Un punto dell’economia: i danni del processo breve

di Sandro Trento

Il governo ha deciso di procedere all'approvazione di una legge che comporterà la cessazione di tutti i processi che siano durati più di due anni. Un processo estinto attraverso una legge di questo tipo non potrà più essere ripetuto. L'imputato che beneficierà dell'estinzione del processo si troverà in una situazione fortunata, risolvendo tutti i suoi problemi con la giustizia. Si tratta di un provvedimento molto grave, senza precedenti nella storia repubblicana: il governo, di fatto, utilizza il potere legislativo per contrastare il potere giudiziario, usando una legge parlamentare per impedire alla magistratura di andare avanti con i processi.

In Italia c'è un problema riguardante i tempi della giustizia. La durata media dei processi, per causa di lavoro, è pari a 700 giorni, mentre in Francia, sempre per una causa di lavoro, ci vogliono soltanto 350 giorni, nei Paesi bassi 265. Per un recupero crediti in Italia ci vogliono in media 1210 giorni, in Francia 331.

I tempi lunghi della giustizia sono un problema per tutti i cittadini e sono legati alla bassa produttività dei tribunali e all'eccessiva complicazione delle procedure. Ma questi tempi lunghi della giustizia danno vita ad una spirale viziosa: l'incertezza dei tempi con cui la giustizia giunge ad una decisione incentiva l'illegalità, e finiscono per aggravare ulteriormente il carico di lavoro dei tribunali.

E' importante e necessario affrontare il tema dei tempi della giustizia, ma questo provvedimento del governo non ha l'obiettivo di accelerare per tutti i cittadini i tempi della giustizia, ma di difendere gli interessi di una persona in particolare: Silvio Berlusconi, che risolverebbe gran parte dei suoi problemi giudiziari, mentre tutti i problemi dei tempi della giustizia rimangono, perché non si va ad incidere sulle procedure, non si migliora l'efficienza dei tribunali, non si assumono nuovi magistrati e non si realizzano investimenti informatici per consentire processi telematici.

Quello che succederà, con questo provvedimento, sarà che ogni giudice dovrà decidere se concentrare la propria azione giudiziaria e il proprio tempo solo su quei provvedimenti che possono essere chiusi nell'arco dei due anni, altrimenti avrà sprecato il suo tempo. La prima questione che sorge è quella dell'obbligatorietà dell'azione penale, che a questo punto andrà a “farsi friggere” perché i giudici dovranno decidere ogni volta se vale la pena avviare un provvedimento giudiziario o meno. Si creerà un forte incentivo da parte della parte accusata a ritardare le cause sperando di far decadere l'azione penale.

Di fatto, viene meno la certezza dell'azione penale, uno dei cardini dell'economia e del mercato. In tutte le situazioni nelle quali le imprese e i cittadini rischieranno di essere truffati, ingannati e di subire un torto, non potrebbero veder mai prevalere il loro punto di vista. Pensiamo al caso Parmalat e al caso Cirio, tutte azioni che hanno richiesto più di due anni da parte dei cittadini per far rispettare i propri diritti e che, una volta entrata in vigore questa legge, verranno meno. Pensate all'azione penale in corso per le scalate bancarie contro l'ex governatore della Banca d'Italia Fazio, anche in questo caso verrebbe meno perché sono passati più di due anni.
Questo è un provvedimento che rischia di ridurre l'attrattività dell'economia italiana per gli investitori stranieri, che ci vedranno come un Paese dove non c'è la certezza del diritto, e rischia di mettere a repentaglio i diritti dei piccoli risparmiatori, dei cittadini, che non potrebbero far rispettare le proprie posizioni.

Un provvedimento che non è nell'interesse del Paese, ma nell'interesse personale di una singola persona, un provvedimento molto grave al quale dobbiamo opporci.

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