colui che è implicitamente riconosciuto, anche dalla sentenza di oggi, come il mandante di un corrotto, cioè l'avvocato Mills, il deus ex machina dei conti off shore della Fininvest (l' “oscuro” Gruppo B su cui la magistratura si è a lungo concentrata), istigato a dichiarare il falso per 600mila dollari a vantaggio dell' unto del Signore (come si autodefinì).
Prescritto, ma colpevole.