La grande ‘missione’ dell’Aido

di Daniele Damele

E’ stata presentata un’interessante e importante ricerca all’ultimo Consiglio nazionale dell’Associazione italiana per la donazione di organi, tessuti e cellule (Aido) svoltosi a Roma lo scorso week end. Oltre 700 persone hanno risposto a un sondaggio, dal quale sono emersi dati molto rilevanti. La percentuale di incerti dinanzi alla proposta di donare gli organi è molto elevata: raggiunge quasi la metà. Cosa chiedono queste persone? Maggiori informazioni ed essere rassicurati sulla scelta da attuare. E le informazioni son attese soprattutto da televisione, internet e medici di famiglia. Seguono poi stampa, opuscoli, amici, associazioni e Asl. Mancano, ahimé, università e scuola, che dovrebbero mirare a formare gli educatori anche in tal senso e favorire una sensibilizzazione al fine di far sì che ci si attenda anche da queste realtà informazioni corrette sulla donazione, ma anche sugli stili di vita e i valori etici comunemente accettati. Dichiarare la volontà positiva di donazione deve avvenire senza alcuna forzatura. Ma allo stesso tempo va rafforzata l’informazione a ogni livello collaborando con le istituzioni, specie Comuni e Asl. Insomma la parola d’ordine dev’essere “parlane”! La “Rete nazionale trapianti” in questi anni ha attuato passi da gigante. Con l’Aido è stato attivato una sistema informatico che garantisce la certezza dell’individuazione del donatore. Ciò evidenzia che il contributo originale del volontariato specializzato affiancato al lavoro delle istituzioni assicura al nostro Paese un maggiore efficienza. In questi mesi, in molte Regioni, come il Friuli Venezia Giulia, le opposizioni alle donazioni sono calate e ciò anche grazie al maggior impegno per l’azione divulgativa della cultura della donazione e alla riflessione sui risultati delle indagini svolte come quella accennata. Iscrivendosi all'Aido (ogni info è reperibile sul sito www.aido.it appena ristrutturato) si aderisce quale volontario a tale associazione e si sottoscrive un atto olografo che permette di contare su un sempre maggior numero di donatori, unica via possibile per garantire la realizzazione della terapia sociale dei trapianti certi che dichiarare la propria volontà da vivo evita di creare situazioni d'imbarazzo ai propri cari che in un momento di dolore come la perdita di un congiunto devono, magari, decidere per lui rispetto all'opportunità di donare organi e tessuti e salvare vite umane.(Laici.it)

(articolo tratto dal blog www.danieledamele.it)

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