LA OLTRE L’OFANTO E IL CALAGGIO E NELLA VALLE UFITA CI SONO LE ORIGINI LACEDONIESE

Il Regio Tratturo Pescasseroli-Candela, da tempo immemorabile fonte economica legata alla transumanza delle greggi dall'Abruzzo alla piana pugliese, nasce sul confine fra Gioia (AQ) e Pescasseroli (AQ) alle sorgenti del fiume Sangro in Località Campo Mizz attraversando l'Abruzzo, il Molise, la Campania e la Puglia, termina il suo percorso al Pozzo di S. Mercurio a Candela (FG). Lungo 114 miglia e 636 passi, per una larghezza originaria di 111,60 metri, nel territorio della Comunità Montana della Valle dell'Ufita tocca i comuni di Casalbore, Montecalvo Irpino, Ariano Irpino, Villanova del Battista e Zungoli. In prossimità del Ponte di S. Spirito, nella valle del fiume Miscano, il Regio Tratturo è ricalcato per un tratto dalla via Traiana. Nei secoli fu un percorso di grande viabilità per i Sanniti, i Romani, i Longobardi e gli Aragonesi, una strada di un'intensa attività economica abitativa ininterrotta. Un percorso rimasto invariato del tracciato moderno e della statale 17 del basso Molise. II primo paese che ha dato vita a numerosi valori usi e costumi e che sia sorto nei pressi del Pescasseroli-Candela è la città di Isernia, radici storiche precedono anche i Petri come attesta l'insediamento in località La Pineta. Il percorso del tratturo è stato coperto dalla statale 17 per cui non si più godere, dell'effetto visivo del percorso originario dei popoli di pastori in cammino che man mano crearono nuovi centri di attività economiche.
Lungo il Regio Tratturo il passaggio di numerosissimi armenti ha fatto sì che si sviluppassero villaggi durante il periodo preistorico e, durante l'impero romano e per tutto il medioevo, tutta una serie di servizi pubblici quali taverne, fontane, pozzi, officine varie e luoghi di culto prima pagani e poi cristiani. Servizi, questi, necessari al ristoro del corpo e dello spirito. Grande è l'importanza storica e archeologica di questa grande via di comunicazione, di scambio e di vendita di prodotti caseari e della lana, soprannominata anche “la via della lana”.

Eppure la, in quella valle dell’Ofanto in punti diversi, sia provenendo dalla valle dell’Ufita, che da quella della Fiumarella e del Calaggio, i lacedoniesi stanno cercando delle testimonianza per dare una verità alla storia e alla provenienza delle proprie radici per i cittadini del comune irpino quindi. Particolarmente centrali nella trattazione sono le guerre sannitiche che muovono dalla descrizione del
noto evento bellico fornita da *Livio*, seppur non del tutto precisa ed esaustiva. Queste le collocazioni temporali degli eventi: *Prima guerra sannitica – 343 a.C.; Seconda guerra sannitica – tra il 326 e il 304
a.C; Terza guerra sannitica – tra il 298 e il 290 a.C.*. E proprio quest’ultimo atto, precisamente durante l’anno 461 (293 A.C.) con la famosa *guerra Lintea*, ha visto protagonista Lacedonia.

Quarantamila uomini si concentrano ad Aquilonia (Lacedogna). Qui, in un recinto di
legno coperto di tela, il sacerdote Ovio Paccio compie il sacrificio secondo 'antico rito sannitico' chiamando le divinità a difesa della patria e della stirpe contro l’invasore: Roma, che allestisce due
poderosi eserciti. Li comandano Spurio Carvilio e Lucio Papirio Cursore, il figlio del vincitore di Longula. E così la battaglia ha il suo tragico epilogo. La disfatta dei difensori del Sannio è irreparabile.
Trentamila uomini giacciono sul campo e altre migliaia fatti prigionieri. Aquilonia e Cominio vengono prima saccheggiate e poi bruciate. Nello stesso giorno le due città sono ridotte in cenere. Alla
fine della terza guerra sannitica sono sotto il dominio romano il Lazio, il Sannio, l'Etruria, l'Umbria, la Sabina e la Campania.
La storia si commenta da sola a Lacedonia, come testimoniano diverse lapidi e scritti in lingua osca, tutti reperti di epoca sannita conservati al Museo Diocesano. La valle del Calaggio non a caso è zona
archeologica dalla quale, probabilmente, un’accurata ricerca potrà fornire ulteriori nuovi dettagli verso la verità storica. Secondo Domenico Cambria,e Michele Bortone sostenitore come Palmese della tesi che vuole la Terza Guerra Sannitica terminata in Irpinia e non nel Molise, i reduci di questa guerra ritirarono verso l'entroterra e trovarono rifugio a Montella, aumentandone d'improvviso la popolazione. Ad avallare la tesi ci sarebbe il carattere dei Montellesi. Questi porterebbero nel proprio patrimonio genetico l'eredità dei Sanniti. In particolare nell'orgoglio, nella caparbietà, nel mantenimento di un ordine sociale pressocchè orizzontale, nella freddezza d'animo e in una sorta di sobrietà simil nordica.
In quest'ultimo carattere infine ci sarebbe l'influenza Celtica dei Galli Senoni che si allearono ai Sanniti nella Battaglia di Sentino, tra Ancona e Perugia.

Michele Bortone

Note: la valle dell’Ofanto sotto candela ponte romano 1
Qella della Fiumarella e del Calaggio in territorio di Lacedonia ponte romano 2

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