LIBERISMO E STATALISMO

Secondo alcuni, il mercato dovrebbe premiare i migliori produttori ed abbassare i prezzi, in realtà gli accordi di monopolio impediscono questo risultato ed il prezzo di mercato, un altro dogma, pare esistere solo per le materie prime. Tutto sommato, il mercato esiste solo in parlamento, in chiesa, nel sindacato e in magistratura, cioè laddove si dovrebbe tutelare il popolo.

Gli intellettuali sollecitano a rimettere i debiti dei paesi poveri, nati con l’importazione d’armi, di generi di lusso da parte delle classi dirigenti e con esportazione di capitali rubati al popolo; questa remissione farebbe un favore ai creditori che non riescono più a riscuotere i loro crediti ed i debiti rimarrebbero a carico dei contribuenti dei paesi ricchi; perciò la proposta potrebbe essere stata alimentato da banche creditrici. Val la pena di rimarcare che, se al posto della remissione dei debiti, fosse stata proposta la loro denuncia da parte dei paesi debitori, a sopportare la perdita sarebbero stati i creditori, cioè le banche, perciò gli intellettuali teste di legno non fecero mai questa proposta.

Il liberismo nacque come reazione ai dazi interni ed ai dazi doganali, che ostacolavano la circolazione delle merci e facevano aumentare i prezzi, il liberismo quindi nacque anche come rivolta fiscale, poi la parola fu assunta a difesa della libertà; in Usa il liberismo difese la proprietà della terra perché in Europa, reduce dalla servitù della gleba, l’assenza di questa proprietà era associata alla servitù, alla povertà ed alla mancanza di libertà.

Purtroppo, aboliti i dazi, lo stato, che non voleva tassare i ricchi, già esentati in era precedente aristocratica, inventò le imposte di consumo a carico dei poveri; allora i produttori non erano tutti liberisti, chi doveva difendere la sua produzione dalle importazioni era protezionista, cioè per la reintroduzione di un dazio. Oggi sono liberisti i produttori che producono all’estero a prezzi più bassi e la politica, obbediente all’oligarchia, non coglie la contraddizione; produrre all’estero significa restringere in patria base produttiva, occupazione e, competenze tecniche che passano ad altri paesi; perciò anche il protezionismo, in certi casi, se si a cuore le sorti di un paese e di un popolo intero, può essere una scelta logica.

Gli imprenditori che esportano imprese sono spesso prestanomi dell’oligarchia che, avendo il controllo delle banche, fornisce loro tutti i mezzi economici di cui abbisognano; vale la pena di ricordare, che il marxismo, con un sistema industriale in crisi di sovrapproduzione, aveva profetizzato miseria crescente e disoccupazione, è quello che stiamo vivendo in questi giorni, però il marxismo non va seguito in blocco. Con la crisi del comunismo, il liberismo ha avuto nuovo impulso, però, come il comunismo, non è stato mai realizzato nella sua forma pura, coesiste con i monopoli, alleati con i parassiti di stato, e non premia le persone migliori ma i furbi.

Regolamenti, vincoli e legislazione statale minano l’automatismo di mercato; i monopoli legali sono favori di stato che, assieme ai privilegi fiscali, attestano che lo stato di diritto e l’eguaglianza dei cittadini avanti alla legge, sono solo un’astrazione. Il prezzo unico di mercato non esiste per i prodotti finiti; il liberismo, favorendo lo scambio di prodotti uguali, intasa i trasporti e fa aumentare l’inquinamento; per quanto possibile, si dovrebbe privilegiare il consumo di produzioni locali. Le ideologie sono idee forti e degli strumenti di programmazione politica, in pratica, diventano un miraggio irraggiungibile perché i politici si vendono e fanno compromessi; perciò non è utopico solo il socialismo, ma tutte le ideologie amministrati da governi di bari venduti.

Per alcuni lo stato è un filantropo che, con poche tasse, fornisce tanti servizi e perciò è perennemente in deficit; in realtà, lo stato non può eliminare deficit di bilancio ed il debito pubblico, perché essi sono lo strumento per chiedere sempre maggiori sacrifici ai sudditi contribuenti; lo stato è l’impresa economica più redditizia, grazie alla quale, oltre l’oligarchia, vivono bene tanti parassiti, cioè superburocrati, dirigenti e politici.

Come esiste il plus valore d’impresa o profitto, esiste il plus valore di stato, come differenza tra imposte e valore dei servizi resi ai cittadini, complessivamente, il plus valore di stato è maggiore di quello privato; attraverso le tasse, anche lo statalismo sfrutta i lavoratori, lo stato li sfrutta anche quando è direttamente proprietario dei mezzi di produzione, ma si contenta di tasse minori.

Lo stato è distruttore netto di ricchezza, perché utilizza più della metà del risparmio nazionale e quasi metà del reddito nazionale con l’imposizione, ma fa un decimo degli investimenti complessivi, soprattutto in opere pubbliche. Se si obietta che lo stato italiano deve pagare anche 3.600.000 dipendenti, si può replicare che l’industria di dipendenti ne ha di più e fa più investimenti; lo stato è nato per riscuotere imposte, accordando in cambio una generica protezione ai sudditi.

I burocrati sono conformisti, bisognosi di protezione e timorosi di assumersi responsabilità, come i militari, confidano su ordini e regolamenti, che ufficialmente servono per combattere l’arbitrio personale del potere; oggi lo stato sembra servire più ai burocrati che ai cittadini. La spesa pubblica è cresciuta perché ogni partito di governo ha dovuto fare assunzioni e concedere miglioramenti ai dipendenti pubblici, i quali sono meglio pagati di quelli privati, possono andare in pensione prima, lavorano meno e non sono licenziati.

L’alta a burocrazia è ligia al potere, disprezza i sudditi e non ha il senso del servizio pubblico, nella storia è accaduto che la l’alta burocrazia si è anche sollevata contro i potenti troppo solleciti verso il popolo. Purtroppo, anche le rivoluzioni hanno moltiplicato la burocrazia, la classe burocratica è l’alleato ideale di un progetto di dominio e di sfruttamento del popolo, reso possibile in cambio di privilegi concessi ai burocrati; la burocrazia è stata nemica naturale del mercato ed ha visti gli imprenditori con sospetto, vedendoli sempre come evasori.

La politica premia cinici e furbi ed emargina gli idealisti indipendenti, invece lo stato ideale dovrebbe accogliere i reclami contro gli abusi della burocrazia e premiare i dipendenti pubblici disponibili verso il pubblico. Oggi i gangli del potere accademico, giornalistico, scientifico e giudiziario sono stati appaltati agli amici del regime, riempiti di privilegi, perciò non si riesce più a riparare ai guasti. Si è tentato di ridurre il numero dei disoccupati aumentando il numero dei burocrati, mettendoli a carico dei lavoratori del settore privato; gli alti burocrati dipendono dai politici per la loro sopravvivenza, i privilegi e la carriera, sono insicuri e irresponsabili, s’identificano con l’autorità e schiacciano il comune suddito.

I burocrati sacrificano la propria libertà alla propria sicurezza, non amano il rischio, vivono d’attività inutili e trovano godimento ad imporre procedure assurde, perseguitando cittadini e dipendenti; il loro rituale è assurdo, non capiscono lo scopo del loro lavoro ma sanno che devono obbedire agli ordini, il loro fine è ottenere note di merito e la promozione, come gli scolaretti. Ogni gerarchia è così, soprattutto quelle militari, queste personalità sono terrorizzate dall’idea di dover prendere delle decisioni autonome, con il rischio di svelare la loro inadeguatezza, perciò preferiscono obbedire. La sinistra ha affidato allo stato servizi pubblici essenziali, favorendo così lo sviluppo della burocrazia conformista e conservatrice.

Le cattedre universitarie sono state attribuite a discrezione di partito, premiando mediocri, conformisti, opportunisti ed isolando personalità creative ed indipendenti; così le università, i giornali e le istituzioni culturali sono cadute in mano ai fiduciari dei partiti e la cultura è venuta meno alla sua funzione di stimolo e di ricerca. Ormai in Italia gran parte della cultura è incapace di pensare in maniera innovativa; intimidita dai potentati politici, la cultura universitaria è diventata sterile, gli accademici sono caratterizzati da servilismo ed opportunismo; per aumentare i gravami del popolo, fanno dichiarazioni false in televisione e sulla stampa. Nei gradi più bassi della pubblica amministrazione personalità creative e indipendenti non mancano, ma sono messe sistematicamente da parte dagli alti burocrati al servizio dei partiti e dei potenti più in alto.

La politica spinge al dogmatismo e chiede fede in qualche cosa che non esiste, cioè nella repubblica, nella democrazia, nello stato di diritto, nella sovranità popolare, nel socialismo, nel liberismo; in tutte queste ideologie esiste un notevole gap tra teoria e pratica, dobbiamo essere consapevoli di ciò, l’uomo non ha conquistato la libertà di parola per rimunciare alla libertà di pensare.

Gli intellettuali dimenticano sempre di ricordare che tra le cause della povertà del terzo mondo c’è la concentrazoione della terra e la loro classe dirigente che è peggio della nostra e di norma non è stata imposta da multinazionali o dagli Usa; in quei paesi la proprietà si è concentrata, a causa di insolvenze, successione e cattiva gestione.

Anche se ci sono uomini affetti da sindrome di stato-dipendenza, la differenza tra stato capitalista e stato collettivista è oziosa, perché in entrambi i casi siamo tutti dipendenti dello stato, per il quale lavoriamo ed al quale versiamo le tasse; attraverso le tasse lo stato è proprietario indirettamente delle attività economiche. Mentre i problemi rimangono e non si risolvono; la politica chiede sempre d’essere pro o contro un partito, un’ideologia o un politico, gira sempre in tondo e non progredisce, il popolo non raggiunge mai la salvezza in terra.

Lavoratori e piccola impresa sono vessati dalle tasse, mentre la grande impresa, associata allo stato o ai suoi padroni, paga poche tasse e riceve aiuti dallo stato, cioè più di quello che paga in tasse. Lo stato è l’affare più redditizio; in America in origine le compagnie private o corporatios presero il controllo dello stato e, per non pagare le tasse all’Inghilterra, alimentarono la rivoluzione; la classe parassitaria sa che le tasse è meglio riscuoterle che pagarle, la ricchezza è più comodo rubarla che produrla, Giorgio Washington era socio di una di queste compagnie.

Non dobbiamo fare del mercato una religione, le virtù del mercato non sono illimitate, nel mercato dominano i furbi, con gli scambi si favoriscono gli inquinamenti, con gli accordi di cartello si fanno aumentare i prezzi. Se il deficit del bilancio dello stato serve a stimolare la domanda in periodi di crisi, come afferma la teoria economica, nei momenti di boom economico il bilancio avrebbe dovuto essere in attivo o in pareggio, ma non è così; il bilancio in deficit serve a chiedere altri sacrifici ai sudditi, lo stato si vendica con i sudditi perché, non si sono contentati della sola protezione e gli hanno estorto i servizi, perciò li ha messi loro in conto ad un prezzo quattro volte superiore al loro vero costo.

Purtroppo gli animali rubano e fanno i parassiti e l’uomo appartiene al regno animale, perciò sfrutta e ruba come può, magari anche aiutato dallo stato, la natura prevede sempre il sacrificio del più debole. Se siamo fisicamente schiavi, la nostra libertà nasce solo dall’indipendenza e dall’autonomia di giudizio, l’ateo è tale solo quando si mette al riparo anche dai condizionamenti ideologici e della politica, non solo quando rinnega dio.

La concentrazione della ricchezza crea diverse condizioni di partenza e non premia i migliori; da un punto di vista pratico, il mercato premia i furbi e quelli senza scrupoli e non i più capaci, sacrifica le persone indipendenti; le cose non vanno diversamente nello statalismo, infatti, delle persone indipendenti diffidano sia lo stato che gli imprenditori, perché si punta ad inquadrare le persone in una struttura gerarchica di lavoro; chi ha il potere, vuole strumenti ciechi da manovrare. Per lo stato è un lusso garantire la parità dei diritti ai cittadini avanti alla legge, anche se l’art .3 della costituzione, abusando della credulità polare, tenta di far credere che lo stato non fa favori a nessuno.

Se in politica non si vuole rispondere dei propri atti e con i propri beni, nemmeno nell’attività economica si vuole rispondere, perciò sono state inventate società di capitali, finanziarie, partecipazioni a catena, prestanome e paradisi fiscali; il tutto in frode allo stato, ai piccoli azionisti, ai creditori, ai dipendenti, ai clienti ed ai risparmiatori. Questo modo di procedere è perfettamente oleato e reso legale dallo stato, il quale solo eccezionalmente sembra perseguire gli autori delle speculazioni economiche.

Nunzio Miccoli www.viruslibertario.it

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