CRONISTORIA DI UN AEROPORTO E DI UNA PROTESTA POPOLARE

L'aeroporto Tommaso Dal Molin è stato per lungo tempo la stazione aeroportuale di Vicenza.

Classificato come city airport, perché distante soli 5 km dal centro della città, è rimasto in attività dalla Seconda guerra mondiale fino al 2008, quando è stato chiuso al traffico aereo per l'avvio della costruzione sullo stesso sito di una base militare dell'esercito statunitense. Le strutture preesistenti sono state demolite nel corso del 2009.
Pista attiva dalla Seconda guerra mondiale, l'aeroporto era destinato ad assumere la denominazione di “Aeroporto delle Venezie”. L'immobilismo politico e la presenza dei militari dell'aeronautica (di fatto si trattava di aeroporto militare a uso civile) rallentarono il progetto. Alla fine si scelse il Catullo di Villafranca nei pressi di Verona come sede del nuovo aeroporto. La costruzione a fine anni Ottanta, in prossimità dell'aeroporto, di alcune ville nel comune di Vicenza e di un intero quartiere nel confinante comune di Caldogno, ha limitato ulteriormente la possibilità di espansione dello scalo aereo.
Nel corso degli anni sono stati numerosi i tentativi di rilancio dell'aeroporto Dal Molin (voli per Roma Fiumicino, Monaco, Olbia, Forlì) che però si sono rivelati infruttuosi per la limitata operatività dello scalo, privo, ad esempio, della possibilità di accogliere i voli notturni.
A fine 2006 la pista e l'aeroporto furono dotati della strumentazione necessaria senza che però riprendesse un regolare servizio di trasporto aereo. Nel 2007 l'aeroporto era aperto al traffico solo nella fascia oraria 7:00-20:00 ed erano state rese operative le procedure di dogana e di controllo da parte della polizia.
Nel frattempo si era aperto a Vicenza un vivace dibattito sulla decisione del Consiglio comunale e di quello provinciale di cedere l'area dell'aeroporto all'esercito degli Stati Uniti. Il progetto per la nuova base era stato motivato inizialmente dall'esigenza di ampliare la preesistente Caserma Ederle, malgrado i due siti distino 6 km tra loro e siano collocati ai due lati opposti della città. è stata data successivamente notizia del via libera ufficiale del governo italiano alla costruzione della base per un costo stimato di circa 325 milioni di euro.
Il primo marzo 2008 gli ultimi militari italiani che gestivano la torre di controllo furono trasferiti e l'aeroporto divenne a tutti gli effetti civile. Il 10 aprile 2008 lo scalo venne ufficialmente cancellato dalle carte di navigazione. Nel frattempo il nuovo sindaco vicentino Achille Variati (Pd) e la nuova amministrazione comunale di centrosinistra eletta nel 2008 si opponevano con propri pronunciamenti alla realizzazione della base militare.
Il Comitato cittadino No Dal Molin ha organizzato molteplici manifestazioni a livello locale e nazionale.
Dal primo ottobre 2008, a causa dei lavori per la costruzione del nuovo insediamento militare americano sul lato ovest dell'area, la struttura è stata chiusa a ogni tipo di traffico aereo.
La demolizione della pista, iniziata il 3 febbraio 2009, si è conclusa nello stesso anno. Il caso dell'aeroporto Dal Molin – si legge sul sito www.nodalmolin.it dove si possono trovare tutte le notizie relative a questo caso – nasce dall'accordo tra il governo Berlusconi in carica dal 2001 al 2006 e il sindaco di Vicenza Enrico Hüllweck, Pdl, che, senza rendere partecipi i cittadini né il Consiglio comunale, decisero di accogliere nel territorio vicentino una nuova base americana come richiesto dal governo di Washington.
La nuova base americana andrebbe a occupare una zona a nord del comune di Vicenza nell'area dell'ex aeroporto Dal Molin e servirebbe agli Stati Uniti per riunire la 173esima brigata aviotrasportata Airborne, attualmente presente in parte ad Aviano (Pordenone) e in parte in Germania.
L'obiettivo statunitense è quello di usare questa nuova base per intervenire rapidamente nelle aeree geografiche del Medio Oriente in caso di conflitti.

Il referendum del 2008
La maggioranza dei cittadini di Vicenza e dei comuni limitrofi è fortemente contraria alla costruzione di questa nuova base militare. Lo dice anche un sondaggio della società Demos diretta da Ilvo Diamanti (63% di no).
Le ragioni dell'opposizione sono varie e possono essere riassunte nel fatto che il progetto di costruzione della nuova base ha un impatto ambientale ritenuto devastante dagli esperti.
C'è poi la considerazione che una città come Vicenza, considerata “patrimonio dell'umanità” dall'Unesco, non può fondare il suo futuro sviluppo su un'economia prevalentemente militare.
Il problema è stato affrontato anche dal governo Prodi e in particolare da Arturo Parisi, ministro della Difesa dal 2006 al 2008, che però non si sono mai espressi in maniera chiara contro l'allargamento della caserma Ederle (solo Rifondazione e la componente di sinistra degli ex Ds si erano pronunciati in questo senso).
Il 23 novembre 2006 Parisi invitava a Roma una rappresentanza dei Comitati dei cittadini per ascoltare la loro opinione L'incontro venne ritenuto proficuo, tanto è vero che prese forma l'idea di indire un referendum comunale consultivo. Una consultazione autogestita si è svolta a Vicenza il 5 ottobre 2008. L'iniziativa, priva di ufficialità, si è tenuta per protesta dopo che la proposta di un referendum indetto dalla giunta guidata dal sindaco Variati era stata bocciata dal Consiglio di Stato che nella sua sentenza scriveva: «Si tratta di una delibera illegittima nella misura in cui ha per oggetto un auspicio irrealizzabile, quale quello dell'acquisizione della zona aeroportuale, sul quale si sono pronunciate sfavorevolmente le autorità competenti ».
Lo stesso premier Berlusconi invitava il sindaco Variati a ritirare il proprio sostegno al referendum autogestito che invece si svolgeva regolarmente.
Ai seggi si è recato il 28,5% degli aventi diritto al voto, che erano 84.349. Lo spoglio – secondo gli organizzatori dei Comitati contro la realizzazione della nuova base americana – ha fatto emergere che il 95% dei votanti si è detto favorevole all'ipotesi che l'area dell'aeroporto venga utilizzata dalla città e non sia trasformata in base militare.
A controllare le operazioni di voto ci hanno pensato 500 volontari, tra scrutatori e presidenti di seggio. Cinzia Bottene, consigliere comunale e tra i leader dei Comitati No Dal Molin, ha detto in quella occasione: «Il voto è stata un'ottima risposta di partecipazione e democrazia a chi voleva imporre con l'autoritarismo scelte che riguardano il futuro della comunità locale vicentina». Giancarlo Galan, governatore del Veneto, aveva invece criticato l'iniziativa ritenendola del tutto inutile.
La lotta contro la base militare non è conclusa. Ora le scoperte archeologiche aprono un nuovo capitolo.

Manuela Bianchi da Terra

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