Lettera a Diliberto

All'On. Oliviero Diliberto
Segretario nazionale del PdCI

Caro Diliberto,
Ho lasciato il PdCI insieme ai compagni della mia sezione, la “25 Aprile”, che organizzava e rappresentava gli iscritti di tutto il Ponente genovese, quasi il 50% degli iscritti alla Federazione del PdCI di Genova, per fondare il Comitato per l'Unità della Sinistra (CUS). Avevo lasciato i Ds l'8 marzo del 2007 e non sono affatto pentito, considerato ciò che è diventato il Pd. Ho fatto, senza essere iscritto, la campagna elettorale per il PdCI nelle elezioni amministrative genovesi e ho trovato candidati e iscritti, nonché voti per il tuo partito. Nel luglio mi sono iscritto al PdCI, che mi sembrava il partito più somigliante al vecchio PCI. Faccio autocritica, mi ero sbagliato! Ricordo i tuoi elogi per il lavoro politico svolto a Genova e la tua affermazione, che credevo sincera, di una mia candidatura nelle future elezioni politiche. Nel 2008 cadeva il Governo Prodi e grazie alla tua proverbiale coerenza, fui candidato alla Camera. La mia candidatura però, durò pochissimo: ricevetti una telefonata dal responsabile di organizzazione, il tuo fido Orazio Licandro, con la quale mi comunicò che doveva prendere il mio posto perché era della Segreteria e nella sua Sicilia, negli accordi con la Sinistra Arcobaleno, per lui non c'era posto: sarei stato comunque candidato alle Regionali del 2010. Disciplinatamente feci la campagna elettorale, mentre il Segretario, nonché assessore regionale, Enrico Vesco, faceva l'accompagnatore ufficiale di Licandro. Appena iscritto al partito fui cooptato nel Comitato centrale, nella Direzione nazionale, nel Comitato federale genovese, non nel Comitato regionale ligure, dove vi era e vi è un Segretario regionale, che è così subalterno alla politica del Pd che avrebbe persino preteso che i miei atti e le mie dichiarazioni da parlamentare fossero concordate con lui che mai aveva preso una posizione diversa da quella del Pd. Vesco è un fedele! Lo è con te, lo è con il governatore Burlando, che invita a cena a casa sua, insieme ad altri esponenti di spicco del Pd: come tutti sanno il Segretario regionale è un cuoco sopraffino e per gli ospiti illustri, il suo menu preferito è a base di ravioli e muscoli (cozze) ripieni. Io preferisco i leali, ma ognuno ha i suoi gusti! Ma arriviamo al 2009 e Vesco, non il Comitato regionale ligure che non si riunisce quasi mai, mi candidò alle europee. Io accettai la candidatura non richiesta, soltanto per portare qualche voto al partito, nella consapevolezza che non avrei potuto essere eletto. Avrei scoperto soltanto dopo, che la sua proposta era stata fatta nell'intento di screditarmi: se avessi rifiutato sarei stato bruciato per le regionali, ma poiché avevo accettato, la sua opera era tutta volta ad oscurarmi, a non farmi apparire, al tentativo di non farmi prendere voti di preferenza, nonostante questo avrebbe danneggiato il Partito e la Federazione della Sinistra. Fui costretto a venire a Roma, a parlare con Licandro e a minacciare una conferenza stampa in cui avrei motivato perché gli elettori non dovevano votarmi. Dopo l'intervento di Licandro, Vesco abbozzò, ma non cambiò molto. Presi comunque un alto numero di preferenze, ma queste erano concentrate soprattutto a Genova, mentre Vesco mi aveva fatto terra bruciata a Savona, Imperia e La Spezia. Vesco arrivò persino al punto di non invitarmi alla presentazione alla stampa dei candidati, a cui partecipai soltanto perché lo venni a sapere per puro caso. Dopo le elezioni denunciai l'accaduto alla Direzione nazionale del PdCI, feci accuse pesanti elencando fatti e date. Il due di luglio, il Segretario della Federazione di Genova, assieme ad altri compagni, lasciò il partito e Vesco con mia sorpresa, venne nominato reggente della Federazione, in sostituzione del Segretario, ma Vesco decise di essere commissario e falsamente dichiarò che il Comitato federale era sciolto. Di fatto congelò l'attività del partito fino al 30 ottobre, voleva arrivare alle elezioni regionali come commissario, oltre a essere già segretario e assessore regionale. Caro Diliberto, nell'ottobre scorso ci incontrammo e chiesi quali atti avresti fatto a proposito del comportamento di Vesco. Ricordo la tua frase, che ti avevo già sentito pronunciare per la Camera dei deputati: “Tu sei già candidato alla Regione”! Ma veniamo al 2010, al 4 gennaio, due giorni prima della Befana, il nuovo Segretario a termine, fino alle elezioni, come si autodefinì, e consigliere regionale, Tirreno Bianchi, illustrò agli appena otto compagni presenti al federale (mancava il numero legale) che il Comitato regionale ligure (che avrei scoperto non essersi mai formalmente riunito) aveva deciso “come da statuto” che i candidati del PdCI dovevano essere quattro, di cui tre donne, che in qualche modo, ancor prima del federale, lui stesso aveva già direttamente o indirettamente contattato. Alla mia domanda su chi fosse il maschietto candidato, il Segretario non propose, ma affermò di essere egli stesso il candidato. Non ci fu neanche bisogno di discutere o di votare, tutto era stato già deciso, ma Bianchi bontà sua, assieme agli altri membri del regionale genovese, avrebbe polemizzato, a suo dire con Vesco, perché le donne fossero due invece di tre. La farsa era iniziata. L'indomani telefonai a Licandro il quale mi disse che il 7 avrebbe parlato con te, Diliberto, e mi avrebbe informato: ovviamente ciò non accadde, nonostante le mie numerose telefonate. L'11 fu convocato un altro Comitato federale alla presenza di Vesco che per l'occasione si inventò un'altra menzogna, dichiarò che a norma di stauto io avevo già fatto due mandati in Parlamento che erano equiparati a quelli regionali e pertanto non potevo essere candidato: alla mia domanda su come avesse potuto allora candidarmi al Parlamemto europeo, Vesco rispose col silenzio. Caro Diliberto, il 13 gennaio venni in direzione per incontrarti: dopo ore di anticamera e approfittando di una tua uscita dall'ufficio per andare in bagno, ti strappai la promessa che se attendevo il tuo ritorno da Fiumicino dove dovevi recuperare una valigia, avremmo potuto parlare. Pazientemente attesi e ti illustrai quanto successo, rammentandoti gli impegni che avevi preso con me e che quanto avevo denunciato in direzione si avverava, in un accordo strumentale tra Vesco e Bianchi. Ti ricordai Vesco mi considerava un concorrente non assoggettabile e che non ci stavo a farmi prendere per i fondelli da lui. Mi rispondesti che anche tu ti sentivi preso per i fondelli, dato che a ottobre avevi comunicato a Vesco la tua decisione di candidarmi e che l'indomani mattina avresti parlato con lui. L'indomani, 14 gennaio, ovviamente né tu né Licandro mi telefonaste: provai io diverse volte con Licandro dato che non conosco il tuo cellulare e la segretaria non ti passa le telefonate. Visto che Licandro non rispondeva, trovandomi a Roma, tornai in Direzione, gli parlai personalmente e conobbi l'ultima versione di Vesco: “era la mia Sezione che aveva voluto a tutti i costi candidare una donna e quindi lui non c'entrava. Se la Sezione avesse candidato il sottoscritto, la cosa andava bene, lui non avrebbe posto veti”. Mentiva spudoratamente, in quanto la mia Sezione aveva chiesto a una compagna se era disposta a stare in lista su richiesta del Segretario federale, ma dava per scontato che Aleandro Longhi fosse il candidato naturale alle regionali perché in città era colui che aveva il maggior consenso, così come dimostrato anche nelle recenti elezioni per il Parlamento europeo. Quando i compagni della sezione seppero delle mistificazioni di Vesco, in accordo con Bianchi, la compagna Castello che precedentemente aveva dato la disponibilità a essere candidata, non volendo essere usata contro di me, ritirò la sua disponibilità e la Sezione all'unanimità mi indicò quale unico candidato. Lo scrissero a te, a Vesco, a Tirreno Bianchi, così come feci anch'io. Non ti sei degnato di una risposta. Telefonai io stesso a Bianchi per comunicargli la notizia, ma diede in escandescenze: “O me, o te”! Capii, se ce ne fosse stato bisogno, che il suo problema era quello di essere l'unico candidato dei Comunisti, non gli interessavano maggiori consensi alla lista, ma soltanto che gli iscritti facessero campagna elettorale per lui per dargli la possibilità di essere eletto, a scapito dei candidati di Rifondazione. Il 18 gennaio nuova convocazione del Federale e bontà sua, il Segretario mise all'ordine del giorno, la “questione Longhi”. In quell'occasione immancabilmente si toccò il fondo: lo stesso Segretario della federazione, mentre io e altri sostenevamo che bisognava fare una lista con i candidati che avessero maggior consenso, sosteneva: “O io, o te”. Addirittura lui che al Federale del 4 gennaio disse che avrebbe protestato con Vesco perché tre donne erano troppe, in quell'occasione sostenne che se il Federale avesse proposto il mio nome, sarebbe stato necessario riunire di nuovo il Comitato regionale e non c'era il tempo perché per il 20 era già stata indetta una conferenza stampa per presentare i candidati (per inciso, la conferenza stampa non si tenne il 20, bensì il 25), ma se la candidata che ancora mancava fosse stata una donna, non sarebbe stato necessario riunire il Comitato regionale. Un'aberrante dichiarazione che porterebbe a dedurre quanto poco contino le donne per qualcuno, non serve nemmeno indicarne il nome, sono strumentali a raggiungere l'obiettivo: infatti Bianchi fece votare che il Federale voleva mettere in lista tre donne indipendentemente da chi fossero. Leggendo i giornali, qualche giorno dopo seppi che la terza donna individuata da Bianchi era la moglie dell'assessore Senesi.
Seppi che l'indomani, il 19 gennaio, Vesco e Bianchi erano venuti a Roma per parlare con te e Licandro. Non ebbi più notizie. Solo il giorno dopo, a seguito delle mie numerose chiamate, finalmente Licandro mi chiamò verso le 20 per comunicarmi che Vesco e Bianchi avevano sostenuto che io avrei preso i voti nello stesso bacino elettorale in cui voleva prenderli Bianchi e quindi avrei tolto a lui la possibilità di essere eletto, pertanto, anche tu, Diliberto, nonostante gli impegni presi con me e nonostante io non pretendessi di essere l'unico candidato, anzi volessi la candidatura di Bianchi e altri che avrebbero potuto far confluire voti alla lista, hai condiviso le pretese di Bianchi, ti sei fatto prendere in giro da Vesco e hai dimostrato che la tua intenzione di costruire, attraverso la Federazione della Sinistra, un unico partito della sinistra, è soltanto una proposta fatta “con la volpe sotto l'ascella”. L'ultima chicca propostami da Licandro, è stata l'offerta di un ipotetico Consiglio di amministrazione. Ti parrà strano, ma non sono in cerca di posti, mi piace fare politica in maniera chiara, seria e leale, come da una vita vado facendo. Perciò abbiamo costituito il Comitato per l'Unità della Sinistra (CUS), farò la campagna elettorale in favore della lista della Federazione della Sinistra e per i candidati animati da spirito unitario. Ormai mi appari sempre più come il comandante di una nave che fa acqua da tutte le parti e che invece di chiudere le falle, sale sul pennone più alto. La tua nave affonderà e anche il pennone più alto verrà sommerso. Ti rendi conto che dietro di te non c'è più nessuno? Fai un sondaggio, chiedi chi sono i dirigenti del tuo partito: non lo sa nessuno. Dal pennone più alto riunisci i venti segretari regionali, alcuni sono i “fedeli”, nessuno ti contesta e così credi che tutto vada bene. Ogni tanto si commissaria una Federazione o un Comitato regionale e giulivamente si prosegue. Ti suggerisco di non citare Berlinguer: la questione morale non è soltanto limitata ai furti o alle tangenti, ma estesa al mancato mantenimento degli impegni presi, all'essere uomini di parola, non di parole.
Ti allego l'Odg approvato all'unanimità dalla Sezione “25 Aprile” di Genova.
Tanto ti dovevo.
Cordialità
On. Aleandro Longhi, presidente del CUS e già membro del Comitato centrale, della Direzione nazionale e del Comitato federale genovese del PdCI

Ordine del Giorno
L’Assemblea degli iscritti alla Sezione del PdCI “25 Aprile” convocata congiuntamente al direttivo
il giorno 22 Gennaio 2010 in Via Vado 86r

CONDANNA

gli atti autoritari e discriminatori perpetrati dal segretario regionale, il suo atteggiamento subalterno alla politica del PD e l’arroganza con cui ha trattato per sé la riconferma di un assessorato in Regione nonché la sua esclusiva candidatura a La Spezia e in un primo tempo persino a Savona;
DENUNCIA
come sia inaccettabile che il segretario provinciale in connivenza con quello regionale abbia comunicato al comitato federale la sua candidatura che doveva essere accompagnata da quella di tre candidate poco conosciute dagli elettori, per essere di fatto il candidato unico e quindi poter sperare in una elezione nella lista della Federazione della Sinistra a scapito dei candidati di Rifondazione;
RILEVA
come non si sia tenuto in alcun conto della candidatura espressa all’ unanimità dal direttivo della sezione “25 Aprile” e si sia invece proceduto, in modo settario, a privilegiare il voto di preferenza al “candidato unico” anziché il voto alla lista della Federazione della Sinistra;
APPREZZA
Rifondazione Comunista che ha candidato i compagni più conosciuti e più esperti e che possono quindi portare voti alla lista della Federazione della Sinistra;

Stigmatizza, con rammarico,
che anche, il segretario nazionale del Partito, rinnegando gli impegni precedentemente presi, abbia avallato gli atti autoritari, settari e discriminatori perpetrati a livello regionale e provinciale

PERTANTO

la Sezione “25 Aprile”, che rappresenta circa il 50% degli iscritti alla Federazione del PdCI di Genova, decide di:

– uscire dal PdCI
– dar vita al Comitato per l’Unità della Sinistra (CUS)
– aderire alla Federazione della Sinistra
– chiedere ospitalità al Partito della Rifondazione Comunista nel circolo “Rovatti” di Via Vado 49r
– sostenere la campagna elettorale per la lista della Federazione della Sinistra e per i candidati animati da spirito unitario e che abbiano provata capacità, esperienza e visibilità .
– organizzare e promuovere il CUS anche in altre Regioni e Città del nostro Paese.

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