FIAT-MIRAFIORI,Referendum+MELFI,furti mensili di 1Mil.€. -1.’11

Leonida Laconico

L’insensato e furibondo Referendum alla Fiat Mirafiori, è nato solo dalle posizioni arcaiche e prettamente ideologiche della FIOM-CGIL per esprimere, con la solita arroganza e demagogia, la classica Lotta di Classe non solo verso il “Padrone” ,ma anche verso quella classe rappresentata dai colleghi (CISL,UGL,UIL …) piu’ maturi nel capire le istanze obbligate per stare sul mercato internazionale od uscirne per un naturale rigetto.

Potevano evitare di spargere velenose menzogne sui diritti calpestati ( 10 minuti più o meno di pausa, turni troppo serrati per “favorire la produzione”,…) ,senza accennare minimamente a migliorie di trattamento ottenute e soprattutto ai fattori d’impedimento che hanno visto la “grande CGIL” (grande solo in spacconeria ed istigazione) in alcuni recenti casi, connivente coi sabotatori in catena di montaggio e reticente (Assieme a tutta l’altra “grande” Informazione dominante) sui colossali e persistenti furti (vedi Articolo seguente) sempre a Melfi.

Questi furtarelli emersi in vera sordina e solo per caso all’opinione pubblica ,lasciano ipotizzare la certezza che il fenomeno non solo non sia isolato ,ma ,ancor più grave, che gli organi interni di controllo del sindacato maggiore non funzionano perché sono rivolti a cercare solo “l’erba che Dio maledisse”, senza un minimo di autocritica.

Inoltre la mia considerazione sulla loro unica bandiera dei diritti negati,sarà impietosa ,ma cruda realtà: come possono dimenticare che, rispetto alla restanti categorie di lavoro in Italia (Agricoltura, Artigianato, Commercio,…), debbono già considerarsi troppo avvantaggiati sia sotto il profilo delle tutele (Cassa Integrazione inesistente per tanti), sia per la certezza del futuro ,sia per vantaggi economici.

Poi se rivolgiamo un occhio all’estero ,certamente non tirerò in ballo Cina,India,Brasile che ,pur di conquistare i mercati e produrre lavoro, non guardano certo con l’occhio sottile della CGIL,ma neanche è accettabile la litania di “invidiare” le conquiste ottenute dalla Germania per equipararci solo ai risultati,senza tirare altre considerazioni sui percorsi e sulle dinamiche di “civiltà,sacrificio e partecipazione” vissute (aggiungo anche senza i ns.sabotaggi e furti). Tutti i Paesi vorrebbero essere Germania,tutti gli uomini vorrebbero diventare Leonardo da Vinci ! …Mica male.

In sostanza l’aria che tira non solo in Italia e non solo sul caso FIAT,obbligherebbe chiunque e senza spremere troppo le meningi a rinunziare a troppi grilli in testa stando coi pidi a terra.

Non s’è capito che in Occidente tutto è irreversibilmente cambiato, ma, trovando i giusti equilibri, tutti ne guadagneranno.

Ci hanno fatto sognare per decenni che si poteva crescere all’infinito , ma aver bandito ogni Valore Etico, ha trasformato quel sogno in un inevitabile incubo.

Leonida.Laconico@terra.com

(ex: Leonida-Laconico@libero.it )

Lunedì, 30 Agosto 2010 13:06

Fiat di Melfi, furti record sottratti ogni mese 1 milione di euro di ricambi

Quello dei furti nella Sata di Melfi è un fenomeno che ha ispirato diverse indagini giudiziarie e operazioni di polizia e carabinieri. Da ricordare, in particolare, l’inchiesta «Fiat Lux» con l’esecuzione di nove ordinanze di arresto e una di obbligo di dimora nell’ambito dei 40 indagati. La procura di Melfi, a novembre del 2006, ha indagato su una presunta associazione a delinquere finalizzata alla ricettazione di componentistica di auto.

In pratica, secondo l’accusa, venivano rubati dallo stabilimento di Melfi della Sata pezzi per auto per un valore di circa un milione di euro al mese. Cifra che, in qualche modo, consentiva di non incidere in maniera visibile sulla produzione. Tir che entravano, venivano registrati e uscivano carichi. Materiali che sparivano dopo essere già stati immagazzinati. Container mezzo vuoti già all’atto della consegna. Il tutto finiva sul mercato dei ricambi, con un doppio danno all’azienda: la perdita per il furto, il mancato introito per i ricambi originali.

Un traffico importante, che aveva una «rete di vendita» in almeno 10 regioni e cioè, oltre alla Basilicata, Puglia, Campania, Lazio, Umbria, Abruzzo, Marche, Toscana Piemonte e Friuli Venezia Giulia. Al centro alcuni dipendenti «infedeli» di un’azienda – che curava la logistica nello stabilimento automobilistico lucano – verso la quale la Fiat ha avviato le proprie azioni legali di risarcimento danni.

Proprio i magazzini gestiti dall’azienda contoterzista sarebbero stati «l’anello debole del sistema». Un nucleo stabile di 7-8 persone gestiva con un’organizzazione definita «a cellule» la fuoriuscita del materiale. I carichi, a volte selezionati sulla base di veri e propri «ordinativi» venivano individuati, e quando turni e condizioni giuste si incastravano, venivano portati all’esterno e venduti.

I carabinieri del nucleo operativo di Melfi, nel corso delle indagini, ne hanno recuperati tanti, per un valore di circa 6 milioni di euro. E proprio in quei pezzi recuperati c’è una delle prove fondamentali del traffico. I pezzi del gruppo Fiat hanno due tipi di marchiatura differente a seconda che siano destinati al montaggio in fabbrica o alla ricambistica. Quelli ritrovati erano di questo secondo tipo. Come pure le confezioni che li contenevano erano differenti da quelle della ricambistica ufficiale e corrispondenti a quelle destinate alle fabbriche. All’epoca sono stati perquisiti non solo i magazzi della Sata di Melfi, ma anche quelli di Piedimonte San Germano, nel Frosinate. La Fiat, in una prima fase, avrebbe voluto stendere un velo sulla vicenda per evitare problemi di immagine, ma alla fine ha denunciato tutto perché la situazione rischiava di precipitare. Tra un furto e l’altro.

[ma.bra.]

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