Qualcosa finirà  per nascere, in Italia. O inizierà  a finire.

Prossimamente

di Andrea Ermano

Separazione delle carriere in magistratura, superamento del “bicameralismo perfetto”, rafforzamento delle funzioni esecutive ecc. ecc. Prossimamente qualcosa finirà per nascere, in Italia. O inizierà a finire. Sarà la “grande riforma”? La “rivoluzione liberale”? Riuscirà, l'attuale premier ad avviare, ancora una volta per la prima volta, i suoi “vasti programmi”? Finora, nella lunga storia nazionale, l'unica “grande riforma” è stata la Controriforma, e la “rivoluzione liberale” un'opera generosa di Piero Gobetti, rimasta lettera morta.

Nel caso specifico, occorre considerare attentamente i termini cronologici in cui il tragitto riformatore dovrebbe compiersi. Circa trenta mesi ci separerebbero dal traguardo, soprattutto se la “grande riforma” venisse condotta a colpi di maggioranza, come il premier ha già dichiarato di avere in mente. In tal caso, un paio d'anni di lavoro parlamentare sono il minimo sindacale, sempreché le modifiche costituzionali prospettate in questi giorni superino la “doppia lettura” presso entrambe le Camere nonché il fuoco di sbarramento dell'opposizione.

Seguirebbe il ricorso obbligatorio al referendum confermativo. Il quale referendum può anche avere esito negativo. È già successo pochi anni or sono che una revisione costituzionale berlusconiana sia stata bocciata dalle urne (con il 38,68% di “Sì” contro il 61,32% di “No”). Come farà il premier a concludere in trenta mesi una via che in quindici anni non ha mai saputo percorrere fino in fondo? Il rischio di fallimento è evidente.

Non sarebbe più semplice, per il centrodestra, cercarsi un leader meno carico di conflitti d'interesse e di contenziosi con la giustizia? Due o tre anni bastano appena per una riscrittura della Carta costituzionale, ma sono tanti e troppi per chi deve sopravvivere politicamente ai sondaggi, ai processi e anche alla conflittualità sociale che appare fisiologicamente destinata a manifestarsi. I talk show sul Posto Fisso non imbandiscono il desco a nessuno, ma semmai riflettono le fibrillazioni interne alla compagine di governo.

In una triennale prospettiva di “grande riforma” non ci sono buone possibilità di tenuta per questa maggioranza. Ed è perciò che rispunta l'arma spuntata di (eventuali, ma improbabili) elezioni anticipate. Qualcuno a destra pensa di chiudere i conti interni? Per farlo, gli occorrerebbe una compattezza che, se ci fosse, renderebbe inutile l'operazione. Dopodiché non sta scritto da nessuna parte che l'attuale maggioranza, nel ricorso alle urne, vincerebbe la sfida. Insomma, è più facile per un cammello passare attraverso la cruna di un ago, che per un Caimano superare un Gattopardo nei sessanta metri a ostacoli. E così sia.

Però, resta un fatto. Il Paese ha bisogno delle riforme. Ne ha moltissimo bisogno, anche se l'attuale premiership non sembra proporzionata alle sfide dell'epoca in cui viviamo.

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