Un paragone che non mi piace

Il Papa, ricevendo una delegazione della regione belga della Vallonia che ha donato al Vaticano l’albero natalizio di piazza San Pietro, ha paragonato gli uomini all'albero di Natale: “Lasciando il suo abito scuro per una lucentezza scintillante, si trasfigura, diventa portatore di una luce che non è sua, ma che rende testimonianza alla vera Luce che viene in questo mondo”; così anche noi “siamo chiamati a dare buoni frutti per dimostrare che il mondo è stato veramente visitato e redento dal Signore”. Se penso al povero abete strappato alla sua meravigliosa profumata foresta, portato in città e riempito di “frutti” posticci se pur scintillanti, con tutto il rispetto per il Pontefice, a me il paragone non piace per niente. Nel Vangelo di Luca troviamo: “Non c'è albero buono che faccia frutti cattivi, né albero cattivo che faccia frutti buoni. Ogni albero, infatti, si riconosce dal suo frutto” (Lc 6, 43-44). Gesù parlava dell'albero nel suo ambiente naturale, ovviamente, e di buoni frutti naturali, non artificiali. Gesù sicuramente pensava al fico, o all'olivo, o, chissà?, al melograno.

Francesca Ribeiro

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