La Libia per ripicca blocca gli europei

Invece di mediare Frattini difende Gheddaifi. PD: “Sospensione inaccettabile, i cittadini sono privati di un diritto, il governo riferisca in aula”

Sale la tensione fra la l'Europa e la Libia, ma il nostro governo sta con Tripoli. Il Braccio di ferro che da due anni vede fronteggiarsi il colonello Gheddafi e Berna si è trasformato in una guerra diplomatica che ha messo in subbuglio le cancellerie di tutta Europa e rischia di trascinarsi nei prossimi giorni con pesanti ripercussioni politiche ed economiche. Gheddafi ha mal digerito la decisione della Confederazione elvetica – che a fine estate ha emanato un decreto per evitare a 188 libici, compreso lui stesso e la sua famiglia, di entrare in Svizzera – ed è passato il 14 febbraio al contrattacco, con misure molto più drastiche. Con una decisione unilaterale, il governo libico ha sospeso con effetto immediato, la concessione di visti turistici a cittadini che provengono da tutti i Paesi dell’area Schengen, Italia compresa e ha annunciato che non ammetterà sul suo territorio coloro che nel frattempo arrivano. Dal provvedimento restano esclusi i britannici (fuori dall’area Schengen). Non è più possibile dunque recarsi in Libia neanche per turismo. Una ripicca clamorosa, dovuta, secondo quanto riferito dal giornale libico Oea, vicino a Seif al Islam, uno dei figli del leader Gheddafi, alla “lista nera” della Confederazione in cui ci sono Gheddafi e sua figlia Aisha, il primo ministro Al Baghdadi, il ministro degli Esteri Moussa Koussa, l'ex ministro e attuale presidente di turno dell'Assemblea Onu Alì Triki, altri ministri e dirigenti industriali. Una scelta, si legge nel quotidiano, che “potrebbe minare gli interessi della Svizzera” e alla quale Tripoli reagisce con “misure reciproche”.

La decisione, a sorpresa, è stata comunicata all’Ufficio dell’Immigrazione libico con una circolare proveniente dal Comitato Generale del Popolo, il governo libico, e firmata dal primo ministro Al Bagdadi Al Mahmoudi. La circolare, in arabo, non reca alcuna motivazione. Ma è un fatto che Tripoli accusi l’Unione europea di dare “solidarietà sistematica e programmatica” a Berna, limitando la concessione di visti Schenghen ai cittadini libici. Visti che per essere rilasciati richiedono l’unanimità da parte di tutti i Paesi facenti parte dell’accordo, compresa la Svizzera, che dal 12 dicembre 2008 ha il potere di bloccarne la concessione, essendo entrata nell’area Schengen. Berna ha cancellato i controlli sistematici delle persone alle frontiere con Austria, Francia, Germania e Italia, acquistando però il diritto di veto sul rilascio di visti a cittadini esterni all’area. La decisione libica, dunque, sarebbe una ritorsione in tal senso.
La circolare libica riporta l’elenco dei Paesi – tra cui ricordiamo l’Italia – dai quali non saranno accettate, a tempo indeterminato, richieste di visto turistico. Nell’elenco ci sono: Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Islanda, Italia, Lettonia, Lussemburgo, Malta, Olanda, Polonia, Portogallo, Rep. Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia e Ungheria. Nessuna informazione è stata data, invece, circa la concessione di visti di lavoro o di altra natura.

Il ministero degli Esteri svizzero non ha confermato, ma neppure smentito, l’esistenza di questa “lista nera”. Una portavoce del ministero elvetico, Nadine Olivieri, si è limitata a dire: “La Svizzera prosegue nella sua politica restrittiva in materia di visti nei confronti della Libia, non c’è niente di nuovo”.
Ma la diatriba tra i due Paesi ha origini pregresse che risalgono all’arresto del figlio di Gheddafi, Hannibal, nel luglio del 2008 in Svizzera. Tenuto al fermo, anche se per poche ore, insieme alla moglie con l’accusa di aver maltrattato due dipendenti di un albergo di Ginevra. Gheddafi già allora non aveva tollerato lo sgarbo e aveva reagito imponendo misure durissime, tra le quali la sospensione temporanea delle forniture di petrolio alla Svizzera, il blocco dei collegamenti aerei e il ritiro di depositi libici dalle banche elvetiche (circa 5 miliardi di euro). Non solo. In Libia restano ancora due uomini d’affari svizzeri, trattenuti nel Paese dal luglio 2008 e costretti da allora a vivere nell’ambasciata elvetica, con l’accusa di aver violato le norme sui visti.
La reazione della Libia, comunque, non si è fatta attendere, ma secondo Roberto Corbella, presidente di Astoi, l’Associazione dei tour operator della Confindustria, a rimetterci sarà soprattutto la Libia stessa. I turisti italiani che si recano nell’area sono circa 10 mila l’anno; è un peccato dunque che il flusso venga interrotto anche perché le autorità libiche avevano detto di voler puntare sul turismo, sicuri di realizzare fatturati superiori a quelli del petrolio. Di fatto con questa decisione, la Libia si allontana dalla comunità internazionale.
A seguito della decisione di annullare con effetto immediato i visti di tutti i turisti provenienti dall’area Schengen, all’aeroporto internazionale di Tripoli è scoppiato il caos. Anche perché sono stati colpiti dal provvedimento cittadini già in possesso di un regolare visto, concesso nei giorni precedenti. A farne le spese anche diversi italiani. Un primo gruppo, del quale facevano parte tre italiani e nove portoghesi, è stato bloccato all’aeroporto dalle autorità libiche, sottoposto a severi controlli durati ore, poi rimpatriato con lo stesso aereo con il quale era arrivato. Hanno avuto problemi anche cittadini austriaci, francesi, greci e maltesi. Molte rappresentanze diplomatiche di Tripoli e La Farnesina stanno sconsigliano tutti i viaggi verso la Libia fino a quando il problema non sarà risolto. Anche la Francia “sconsiglia per il momento ai propri cittadini di recarsi in Libia”: lo ha dicharato la portavoce aggiunta del ministero degli Esteri di Parigi, Christine Fages.
E l'auspicio di una “soluzione diplomatica” alla crisi dei visti è stato espresso dall'Unione europea: in una nota si deplora la decisione unilaterale e sproporzionata delle autorità libiche e il Commissario agli Affari interni, Cecilia Malmstroem, ha riferito che sono in corso contatti “ad alto livello” sia con le autorità svizzere che con quelle libiche e che la Commissione europea ha annunciato che ''sono previste delle consultazioni con gli Stati membri e con i Paesi dell'area Schengen'' per trovare una ''risposta adeguata entro la fine della settimana, nel prossimo Consiglio Affari Esteri del 22 febbraio”.
Quanto all'Italia, il Ministro degli Affari Esteri Franco Frattini parla di “seria preoccupazione” e chiede alla Libia di “ripensarci”, ma di fatto critica e accusa la Svizzera ''di prendere in ostaggio tutti i Paesi dello spazio Schengen'' e che Berna va aiutata a “risolvere una questione bilaterale”, ma “non a spese” di tutti.
Il Partito Democratico ha chiesto al Governo di riferire sulla misura adottata da Tripoli. “La decisione delle autorità libiche non aiuta il miglioramento dei già delicati rapporti tra questo paese e il resto dell'Europa”, ha dichiarato il capogruppo del Pd nella Commissione esteri di Montecitorio, Francesco Tempestini. “La scelta di sospendere i visti ai cittadini dell'area di Schengen, infatti, lascia sconcertati e appare immotivata e priva di fondamento giuridico e politico”, ha sottolineato. “Ci aspettiamo perciò che il nostro governo fornisca una puntuale e rapida informativa al Parlamento su quanto sta accedendo”.
Sandro Gozi, capogruppo del Pd alla commissione Politiche della Ue della Camera, ha sollecitato un intervento del premier Silvio Berlusconi sul colonnello libico Muammar Gheddafi. “E' una vera e propria rappresaglia la decisione della Libia, ha dichiarato. “La misura è inaccettabile e ci aspettiamo un'immediata telefonata del presidente del Consiglio Berlusconi al suo amico Gheddafi, a meno che la loro amicizia non arrivi all'accettazione passiva della ritorsione libica”.
Della stessa opinione David Sassoli, Presidente della delegazione del PD al Parlamento europeo: “L'Europa non può permettersi di vedere i propri cittadini privati di un formale diritto acquisito. Di fronte a provocazioni come quelle del governo libico, aggiunge l’europarlamentare, il governo italiano deve adoperarsi affinché, in sede europea, vengano prese le dovute misure per il ristabilimento del diritto. Mi auguro, conclude Sassoli, che lady Ashton esamini con attenzione la situazione e faccia sentire forte la voce dell'Europa”.
Ricorda il Presidente della Commissione Pd per i diritti umani del Senato Pietro Marcenaro come all'atto di approvazione del trattato di amicizia Italia-Libia fu introdotto uno strumento di monitoraggio sull'attuazione del trattato medesimo. Per questo, è doveroso da parte del governo riferire immediatamente in Parlamento su quanto sta accadendo.
Dopo l'incontro, a Roma, tra il ministro degli Esteri, Franco Frattini, e i colleghi di Libia e Malta, Mousa Kousa e Tonio Borg per cercare di sbloccare questa situazione di stallo diplomatico l'ufficio di presidenza dell’Associazione di Amicizia e Cooperazione Italia – Libia, di cui è vicepresidente tra gli altri, il deputato del Pd Massimo Vannucci ha emesso il seguente comunicato: “E’ positivo che l’incontro promosso dal ministro Frattini con i colleghi libico e maltese si sia concluso con l’invito alla Svizzera a cancellare la black list contro la Libia. Ora però il Governo italiano intervenga con forza in sede comunitaria, sia per superare rapidamente l’incidente che ha bloccato a Tripoli alcuni cittadini italiani sia perché simili episodi non abbiano a ripetersi. L’Associazione auspica inoltre che da parte del Governo della Grande Jamahiria araba libica venga altrettanto rapidamente presa la decisione di riaprire l’ingresso in Libia ai cittadini dell’Italia e degli altri Stati membri dell’Unione europea. Meno di due anni fa, l’Italia ha approvato con la Libia uno storico Trattato di amicizia e cooperazione. I problemi sorti tra il governo delle Grande Jamahiria libica e la Confederazione elvetica non debbono vanificare il buono stato delle relazioni bilaterali. Più in generale, è necessario prevedere che iniziative volte a limitare i visti d’ingressi siano prese a seguito di riunioni collegiali e non come atti unilaterali di un singolo Stato. Infine, è nostra convinzione che, a parte i necessari controlli volti a contrastare l’immigrazione illegale, vada migliorata la politica di concessione dei visti tesa alla cooperazione tra le due sponde del Mediterraneo. In particolare, per la Libia chiediamo che l’Italia sostenga la richiesta di questo paese di essere meglio qualificato nella graduatoria Schengen.”

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