In troppi nel PD tendono a banalizzare l’appello del Cardinal Bagnasco

UFFICIO MONDO CATTOLICO UDC

In troppi nel PD tendono a banalizzare l’appello del Cardinal Bagnasco su una nuova generazione di cattolici in politica, come se il richiamo non contenga alcuna novità o addirittura debba essere stoppato nella vecchia logica dell’invasione clericale in campo civile.
Allo stesso modo in troppi a destra considerano come fatto quello che Bagnasco chiede di realizzare perché ci sono loro, PDL e LEGA, che già sostanziano l’impegno dei cattolici in politica.
Credo che i partiti debbano porsi con più rispetto ed umiltà nei confronti di una necessità per nulla vecchia e per nulla scontata.
Se il Cardinal Bagnasco chiede ai cattolici di impegnarsi in politica è evidente che ciò avviene poco e male e tutto questo forse da troppo tempo.
Da credenti riteniamo invece che questo appello giunga come una grazia che riconosce la necessità di rinnovare la vita politica troppo astiosa e logora e offra il contributo determinante dei cattolici italiani quale risorsa morale e spirituale per la realizzazione del bene comune in Italia.
Il rispetto della divisione dei ruoli impone alla Chiesa il compito di formare ed educare alla vita civile e ai partiti quello di accogliere la partecipazione dei cattolici impegnati nel rispetto delle regole democratiche che debbono fondare l’esistenza dei partiti stessi.
Condividiamo in pieno il sogno del Presidente della CEI e per questo offriamo l’apertura più sincera alle istanze e agli uomini espressione delle realtà ecclesiali del nostro Paese.
On. Luca Marconi

Conferenza Episcopale Italiana
CONSIGLIO PERMANENTE
Roma, 25 – 27 gennaio 2010

PROLUSIONE
DEL CARDINALE PRESIDENTE

10. Mi avvio alla conclusione, confidando un sogno, di quelli che si fanno ad occhi aperti, e che dicono una direzione verso cui preme andare. Mentre incoraggiamo i cattolici impegnati in politica ad essere sempre coerenti con la fede che include ed eleva ogni istanza e valore veramente umani, vorrei che questa stagione contribuisse a far sorgere una generazione nuova di italiani e di cattolici che, pur nel travaglio della cultura odierna e attrezzandosi a stare sensatamente dentro ad essa, sentono la cosa pubblica come importante e alta, in quanto capace di segnare il destino di tutti, e per essa sono disposti a dare il meglio dei loro pensieri, dei loro progetti, dei loro giorni. Italiani e credenti che avvertono la responsabilità davanti a Dio come decisiva per l’agire politico. So che per riuscire in una simile impresa ci vuole la Grazia abbondante di Dio, ma anche chi accetti di lasciarsi da essa investire e lavorare. Ci vuole una comunità cristiana in cui i fedeli laici imparino a vivere con intensità il mistero di Dio nella vita, esercitandosi ai beni fondamentali della libertà, della verità, della coscienza. Cresce l’urgenza di uomini e donne capaci, con l’aiuto dello Spirito, di incarnare questi ideali e di tradurli nella storia non cercando la via meno costosa della convenienza di parte comunque argomentata, ma la via più vera, che dispiega meglio il progetto di Dio sull’umanità, e perciò capaci di suscitare nel tempo l’ammirazione degli altri, anche di chi è mosso da logiche diverse. Se questo è un sogno, cari Confratelli, so che ad esso ci si può avvicinare anzitutto attraverso le circostanze ordinarie dell’esistenza, le tappe apparentemente anche più consuete, ma che racchiudono in se stesse la cadenza del progetto che avanza. Ecco, vorremmo che i valori che costituiscono il fondamento della civiltà − la vita umana comunque si presenti e ovunque palpiti, la famiglia formata da un uomo e una donna e fondata sul matrimonio, la responsabilità educativa, la solidarietà verso gli altri, in particolare i più deboli, il lavoro come possibilità di realizzazione personale, la comunità come destino buono che accomuna gli uomini e li avvicina alla meta…− formassero anche il presupposto razionale di ogni ulteriore impresa, e perciò fossero da costoro ritenuti irrinunciabili sia nella fase della programmazione sia in quella della verifica. Non a caso la vicenda sociale è oggi, a giudizio della Chiesa, radicalmente antropologica (cfr Caritas in Veritate, n. 15).

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