di Leoluca Orlando
Ancora una volta non commento una sentenza penale. Ma non si puo', pero' attendere che si chiuda con una sentenza definitiva un procedimento per commentare i fatti ammessi o accertati, dai quali quel procedimento trae origine, e che sara' la sentenza definitiva a definitivamente qualificare come reati.
I fatti, ammoniva George Bernard Shaw, sono argomenti testardi. La nota, accertata e sinanco ammessa frequentazione da parte di Cuffaro di esponenti mafiosi e il loro sostegno elettorale, la “promozione” politica anche con la elezione al Parlamento siciliano di esponenti delle forze dell'ordine infedeli allo Stato e fedeli a mafiosi e clientele, la presenza – in prima persona o per interposto congiunto – nel mondo degli affari (alberghi, cliniche private, investimenti immobiliari e aziende agricole), i sodalizi con imprenditori e banchieri beneficiari di risorse e privilegi regionali sono fatti che hanno profondamente condizionato la vita politica regionale e contribuito all'imbarbarimento etico della Sicilia.
Quanti hanno avuto e tuttora hanno frequentazioni e sodalizi alla Cuffaro? La domanda non mira ad alleggerire la severissima critica a Cuffaro ma, al contrario, a denunciare il rischio che divenga “cultura politica” la spregiudicatezza nelle frequentazioni e nei sodalizi di affari, l'accaparramento famelico di risorse pubbliche, la confusione tra pubblico e privato, il conflitto di interessi. Il “cuffarismo” come il “berlusconismo” sono una disastrosa perversione dei valori della politica, della economia, della cultura, e ciò a prescindere dalle sentenze penali di condanna, che per loro natura arrivano, comunque, sempre dopo che il danno è stato provocato.
La politica deve lasciare la Magistratura svolgere il proprio compito in autonomia e indipendenza.
Faccia invece la politica la propria parte censurando ed espellendo, non candidando, quanti hanno strane frequentazioni e utilizzano ruoli pubblici per accaparramento di privilegi e risorse pubbliche.