ANTONELLO CONFENTE vicepresidente dell’Associazione Mantovani nel Mondo

intervistato da Antonella De Bonis

Antonello Confente nato e cresciuto a Mantova, vicepresidente della
Associazione mantovani nel mondo, da 4 anni risiede a Rio de Janeiro.
Attualmente lavora come Trade Analyst per il Desk ICE (Istituto taliano per
il commercio estero – Departamento para a Promoção de Intercâmbios da
Embaixada da Itália-), c/o il consolato generale d'Italia a Rio de Janeiro;
oltre a ciò partecipa attivamente ai progetti ed all'attività
dell'Associazione offrendo la sua conoscenza e il suo apporto
disinteressatamente
Quella in Brasile rappresenta la tua prima esperienza all'estero?
No, ero abituato a viaggiare: avevo già vissuto 2 anni a Londra durante il
periodo universitario e comunque qua mi aspettava la mia compagna storica,
che avevo conosciuto nel '95, in Italia. Inoltre da buon imprenditore stavo
notando che in Italia le cose si facevano sempre piu complicate (stavo già
valutando di aprire un'attività all'estero) e in quel periodo avevo
apprezzato che il Brasile si stava aprendo economicamente. In qualità di
lombardo ho riscontrato qualche difficoltà in più, perchè Rio é considerata
una grande Napoli, mentre San Paolo é la grande Milano (con tutta la stima
verso Napoli, ovviamente). Comunque, non cambierei mai Rio per San Paolo in
quanto stile di vita: in una ci sono maggiori opportunità di lavoro, ma
nell'altra si vive molto meglio. Quale Italiano orgoglioso ed attivo, sapevo
che in Italia la situazione stava peggiorando e non diventerò ottimista sul
futuro italiano, fino a quando non vedrò cambiare la mentalitá; e ancora non
la vedo… Non si possono imporre troppe regole a noi (sicurezza, qualita ,
ecc..) ed esonerare altri dalle stesse regole; é come giocare a calcio
vestiti da hockey: sei piu sicuro di non farti male ma sei destinato a
perdere la partita.

Cosa ti ha portato in Brasile?
La nascita di mio figlio. Da anni frequentavo il Brasile perche la mia
compagna é Carioca (di Rio de Janeiro): era arrivato il momento di fermarsi
e quando si é deciso chi si doveva frasferire, ho preferito fare io le
valigie e tuttora penso che sia stata la piu bella scelta della mia vita.
Quando sono arrivato, non avevo un lavoro che mi aspettava come la maggior
parte degli emigranti di oggi; un permesso di soggiorno e la mia esperienza
come imprenditore erano tutto ciò che avevo. Pensavo di aprire la mia
impresa ma avevo capito che in Brasile é vitale avere un network, cosi ho
trovato lavoro come direttore di una impresa tessile a Farroupilha, nel Rio
grande do Sul, di proprietà di un amico italobrasiliano. Facevo il pendolare
tra i due Stati, fino a quando ho visto che mio figlio non mi stava
riconoscendo; così ho mollato, per cercare qualcosa che fosse più vicino a
casa.

Da emigrato come ti sembra il Brasile?
Il Brasile è sicuramente uno dei Paesi in via di sviluppo con maggiori
opportunitá al mondo in questo momento. Ci sono grandi opportunita tipo
l'Italia degli anni 60/80, ma con le proprie regole e limiti, ovviamente.
Innanzitutto é un Paese molto protezionista, se non sei legato ad un
brasiliano/a (matrimonio o nascita), o non hai grosse somme da investire, è
meglio che resti a casa tua, perchè il governo deve garantire il lavoro a
quasi 200 milioni di persone. La burocrazia e la corruzione completano le
difficolta di adattamento. Comuque, come ogni Paese al mondo ha i propri
pregi e difetti: basta solo capire bene questo per trovare la propria
strada. Ho visto molti italiani rovinarsi perchè non hanno capito che non
erano in Italia ed altri, invece, gli ho visto far fortuna.

Quali sono le attivita che state facendo come A.M.M. in Brasile?
Ci sono una serie di iniziative storico-culturali che chi visita le nostre
pagine web conoscerá benissimo, in questo momento stiamo distribuendo un
contributo (per il quarto anno) ad emigrati i lombardi nati in Italia, over
65 anni, in difficoltà economica e stiamo valutando un gemellaggio tra un
ospedale italiano qui in Brasile ed uno lombardo come abbiamo gia fatto in
Argentina. Considerando che siamo tutti volontari che se ne occupano nel
tempo libero, penso che abbiamo fatto molto in questi anni e altrettanto
intendiamo fare.

Qual è la situazione nei consolati?
In Brasile come in Argentina i consolati hanno le loro attività quasi
monopolizzate dalle richieste di cittadinanza per discendenza che, solo in
questi due Paesi, arriva quasi ad un milione di domande. Sicuramente urge
una modifica della legge. Personalmente ho la mia idea su quali modifiche
fare: lascerei libertà al numero di generazioni (al contrario della UE che
chiede un massimo di 2 generazioni) ed aprirei anche ai discendenti delle
donne nati prima del 1948. Toglierei inoltre la richiesta del certificato di
matrimonio, perche considero che non sia più attuale. In compenso, esigerei
che possa chiedere la cittadinanza solo chi parla italiano od, in
alterntiva, abbia seguito un corso di 6 mesi all'Istituto italiano di
cultura o altro ente simile. Sono stufo di vedere discendenti esigere il
proprio diritto sacrosanto, senza conoscere i loro doveri.
In Italia la cittadinanza Ius sanguinis é nata dall'impero Romano che dava
il diritto al figlio del soldato romano, nato con la ragazza locale, di
essere cittadino Romano. Il padre, oltre a trasmettere la cittadinanza,
aveva anche il dovere di tramettere la propia cultura. Lo Ius sanguinis é
tipico dei Paesi con ad alta percentuale d'emigrazione, proprio per tentare
di mantenere la propria cultura al contrario dello Ius solis típico di Paesi
con grande immigrazione come il Brasile. Col passare delle generazioni, si é
indebolita l'identità culturale italiana e son andati perduti i suoi
distintivi dialetti (gli immigrati italiani non parlavano italiano ma
dialetto). Giustamente, i loro discendenti rivendicano il riconocimento
della cittadinanza italiana ma é un controsenso creare italiani che non
sanno nulla dell'Italia e che nemmeno parlano Italiano. In questo modo
rischiamo un intero mondo italiano, che non conoscerà la propria lingua; la
lingua italiana. Il diritto di aquisire la cittadinanza, dovrebbe essere
imprescindibile dall'acquisizione della dimensione culturale. Questo
sfoltirebbe l'interminabile elenco da tutti quegli opportunisti che chiedono
la cittadinanza, senza nessuna conoscienza dell'italianità. A mio parere,
questo é una vergogna.
Bisognerebbe ampliare le competenze dei vicensolati, perchè trovo assurdo
pensare che i Consolati generali possano far fronte a 30 milioni di
discendenti. Occorre introdurre pene severissime e coatte per i funzionari
che ricevano tangenti in cambio dei diritti di cittadinza. Fino a quando ci
vorranno anni per ottenerla, si sosterrà la mafia dei passaporti, della
quale nessuno, fin'ora, ha ammesso l'esistenza. Inoltre, ritengo che
bisogerebbe offrire una maggiore informazione sia per le opportunità, tipo
le borse di studio, ma anche sfatare le leggende come ad esempio che non si
ha diritto alla pensione italiana se non si han pagato i contributi in
Italia, o che non si ha il diritto di rimanere negli Usa a tempo
indeterminato, l'Italia in questo momento é in forte crisi economica e
quindi avere il passaporto italiano permette di risiedere, ma non offre
nessuna garanzia di impiego, ecc. So che possono sembrare delle banalità, ma
assicuro che tutti i giorni devo spiegare cose di questo tipo, infrangendo
qualche sogno.

Antonello, parlaci della burocrazia brasiliana.
La buorcrazia, una delle più complicate al mondo, rende difficile fare
affari in Brasile, tipo: solo se in possesso del CPF, ossia la nostra carta
di identità, è possibile acquistare una casa, ma non è possibile aprire un
conto corrente e quindi come puoi gestire la casa? Condominio, tasse, gás,
luce, ecc ?
Per aprire una società, ci vuole qualche mese con gli stranieri, mentre si
ottiene in un mese soltanto se le parti sono autoctone. Il 100% delle quote
possono essere di
italiani residenti in Italia, l'importante é che l'amministratore abbia il
permesso di soggiorno definitivo: quindi può essere un italiano. Non é vero,
invece, che ci debba essere obbligatoriamente un brasiliano nella società.
Ma nel caso in cui gli italiani volessero aprire la societá senza stare in
Brasile, dovrebbero:
Andare dal notaio per fare la procura all'amministratore;
Andare alla procura della Repubblica per autenticare la firma del notatio;
Andare al consolato brasiliano per legalizzare il documento;
Farlo tradurre da traduttore giuramentato;
Ho visto perfino la giunta commerciale che contestava il timbro del
consolato brasiliano. Spesso capita che le leggi siano tra loro
contraddittorie e, questo, crea dei caos interminabili.
Tutti gli italiani vogliono vendere ma, per uno che ci riesce, 100 ci hanno
provato. Bisogna conoscere il paese, sapere se quel prodotto esiste già;
sapere che il Brasile é uno dei paesi piu protezionisti e quindi fa pagare
dazi doganali altissimi, tanto che obbliga a raddopiare quasi il costo dei
prodotti.

Pensi spesso all'Italia e ai suoi inconfondibili sapori?
Incontro molti italiani, ma non trovo nulla che mi faccia pensare
all'Italia. Al di fuori di qualche raro caso, molti ristoranti che si
definiscono “italiani”, non hanno nulla a che fare con il gusto italiano; si
adattato piuttosto al gusto locale.

Antonella De Bonis
Ottobre 2009.

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