L’AQUILA DELLE MILLE CHIAVI

“Voi dovete stare con me!” , è la frase che il sindaco Massimo Cialente ha pronunciato al termine di un serrato e vivace (a dir poco) confronto con un cittadino che faceva calde rimostranze per i ritardi nello smaltimento delle macerie della città che invadono piazze,vicoli e vicoletti del centro storico rendendo di fatto impraticabili i punti più stretti, pericolosi per i cittadini. E’ stata pronunciata quella frase nel corso della manifestazione detta delle Mille Chiavi. Nel corso di questa manifestazione, largamente riportata dalla stampa nazionale, i cittadini hanno legato un mazzo di chiavi alle sbarre delle transenne che chiudono il centro storico, esattamente ai quattro cantoni, nel lato che apre verso Corso Umberto che porta a Piazza Palazzo, piazza su cui si apre la facciata di Palazzo Margherita, sede del Comune, da un lato, e di fronte, un lato della sede storica della biblioteca Salvatore Tommasi che conserva le memorie storiche della città. E’ in questa piazza, ancora coperta di macerie, che si è svolta l’ assemblea nel corso della quale il sindaco ha chiesto la solidarietà dei cittadini ed ha spiegato le mille difficoltà di tipo procedurale che rallentano sia lo smaltimento delle macerie che la ricostruzione del centro storico.
A proposito del centro storico, a 10 mesi dal terremoto ancora impenetrabile zona rossa per tutte le migliaia di persone che ci abitavano e ci lavoravano, c’è da dire che ci sono tantissime case in buone condizioni, che hanno subito pochi danni, e che sarebbero abitabili con lavoretti brevi e di poco costo, mentre gli abitanti stanno sparpagliati, chi ancora sulla costa, chi in sistemazione autonoma o nelle seconde case, chi, e sono i fortunati, nelle case Berlusconi, costruite a costi altissimi, molto oltre i tempi previsti, spesso irraggiungibili senza mezzi propri. Da questo grosso intrigo di fatti, gente sparpagliata ai quattro venti, case che ci sono ma a venti chilometri dalla città, macerie accumulate nelle vie e nelle piazze, ed anche all’interno della cattedrale dove circa un mese fa vidi una collinetta a cielo aperto da far rabbrividire, da tutto questo bell’insieme è nata la protesta.
Riporto un manifesto, che con un paragone forte, ma non del tutto fuori luogo, ipotizza la distruzione di Firenze come segue: Firenze devastata da un sisma 6.3, Santa Maria Novella, Palazzo Vecchio e Palazzo Pitti sventrati. Il centro storico chiuso sine die. Costruite decine di new towns, i fiorentini in Versilia. La TV esalta il miracolo fiorentino. Che ne dite? Fatte le dovute differenze, a L’Aquila questa è la situazione.
C’è il fortissimo contrasto fra l’impegno del governo per la costruzione del nuovo, affrettata, costosissima, dispersiva di cose e persone e la trascuratezza totale dell’esistente, un patrimonio storico religioso inserito fra le città d’arte d’Italia, non dimentichiamocelo. Le cifre messe a disposizione dal governo per rifare il centro storico non solo sono inferiori a quelle dell’Umbria e delle Marche, ma sono diluite fino agli anni 2030. Significa che non potrò più farmi una passeggiata per il centro, non incontrerò più tanta gente conosciuta da una vita perché sparsa ai quattro venti, non potrò più rifornirmi di frutta e verdura fresca nel mercato di piazza Duomo, vecchio di secoli e che dava lavoro a migliaia di persone. La Pompei del centro storico viene ancora di più ferita ed offesa dalla cintura di baracconi dichiarati provvisori, ma certamente definitivi, tirati su in periferia per la necessaria ripresa di attività commerciali ed artigianali, quando in pieno centro ci sono tantissime costruzioni che potrebbero essere riadattate con pochissimi soldi..
Questa realtà paventata da subito, annebbiata da spettacoloni mediatici allestiti dal governo, sta emergendo adesso in tutta la sua tragica gravità. Di qui la protesta. Cerchiamo di salvare il salvabile, se non è troppo tardi.
Tralascio di proposito gli attacchi alla classe politica locale. Per mia radicata e ormai antica convinzione ritengo che le istituzioni democratiche vadano difese ad ogni costo, sempre. Quanto alla classe politica, che di volta in volta occupa le istituzioni, quella è espressione dei cittadini che l’hanno eletta e da essa sono rappresentati, se vogliamo che migliorino i politici, deve migliorare la gente che esprime questa classe politica, e verrà fuori anche qualche degno rappresentante. Basta con gli atteggiamenti anarcoidi contro tutto e contro tutti. Si può cercare di uscire dall’ inestricabile intreccio di disastri ambientali, economia, finanza, politica e scandali nel quale siamo immersi suggerendo, incoraggiando, studiando, operando con chi governa piuttosto che urlando contro. Il cambiamento per il meglio non piove dall’alto in basso, sale dal basso in alto. In questo caso, ridateci il centro storico, la partecipazione attiva di tanti cittadini alle assemblee e riunioni che hanno luogo su questo argomento nelle sedi istituzionali, può essere uno stimolo ad agire per progettare e realizzare in tempi accettabili e prevedibili una città rinnovata, sicura e verde. Se fra dieci anni sono ancora in buona salute, voglio rileggere questo articolo e commentarlo.

emedoro@gmail.com
L’Aquila 21 febbraio 2009.

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