La magra messe di risultati della FAO a Roma e la decisione di declassare il prossimo summit di Copenaghen sull’ambiente per mancanza di tempo

Retromarce di civiltà

di Renzo Balmelli

REALPOLITIK. All’infuori della fame, dei diritti umani e l’ambiente, tre temi universali strettamente connessi, nel terzo millennio non dovrebbero sussistere altre ragioni per armarsi e partire in guerra. Armarsi di buona volontà, s’intende, per una guerra pacifica. Gli altri moventi sono grandi idiozie al servizio della vanità e della smania di potere. Purtroppo sono quest’ultimi a prevalere. Quanto siano fragili i fronti e le risorse lo ha evidenziato d'altro canto il vertice della FAO che ha proposto un orizzonte desolante fitto di impegni generici, ma povero di mezzi per frenare il flagello della fame. Attorno a noi c’è un pianeta che soffre e urla per la denutrizione e dove per la prima volta il numero delle persone senza cibo ha superato il miliardo. Obama, presidente di buone letture , non ha atteso i corsi e ricorsi storici per provare a rifondare gli equilibri globali su cui si sta giocando il futuro del mondo. L’azione ha pero’ i suoi limiti. Ci sono tributi da pagare agli interessi interni e alla ferrea legge della Realpolitik dai quali neanche Cina e Stati Uniti, i due colossi intenzionati a escludere dalle loro relazioni lo scenario della contrapposizione tra superpotenze, riescono a smarcarsi con profitto. Sui diritti umani, che non figurano in nessuna agenda dell’Impero di Mezzo, si evitano prese di posizione troppo nette che possano creare tensioni. Quanto alla decisione di declassare il prossimo summit di Copenaghen sull’ambiente per mancanza di tempo, invero un pretesto difficile da accettare, è una retromarcia brutale che raffredda le speranze di chi confidava in una svolta salvifica.

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INDIGNAZIONE. Poveretto: chissà se lontano dal comodo lettone di Putin, mentre sproloquiava di complotti e alleati emuli di Bruto, qualcuno ha detto al premier che l’Italia non inizia ne finisce con i suoi guai. E che esistono cose piu’ importanti di cui occuparsi. Ormai le sue notti il Cavaliere le trascorre con avvocati ed esperti di finanza per trovare il modo di sfilarsi dai processi. Assorbito dalla sua ossessione, gli resta davvero poco tempo per governare, tanto che il suo silenzio sui veri problemi del paese sta diventando imbarazzante. Quanto al gelo che corre nei rapporti pressoché inesistenti tra Palazzo Chigi e il Colle a causa del corto circuito politica-giustizia, è un’anomalia che la dice lunga sullo “ stato di eccezione” in cui versa la democrazia da quando spadroneggia la destra. Secondo Roberto Saviano, uno che se ne intende, il cosidetto “ processo breve” , un ddl non aggiustabile, accentua il rischio che il diritto possa distruggersi diventando uno strumento solo per i potenti. D’altronde anche la rabbia della Finocchiaro, che ha lanciato il testo contro il muro , rifletteva un diffuso e condivisibile sentimento di indignazione per l’ennesimo “ golpe” strisciante contro la giustizia.

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SANTO. Nasce il nuovo soggetto politico di Rutelli e le gerarchie ecclesiastiche sognano a occhi aperti. C’è sempre la Dc nel loro cuore e chissà che non sia la volta buona per la rinascita di un sistema consociativo che nei tempi di maggior splendore dalle sacrestie arrivava fino ai vertici dello Stato. Se la benedizione non è ancora solenne, l’apprezzamento rivolto all’Allenza per l’Italia ( attenti a evitare confusioni con l’altra Alleanza) è piu’ che tangibile. Ormai tra la Curia e Arcore il calore di una volta si è spento. Troppe festicciole fanno male al decoro. Oltretevere, dove si ragiona sul lungo termine, la strategia parte dal presupposto che il dopo-Berlusconi sia già iniziato. In alternativa, nel calendario mondano del Vaticano, serve una nuova classe dirigente cattolica per costruire un partito del 15 percento. In quest’ordine di idee , gli esperti della Curia mostrano di apprezzare il movimento dell’ex sindaco di Roma che ha l’ambizione di intercettare i moderati. A tal proposito non poteva trovare conclusione piu’ indovinata il columnist dell’ Espresso: centro santo, subito!
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DERIVA. Il Cavaliere è un asso nell’aggiustare i sondaggi. Cio’ non di meno, da qualche settimana per la maggioranza i rilevamenti sono un po’ come la canzone di Celentano, in cui il treno al contrario dei desideri va. La fiducia nel governo è in calo, PdL e premier marciano sul posto e nella coalizione si respira un clima da resa dei conti che l’affondo calcolato di Renato Schifani a proposito di elezioni anticipate ha reso ancor piu’ esplicito. Probabilmente è ancora presto per considerare il discorso del presidente del Senato come un “certificato di morte” dell’esecutivo. Ma le reazioni scomposte di Berlusconi equivalgono a dire che la destra ha grossi problemi nel rispettare il patto con gli elettori. Ormai il Cavaliere non governa piu' e mena soltanto fendenti contro gli avversari e quella parte di alleati che si dimostranto sempre piu' insofferenti al ricatto del pensiero unico. Nell’autocrazia del sultano, plebiscitaria e illiberale, si cristallizza il male incurabile che affligge questa coalizione, fatalmente ingabbiata nella macelleria costituzionale delle “ ghedinate” e dei Lodi su misura. In queste condizioni nocive per il paese, è diffficile dire come si concluderà l’ennesima sceneggiata politica inflitta all’Italia dagli attori di un perverso intreccio di interessi ad personam. Giuliano Ferrara, l’esegeta piu’ fine di Silvio, si è chiesto se il berlusconismo non abbia un futuro alle sue spalle. Ammesso e non concesso che abbia mai avuto davvero un serio progetto innovativo, lo stillicidio di questi ultimi giorni, consumato nell’atmosfera morbosa e febbricitante quasi da fine impero, sembra escludere l’efficacia di un altro “ predellino” per invertire la deriva del modello di Arcore.

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Periscopio socialista
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LA SINISTRA DEI LEMMING

E LA DESTRA DEL PATRIARCA

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di Felice Besostri
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LA SINISTRA DEI LEMMING – Nella sinistra italiana la spinta irrazionale in direzione mortale è fortissima, come testimoniano le attuali difficoltà di Sinistra e Libertà, stretta tra l'incudine dei frenatori e il martello degli acceleratori.

Tra l'altro, Sinistra e Libertà si riferisce a un nome e a un simbolo che, dopo l'uscita della Federazione dei Verdi, è incerto si possano utilizzare alle prossime regionali. Non sarà la furbata di aggiungere in grande ed in verde la parola ECOLOGIA, al posto dei tre simbolini dei partitini a evitare i prevedibili problemi giuridici di domani. Ma tant'è, l'ottimismo della volontà batte il pessimismo della ragione e gli argomenti giuridici non interessano.

Qui sorge una domanda: perché non si è abbandonato il termine SINISTRA per un più evocativo SOCIALISMO? Se si deve cambiare nome e simbolo, perché non farlo? Il termine “sinistra” indica una collocazione nello spazio politico e non una direzione di marcia o un obiettivo: non si può “andare” sempre più a sinistra, senza girare in tondo.

Nel momento della più grave crisi del capitalismo si dovrebbe indicare, se non un modello alternativo di società, quantomeno una speranza di società diversa nei suoi valori fondanti. “Un altro mondo è possibile” – era lo slogan del Forum Sociale Mondiale di Porto Alegre. Un mondo socialista? Pare che in Italia la parola “Socialismo” non sia più utilizzabile, per responsabilità dei ricordi e dei sentimenti che suscitano i socialisti, solo a sentirli nominare. In questo modo ci si taglia fuori dalla più grande forza di sinistra in Europa, quella del PSE.

È comprensibile il dramma (duplice) di coloro che, nati comunisti, sono per un verso diventati prima “democratici di sinistra” (poi soltanto “democratici”) e per l'altro verso di quelli che, avendo rifiutato il cambiamento, sono rimasti “comunisti”. Se gli uni per e gli altri hanno poi dovuto rinunciare a chiamarsi “comunisti”, si capisce che non possono sopportare il richiamo al “socialismo”, come fosse una vittoria postuma di quelli che Tangentopoli avrebbe dovuto cancellare für ewig.

La sinistra italiana è ridotta ai minimi termini (e i socialisti con essa). Sinistra e Libertà rappresentava un tentativo, già meglio riuscito di Sinistra Arcobaleno, ma per consolidarsi aveva bisogno di tempo. Invece, la defezione dei Verdi e le elezioni regionali alle porte hanno spinto la Sinistra Democratica di Fava e l'MPS di Vendola ad accelerare i tempi della costruzione del solito partito. Una casa rifugio di antiche certezze. Come se l'esistenza di un Segretario Generale, di un Comitato Centrale e di un Ufficio Politico potessero rappresentare il farmaco universale.

Sono stati preparati regolamenti e procedure costitutive — in assenza di programmi, basi ideologiche e affiliazioni internazionali certe… Certo, Vendola deve continuare a guidare la Regione Puglia. Ma se Sinistra e Libertà, per uno strano caso o per la bravura dei suoi avvocati, dovesse vincere i ricorsi sulle elezioni europee e Vendola fosse costretto ad accettare un posto nell'Europarlamento, a quale gruppo si iscriverebbe? Non è un problema politico?

Non si deve nascondere che tra i socialisti ci siano riserve mentali, cresciute con la fuoriuscita dei Verdi e, anche, calcoli personali di suoi dirigenti. Ma queste resistenze sarebbero state vinte dalla bontà della proposta di rinnovamento. Le accelerazioni, in difformità dei patti sottoscritti, hanno, invece, rafforzato gli oppositori.

I casi sono due. O Fava e Vendola non sono stati capaci di prevedere le reazioni ovvero erano previste. Nel primo caso c'è da dubitare che costoro siano idonei a far rinascere una sinistra in Italia. Nel secondo caso non hanno capito il contesto europeo della lotta politica e quindi sono inidonei come partner di un progetto di rinnovamento e di ricostruzione della sinistra italiana in quel contesto.

In Europa, laddove a sinistra della socialdemocrazia ci siano dei competitori, nei casi di maggior successo questi si autodefiniscono “socialisti”, come in Olanda o in Norvegia, ovvero, come la Linke in Germania, hanno una forte e chiara componente socialdemocratica.

Quindi, o Sinistra e Libertà fa una scelta chiaramente socialista, con o senza il PSI (ma con il PSI sarebbe meglio), ovvero avrebbe maggior senso entrare a far parte come componente federata a Sinistra Alternativa oppure, secondo le inclinazioni, aderire individualmente al PD.

Senza una componente socialista Sinistra e Libertà non ha senso, ma la presenza socialista non è risolta da adesioni di socialisti delusi dalla propria dirigenza. La coazione a ripetere o l'assenza di realismo, pensando magari che l'estremismo possa sostituire la radicalità perduta nel pensare una società “altra” rispetto a quella esistente, tutto ciò non “di sinistra”, ma una “cosa sinistra” e basta (a meno che non si ritenga con i francesi che “dans la gauche il y a toujours quelque chose de sinistre”).

Dopodiché, il 5 dicembre la manifestazione contro Berlusconi avrà successo, come quella del 24 ottobre 2008. Il successo della prossima manifestazione non toglierà la sinistra dalla crisi attuale, ma al limite servirà a convincere alcuni che l'Italia dei Valori sia l'unica opposizione o che il PD non è poi così tanto male. Chi non ha testa ha gambe. In fin dei conti quando un democrat come Nicola Latorre dice che il PD non conoscerà una deriva socialdemocratica, forse lo fa per rassicurare i nostalgici, ma non spiega la candidatura di Massimo D'Alema da parte del PSE. Sarebbe possibile senza un approdo socialdemocratico?

Insomma, non tutto non è perduto, ma soltanto se ci si libera dai giochi dei vertici romani e del loro modo di far politica. Parliamo di elezioni regionali? Nei territori è ancora possibile proporre liste unitarie, con base nelle formazioni politiche già integrate in Sinistra e Libertà. Questo richiede doti di autonomia di pensiero e di azione cui da lungo tempo i militanti sono stati disabituati. Ma sarebbe il primo passo in una direzione diversa da quella dei lemming.

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LA DESTRA DEL PATRIARCA – Il disegno di legge sul processo breve trae la sua ispirazione da un articolo della Costituzione (111) varato nella XIII legislatura (1996-2001) e già allora era stato, in una certa misura, un prezzo pagato a Forza Italia. Per farlo approvare in tempi brevi il Senatore Marcello Pera si incardinò temporaneamente presso la Commissione Affari Costituzionali.

Sempre ai fini di accelerazione dell’iter parlamentare una materia che avrebbe dovuto essere affidata alla trattazione congiunta delle Commissioni Giustizia e Affari Costituzionali fu appunto affidata alla sola I Commissione.

Niente scandalo per favore, la norma costituzionale non ha fatto altro che recepire la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo, sì proprio la stessa della decisione sul crocifisso!

Si era fatto intendere che un accordo sul giusto processo avrebbe avuto come corrispettivo una diminuzione del filibustering, che al Senato, a causa del ristretto margine della maggioranza, teneva bloccati una serie di disegni di legge, tra cui quello sul conflitto di interessi.

Ovviamente la destra, ottenuto quel che voleva, non concesse nulla.

I processi devono avere una ragionevole durata ed in Italia non ce l’hanno. Una tale situazione è intollerabile, perché di essa profittano soprattutto i colpevoli di reati.

Per un colpevole più si allontana la condanna meglio è, c’è sempre una prescrizione, un indebito o un’amnistia dietro l’angolo.

La durata dei processi è, invece, un incubo per gli innocenti e per le vittime.

Una riforma va fatta, ma il disegno di legge del Governo è una “porcheria”, come l’ha liquidato Casini.

Non si possono fare leggi, ispirate da principi generali ed astratti, per risolvere un caso concreto, cioè i problemi personali di Berlusconi.

Se questa è la filosofia, dobbiamo aspettarci un prossimo intervento in materia di diritto di famiglia su separazioni e divorzi: una specie di salva Berlusconi da Veronica.
Già la fissazione di un eguale periodo biennale per ogni grado di giudizio mostra il carattere strumentale della riforma.

Chiunque abbia una minima pratica delle aule di giustizia sa che il processo necessariamente più lungo è quello di primo grado, quello caratterizzato dall’acquisizione delle prove testimoniali e dalle perizie. In appello il rinnovo del dibattimento costituisce un’eccezione.
In Cassazione il processo è esclusivamente cartaceo.

Si può rimanere nei sei anni (sempre che ci siano il personale ed i mezzi tecnici necessari) ma modulati in tre anni per il primo grado, due per l’appello ed uno per la Cassazione.
Per quest’ultimo grado si potrebbero introdurre dei filtri di ammissibilità: un gran numero di ricorsi sono fatti per fini dilatori.

Infine in caso di condanna in secondo grado basterebbe introdurre un semplice meccanismo come quello francese.

Se l’imputato che ricorre è a piede libero, il ricorso in Cassazione diventa improcedibile se non ci si consegna in custodia alla vigilia della decisione.

Chi ha fatto un ricorso infondato e a puri fini dilatori, cercherà di organizzare la sua latitanza piuttosto che attendere in custodia giudiziale l’esito del processo.

Altra questione è quella di evitare automatismo, cioè non prevedere tempi di sospensione legale della durata del processo.

Se un tribunale accogliesse un’eccezione di una costituzionalità di una norma e la rimettesse alla Corte Costituzionale, il processo sarebbe ancora sospeso, come ora?

Un processo dove siano rilevanti perizie tecniche complesse o rogatorie internazionali deve durare due anni come quello per una rapina registrata dalla videosorveglianza?

La stessa durata per un processo con un solo imputato e per uno con decine o centinaia?
Tutte queste obiezioni tecniche non interessano al Premier e all’on. Ghedini: il processo Mills deve durare due anni, tutto il resto non importa.

Le ragioni politiche del disegno di legge sono poi rese evidenti dall’elenco dei reati esclusi, tra i quali spiccano quelli collegati all’immigrazione clandestina. Le pene massime per questo reato sono inferiori ai dieci anni di pene massime edittale, il criterio usato per l'inclusione.

Per salvare sé stesso il Premier doveva dare qualcosa alla demagogia della Lega Nord.
Già emergono profili di incostituzionalità sull’applicazione della norma sulla ragionevole durata ai soli incensurati.

Se sono coimputati un incensurato e un recidivo, che si fa? Due processi?

Il disegno di legge non avrà vita facile, se persino avvocati, come Gaetano Pecorella, e giuristi, come il presidente emerito della Consulta Baldassarre, da anni vicini a Berlusconi ed alla sua maggioranza, sparano a zero sul testo.

La ragione vera è un’altra: pare che serva solo per due processi su tre. A lui serve un'immunità totale e essere posto al riparo dalle sentenze civili sul risarcimento all’ing. De Benedetti e sulle richieste patrimoniali di Veronica Lario.

Cercherà una via di uscita politica con le elezioni anticipate per liquidare in un colpo i nemici interni prima ancora degli oppositori esterni.

Inoltre si precostituisce il Parlamento che deve eleggere il nuovo Presidente della Repubblica.. Allo stato l’opposizione non costituisce un problema, con il PD non ancora consolidato, un centro oscillante tra le leadership di Rutelli e Casini e una IdV, giustizialista e demagogica. La sinistra, in tutte le sue anime, è fuori dal Parlamento e sta facendo di tutto per non rientrarci, anzi rischia persino di stare fuori dalle assemblee regionali.

Il terrorismo islamico, che si appresterebbe a dinamitare Berlusconi è probabilmente una bufala o il frutto dei deliri di persecuzione di Berlusconi e di insignificanti terroristi paranoici.
Un consiglio di lettura a Berlusconi: “Io, il Supremo” di Augusto Roa Bastos, più ancora del “L'autunno del patriarca” di Gabriel García Márquez. Il tramonto di un caudillo avrà molto da insegnare al nostro Silvio.

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