La misura è colma!

di Giovanni Sarubbi

Sullo strapotere del padronato che non rispetta oramai alcuna legge sul lavoro e alcuna sentenza della magistratura

I quotidiani nazionali di ieri 8 gennaio hanno riportato la notizia su una operaia di una ditta multinazionale operante in provincia di Avellino che, dopo aver vinto la causa da lei intentata per ottenere il posto di lavoro, si è vista recapitare una lettera dall’azienda che la trasferisce per un anno a New Delhi in India presso una azienda consociata. (vedi notizia e lettera di trasferimento di seguito in allegato).
Chi conosce il mondo del lavoro italiano sa bene che simili procedure da parte del padronato non sono una novità. Da sempre le imprese, soprattutto le grandi imprese, hanno resistito con tutti i mezzi alle decisioni della magistratura del lavoro, soprattutto in tema di assunzione. La novità di questo caso è legato al luogo del trasferimento distante oltre diecimila km dal luogo di residenza dell’operaia. Ma la stessa cosa sarebbe stata se avessero proposto all’operaia un trasferimento in un paese del nord Italia. E’ un modo questo per indurre il lavoratore a desistere dalla sua battaglia convincendolo che contro il padronato nulla è possibile. “Qui comandiamo noi – dicono i padroni delle imprese – e non c’è giudice che tenga”.
Nel passato queste azioni di ritorsione del padronato nei confronti dei lavoratori che ricorrevano alla magistratura per ottenere il riconoscimento dei loro diritti erano di molto attutite dalla forza del movimento sindacale e dall’esistenza di un blocco sociale facente capo all’allora PCI e agli altri partiti della sinistra, che oramai non esiste più, che con la propria forza di mobilitazione era capace di impedire i soprusi e le violenze ai danni dei lavoratori. Senza questa forza sociale si arriva oggi alla violazione costante e sistematica di tutte le leggi sul lavoro, comprese quelle apertamente filo padronali che hanno introdotto la precarizzazione del lavoro, alias caporalato legalizzato, e distrutto i diritti elementari dei lavoratori a cominciare dalle otto ore di lavoro, alle ferie, alle malattie, alla maternità, ad un salario che consenta una vita libera e dignitosa così come recita la nostra Costituzione.
Il padronato nel suo complesso ritiene di poter fare a suo piacimento e di essere onnipotente e padrone dello Stato. Ma questi atteggiamenti, che al momento possono sembrare invincibili e incutere paura ai lavoratori, alla lunga non fanno altro che creare le condizioni per gravi scontri sociali, perché le diseguaglianze e l’immiserimento progressivo della parte più debole della popolazione non possono essere a lungo sopportate. Oggi la maggioranza dei lavoratori sembra essere soggiogata dalle ideologie padronali, ma non ci metteranno molto a capire con chi hanno a che fare.
Occorre allora che i sindacati ritornino a fare i sindacati dei lavoratori liberandosi delle ideologie che li hanno resi succubi delle logiche padronali e tornare a chiedere con forza il rispetto di quanto la nostra Costituzione prevede, checché ne dicano Brunetta e soci. Aver ceduto per troppi anni alle richieste padronali ha generato la crisi economica enorme nella quale viviamo e di cui il caso di questa operaia in provincia di Avellino è solo uno degli esempi più eclatanti. La misura è colma.
Giovanni Sarubbi

Il testo della notizia e la lettera dell'azienda

La vicenda è stata denunciata dalla Uilm di Avellino
L'operaia, grazie a una sentenza, ha diritto a riottenere il proprio posto di lavoro
Il giudice 'reintegra' un'operaia ma l'azienda la distacca in India
di Rosaria Amato *

AVELLINO – Il giudice dispone l'assunzione a tempo indeterminato di un'operaia, dichiarando illegittime le proroghe dei contratti a termine, e l'azienda si adegua, accettandone il reintegro nel posto di lavoro, ma distacca la dipendente in India per un anno. A denunciare la vicenda il segretario dei metalmeccanici Uil di Avellino, Gaetano Altieri. L'azienda è la Catering Equiment Industry di Montemiletto (Avellino), del gruppo Desmon; produce ed esporta in tutto il mondo frigoriferi industriali. E l'operaia è Gaetanina Di Paolo, 49 anni, madre di quattro figli.

La Di Paolo “per poter proficuamente svolgere la prestazione inerente alle mansioni di assemblaggio frigoriferi che svolgeva all'epoca del licenziamento”, si legge nella lettera inviata dall'azienda, dal prossimo primo febbraio dovrà trasferirsi a New Delhi, dove l'azienda ha una propria sede, e rimanervi fino al 31 gennaio 2011. L'azienda ha anche invitato l'operaia a presentarsi alla direzione aziendale, “munita di passaporto in corso di validità”.

“Una vergogna – denuncia Altieri – un atteggiamento discriminatorio nei confronti di un'operaia e di una madre. Gaetanina Di Paolo aveva avuto diversi contratti a termine, a un certo punto ha rivendicato l'assunzione, e l'ha ottenuta: il giudice ha riconosciuto l'esistenza di un contratto indeterminato. E l'azienda questa gente non la vuole: trasferire in India una semplice operaia non ha alcun senso dal punto di vista produttivo e organizzativo, si tratta solo di una ritorsione”.

La lettera della Desmon è firmata da Federica Vozzella, responsabile del gruppo industriale e vice-presidente dell'Unione industriali di Avellino. Contattata da
Repubblica.it Federica Vozzella non ha voluto esprimere alcuna posizione sulla vicenda: “Non ritengo questa notizia fondata né dal punto di vista giornalistico né territoriale – ha detto – non ha alcuna valenza, non intendo rispondere ad alcuna domanda di questo tipo. Quando avrò qualcosa da comunicare ai giornali lo farò di mia iniziativa”.

Gaetanina Di Paolo non si è presentata ancora alla direzione aziendale e probabilmente a questo punto si aprirà un nuovo contenzioso legale: l'operaia infatti non è nelle condizioni di potersi trasferire in India, peraltro in un'altra azienda del gruppo Desmon e con gli stessi livelli retributivi maturati alla data del suo licenziamento.

“Le motivazioni del trasferimento – ribadisce in una nota il sindacato- sono del tutto pretestuose e intendono intralciare la reintegrazione disposta dal giudice (la dott.ssa Giuseppa D'Inverno del Tribunale di S. Angelo dei Lombardi (Avellino), ndr) piuttosto che soddisfare una urgente e improrogabile esigenza aziendale”.

© la Repubblica, 08 gennaio 2010

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