Filosofi. Ambivalenza non è equivalenza

Il Tempo 21 dicembre 2009

Che faccio? Ma la tengo questa creaturina che ho messo al mondo, oppure me ne libero? L'amo oppure la odio?. A leggere un capitolo del nuovo libro di Umberto Garimberti, si ha l'impressione che ogni mamma viva sempre questo dramma. Scrive: “L´amore materno non è mai solo amore perché ogni madre è attraversata dall´amore per i figli ma anche dal rifiuto dei figli…Nella donna, infatti…si dibattono due soggettività antitetiche…Una soggettività che dice «Io» e una soggettività che fa sentire la donna depositaria della «specie» . Il conflitto tra queste due soggettività è alla base dell´amore materno, ma anche dell´odio materno, perché il figlio, ogni figlio vive e si nutre del sacrificio della madre…Questa ambivalenza del sentimento materno…va riconosciuta e accettata come cosa naturale…”. Non sono un esperto in materia e mi guardo bene dal mettere in dubbio quanto afferma il filosofo, però mi pare sarebbe stato opportuno chiarire che l'ambivalenza non è equivalenza. Che di norma c'è una naturale enorme differenza tra la forza dell'amore materno e la forza dell'odio materno. Il primo finisce per neutralizzare il secondo. Non credo, tra l'altro, che la stessa ambivalenza sia presente nel mondo animale. La maggior parte dei mammiferi, e numerosi uccelli hanno cura dei figli. La cura della prole appare maggiormente diffusa tra gli animali più evoluti.

Attilio Doni

Genova

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