di Jacopo Iacoboni, da la Stampa, 26 gennaio 2010
«Che figura da cioccolatai hanno fatto a Bari questi dirigenti del Pd…». Sono le 11,50 e Umberto Eco è nel caffè al piano terra del museo di Punta della Dogana, il gioiello restaurato da Tadao Ando tra Canal Grande e Canale della Giudecca. Il più importante scrittore italiano, con un gruppetto che lo accompagna, ha appena finito un caffè e si dirige verso l'ascensore. È a Venezia perché tra poche ore presenterà, a Palazzo Grassi, il suo ultimo libro, «Vertigine della lista». Naturalmente, non di liste elettorali si parla nel brillante saggio, ma il giorno dopo le primarie del centrosinistra la tentazione di sapere come la pensa è troppo forte. Parlare di altre, liste.
E lui non si sottrae allo scambio di battute. Non è un’intervista, chiarisce, «questa chiacchierata». Nondimeno l'analisi è come al solito acuminata. «A Bari hanno fatto una figura da cioccolatai, non era difficile prevedere la vittoria di Vendola, no?», sospira mentre, giacca pesante di lana verde, scarpe robuste, bastone anti-mal di schiena alla mano, sta uscendo dall’ascensore e sale l’ultima rampa di scale che conduce al Belvedere interno. Gli illustrano l’unica opera collocata lassù, un elefante di polistirolo espanso appeso al soffitto a cassettoni, «Man on the Moon» di Mark Handforth. Non è la cosa più bella che ci sia qui dentro, ma il grande semiologo è come sempre curiosissimo. Verrebbe da chiedergli se anche i dirigenti del Pd non vivano un po’ sulla luna; specie quelli che si ritengono unici professionisti della politica. D'Alema si era speso molto, professor Eco, per la candidatura di Francesco Boccia contro Nichi Vendola, il risultato non gli dà ragione, lei che impressione aveva stamattina leggendo i giornali? Mentre ridiscende le scale Eco accenna un sorriso amaro: «D'Alema non ne ha indovinata una da quarant'anni, si presenta come il più esperto di tutti, in realtà le ha sempre sbagliate tutte». Giudizio che arricchisce con un stoccata: «Non ne indovina una da quando non finì il corso di laurea alla Normale. Da lì è stato un susseguirsi di errori».
In «Vertigine della lista» Eco enumera una gran quantità di liste letterarie. Spesso sono elenchi compilati per il puro, caotico gusto della cantabilità della lista. Il caos, insomma, ha un senso paradossale. In politica, però, sarebbe meglio evitarlo. Perché il Pd continua a incappare in vicende come quella pugliese? «D’Alema, è convinto di essere uno stratega, in realtà ha distrutto tutto quello che ha toccato», e mentre lo dice Eco rotea un po’ nell’aria il bastone, quasi minaccioso. «Io ero tra quelli riuniti a Gargonza, e ricordo benissimo com'è andata la storia successiva. Checché ne dica, D'Alema ha grandi responsabilità anche nella caduta del governo di centrosinistra».
Scorrono opere a volte solo bizzarre, altre volte toccanti. L'intellettuale che più ha studiato i meccanismi della citazione si sofferma divertito dinanzi a un grande campo di calcio verde (al posto dei giocatori, omini in divisa militare, o in abito arabo) sovrastato da un meteorite enorme, appeso al soffitto. Si chiama «A Football Match of June 14th», è opera di un cinese, Huang Yong Ping, che aveva letto due notizie disparate e le aveva messe insieme. Di nuovo il grande filo del caos della postmodernità. Mentre sta per arrivare all'ultima sala, Eco confida «è molto bello il lavoro fatto da Tadao Ando». A dispetto delle tante polemiche anti-Cacciari in laguna. C’è il tempo per un'ultima domanda, nutre qualche residua speranza nel Pd? «Lo dissi subito, fin dalla nascita, che non ci credevo, la fusione è nata fredda, e non laica. Com’è andata lo vediamo. Occorrerà trovare qualcos’altro. Io non so cosa», sospira. Non vuole parlare, invece, di come s’evolve il berlusconismo. Intorno i suoi accompagnatori stanno prenotando al molo di Madonna della Salute il taxi dell’acqua. Anche questa visita, come forse una stagione della sinistra, è finita.