La politica della devastazione

Già Valerio Magrelli ha detto quel che sulla farsa dei funerali di Mike Buongiorno era da dire. Ma io a differenza di lui, ritengo che non vi sia da stupirsi che a un simpatico (non sempre, peraltro) signore che faceva il presentatore televisivo (noto come il re delle gaffes), si siano tributati onori come ai grandi personaggi della storia patria. Oggi mi stupirei se i funerali di Stato fossero decretati per i grandi medici, i grandi letterati, i grandi artisti (ma ce ne sono?), o per i residui “patri della patria”. Non mi pare che Alessandro Galante Garrone, Vittorio Foa, Norberto Bobbio abbiano avuto tali onori. E non v'è stato un presidente del Consiglio che li abbia inseriti nel Pantheon degli “eroi”. Eroe, così il patetico Berlusconi, che ha disertato l'inagurazione della più importante manifestazione commerciale del Mezzogiorno – la Fiera del Levante di Bari – per essere in prima fila a Piazza del Duomo, sotto la “Madunina”, per dire parole bolse, oscenamente ipocrite, e, naturalmente, autoreferenziali.
Sì, perché come è ben noto quest'essere ignobile non arretra mai dal mettersi in primo piano, dal parlare di sé, dei propri successi, delle proprie capacità (su tutti i piani: imprenditoriale, politico, comunicazionale, e, last but not least, amatorio). E recitando la lezioncina, l'altro giorno, davanti alla folla plaudente (l'ultima bestialità della vita sociale nazionale: applaudire i morti), ha omesso di dire quel che il povero Mike aveva rivelato negli ultimi tempi: ossia come egli fosse stato scaricato da Mediaset, e addirittura gli fosse stato impedito di fare gli auguri di Natale al Cavaliere. Se non fosse defunto, mi verrebbe voglia di commentare: così impari. Non si fanno gli auguri a un personaggio che sta devastando l'Italia, più di un castigo biblico.

E mentre Bossi, come al solito straparla, e l'indomani qualcuno si affretta a commentare: voi sapete com'è, no?, incuranti dei giornali dell'universo mondo che, preoccupati, parlano di crisi seria della democrazia in questo Paese sfortunato, la banda del buco (Tremonti-Brunetta-Sacconi e complici), opera indefessa a smontare quanto in sessant'anni pazientemente, con difficoltà, con gravi errori, con ritorni all'indietro, si era costruito, per dare una parvenza di Stato alla società italiana, e per dare allo Stato un minimo di credenziali giuridico-istituzionali. In fondo c'è una logica che un comparto essenziale come la Scuola (dagli asili all'università) sia stata affidato a una signora semianalfabeta, i cui meriti, come quelli di alcune sue colleghe (vedi l'ineffabile Carfagna dagli occhi sbarrati: ma che fa, Mara, tira di coca?), scopriremo solo attraverso la stampa straniera. La logica è quella della devastazione, appunto; la scuola, la sanità, il lavoro. Rivedere, riformare, correggere…. Privatizzare, mettere sul mercato, trasformare in aziende i servizi pubblici essenziali. Ma come? La scuola deve produrre profitto? La sanità deve dare utili? E noi che per un secolo e mezzo di storia patria avevamo creduto, sulla base di quanto ci insegnavano persone come Ernesto Codignola, Giuseppe Lombardo Radice, Gaetano Salvemini, Benedetto Croce, Luigi Russo, Augusto Monti, Maria Montessori, Giovanni Gentile (sì, anche lui!), e tanti altri con loro, che la scuola deve formare cittadini, deve produrre conoscenza, deve elevare il livello culturale della popolazione, fornendo un servizio essenziale a tutti, cominciando da chi ha meno reddito, ma ha altrettanto in fatto di diritti.

Mentre gli Hyksos percorrono le patrie terre (dimentichi che esistono anche le patria galere, dove comunque, malgrado il sovraffollamento, un posticino si può sempre scovare), distruggendo, in nome del Mercato, del Profitto, e della Grande Riforma di liciogelliana memoria, si escogitano mezzi affinché non si disturbi il Grande Manovratore, sempre più nervoso e preoccupato (malgrado le cifre mussoliniane del “consenso” dichiarate). La prova è che la costruzione del consenso, sempre più di frequente si abbina alla repressione del dissenso, anche quello lieve che può essere rappresentato dalla Terza Rete della Rai. Mettere il “nemico” nell'impossibilità di parlare, o alla peggio, lasciarlo parlare, ma solo quando lo decide il Capo, negli interstizi, a bassa voce, in modo che nessuno gli possa dar retta. E in ogni modo c'è poi immediatamente un Belpietro, un Feltri, un Rossella, che provvede ad aggredirlo, con un combinato disposto di calunnie e mezze verità (dunque, mezze menzogne) e, soprattutto, ingiurie, contumelie, volgarità.

Sicché, in attesa di poter decretare funerali di Stato per Bruno Vespa – Dio ci conservi, naturalmente, il più a lungo possibile il titolare della Terza Camera! – mentre si vocifera di fermare trasmissioni tv come l'eccellente “Report”, o “AnnoZero”, si arriva al punto di impedire la prudentissima “Ballarò”, ma non allineata – e tanto basta – per consentire al mellifluo Vespa (disgusting, direbbero gli inglesi) di officiare in diretta il rito della consegna delle “prime case” ai terremotati d'Abruzzo. Siamo alle “opere e ai giorni del Regime”: come si chiamava una serie del Ventennio, a cui, diciamolo tranquillamente, sia pure con lo stomaco in subbuglio, questo quindicennio berlusconiano sta dando dei punti. Del resto, non si è autodefinito, il Cavaliere, il “miglior presidente del Consiglio” degli ultimi 150 anni?
Lasciamogli questa convinzione. In attesa che uno tsunami spazzi via lui, i suoi giannizzeri, i suoi adoratori e le sue ammiratrici: o per dirla altrimenti, la sua corte di lacché e puttane.

PS: Lo tsunami dobbiamo prepararlo noi, non possiamo attenderlo dal cielo, che, a quanto pare, non è più con noi. Ammesso ci sia mai stato.

Angelo d'Orsi

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